Il regista cileno Pablo Larraìn è conosciuto per No, il film sul referendum contro Pinochet, del 2012, e Neruda, come anche per Il Club - sulla pedofilia nella Chiesa -, entrambi del 2015. Ed è uscito alla ribalta con Post Mortem, del 2010, sui giorni del golpe contro il capo di stato socialista Salvador Allende nel 1973, ordito dal Generale Augusto Pinochet Ugarte e organizzato col supporto della CIA. Questo invece è un film su Maria Callas, gli ultimi giorni melanconici della diva a Parigi, in depressione e circondata dai suoi due intendenti italiani. Lei è interpretata da Angelina Jolie; la cameriera e cuoca da Alba Rohrwacher; il maggiordomo da Pierfrancesco Favino.
Dopo aver rivoluzionato il cinema con opere come Forrest Gump e Ritorno al futuro, Robert Zemeckis torna a esplorare il tempo e la memoria con Here, un film ispirato alla graphic novel di Richard McGuire. Con un cast guidato da Tom Hanks e Robin Wright, il film si pone come una riflessione poetica sulla vita e sulle connessioni che definiscono l'esperienza umana. L'idea, semplice e geniale, che sta alla sua base è la seguente: nel racconto, il tempo scorre in modo lineare, mentre è lo spazio a modificarsi. O meglio: potremmo dire che è tutto lineare, sia il tempo sia lo spazio, ma è l’autore che li parcellizza e li ricompone a suo piacimento o per suo diletto.
Il Complesso Museale di Santa Maria della Scala dal 17 ottobre al 30 marzo 2025 ospita la mostra Costellazioni. Arte italiana 1915-1960 dalle Collezioni Banca Monte dei Paschi di Siena e Cesare Brandi, a cura del Prof. Luca Quattrocchi, Ordinario di Storia dell’Arte Contemporanea dell’Università degli Studi di Siena.
Negli ultimi mesi il Teatro Nuovo di Velletri si è segnalato tra le realtà più interessanti e vitali dell'hinterland capitolino. E lo ha fatto mescolando sapientemente, nella calendarizzazione degli eventi, suggestioni contemporanee e spunti che rimandano invece al passato, alle tradizioni locali, alla grande Storia. Per quanto riguarda “l'attualità” fa fede, ad esempio, Il nero non sfina di Sara Ceracchi, giovane autrice, capace di dar voce attraverso il suo humour brillante, salace e dissacrante alle tante aporie del mondo moderno, a partire magari da quel “Moloch” soffocante che il cosiddetto “politically correct” incarna ogni giorno di più.
Julio Cortázar è nato nel 1914 (dunque, centodieci anni fa) ed è morto nel 1984 (proprio quarant'anni fa): posso chiamare questo 2024 che è finito “anno Cortázar”? Questi due anniversari offrono l'occasione per svolgere una riflessione sulle nuove forme espressive rivelate ai lettori dallo scrittore argentino. In particolare, penso al suo romanzo più celebrato: Rayuela (in spagnolo), o Il gioco del mondo, uscito nel 1963.
Il Nipote di Rameau. Diderot, Orlando e l'immutabilità della natura umana
Articolo di:
Marco Ragni
C'è un Silvio Orlando, sul palco de Teatro Fraschini di Pavia dal 21 al 23 ottobre 2011, che sembra un invasato visionario, l'inquieto e biascicante custode di scomode verità. Sta interpretando Jean-François Rameau, debosciato erede del compositore Jean-Philippe, e protagonista, in coppia antitetica col Diderot di Amerigo Fontani, dello spettacolo Il Nipote di Rameau, versione teatrale dell'omonima opera che il filosofo francese scrisse oltre due secoli fa.
Storia d'altri secoli, insomma. Eppure potrebbe essere un pezzo di attualità, ambientato in un qualsiasi ristorante milanese o romano, anziché al Café de la Régence. Questo perché la natura umana, nel suo strano amalgama di vizi e virtù, non è poi così soggetta allo scorrere del tempo o al variare delle latitudini.
Un'ora circa di conversazione - che mette a confronto i limpidi ideali di Diderot con le torbide, ma quanto mai franche e concrete, certezze di Rameau - è più che sufficiente a innescare nello spettatore una serie di riflessioni.
Pensieri sui ruoli sociali imposti e assunti, sull'onestà e sul “fare ciò che conviene”, nella piena convinzione che se “pecunia non olet”, meno ancora puzza il potere. Anche quello che si ottiene di riflesso.
Così, come deve essere, resta saldo il dubbio che questa dissoluta anima cui presta il volto uno straordinario Silvio Orlando, sia in realtà un raffinato pensatore capace di capovolgere le teorie del filosofo, non solo uno spregiudicato opportunista votato alla lusinga per interesse.
E non ci saranno, al calar del sipario, ne vinti ne vincitori. Il duello dialettico, condotto a ritmi dispari, non offre facili soluzioni ma lascia il pubblico con la responsabilità di una scelta di pensiero. La felicità è nell'onesta e nell'altruismo o nell'opportunismo più spregiudicato? Ai postumi l'ardua sentenza...che comunque rimarrà sempre ambigua.