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Nureyev. Il Dio del Vento
I passi di Rudolf Nureyev nel mondo della danza iniziano in un tempo lontano, come “un dio del vento”, scrive Julie Kavanagh, nella sua immortale biografia Nureyev. The Life, dedicata ad un dio del palcoscenico che conquista il grande schermo con la regia di Raplph Fiennes. Pubblicato da La nave di Teseo in Italia, in originale da Penguin, è da questo libro che parte la lunga ricerca e collaborazione tra Fiennes, Gabrielle Tana la produttrice e lo sceneggiatore David Hare per realizzare un film su un divo assoluto, Nureyev.
Il sottotitolo del film è molto esplicativo: Il Corvo Bianco, The White Crow, si intende in russo una persona singolare, fuori dagli schemi e da tutte quelle convenzioni che durante l'era della Guerra Fredda si mutavano in controllo assoluto sulla vita di una persona, ballerino o chicchessia, soprattutto se sovvenzionato dal “Popolo Sovietico”, ovvero dallo stato, in una parola il PCUS. L'URSS nel 1961 era ben lungi da qualsiasi apertura, nonostante ci fosse Nikita Kruscev al potere, difatti Nureyev tornò solo nel 1987 con la Perestrojka di Gorbaciov. Questo però è un film che va ancora piu' in là e che, come il libro, inizia dalla nascita sul treno del piccolo Rudy, con una struttura a flashback in cui il montaggio di Barney Pilling si compone di tre periodi differenti: Rudy bambino dal 1938 fino alla ultimi anni '40 del Novecento; Rudolf in Unione Sovietica all'Accademia Vaganova a Leningrado, dal 1955 al 1961; Nureyev con il Kirov al Palais Garnier di Parigi nel 1961.
Il film, girato in originale in russo e in inglese, per ritrarre quell'autenticità che fa amare Fiennes in Russia, ha come protagonista un ballerino professionista ucraino, Oleg Ivenko, dalle doti eccezionali sia come danzatore sia come attore e dalla incredibile somiglianza con il Rudolf Nureyev degli anni '60. Accanto ad Ivenko il ballerino star internazionale Sergei Polunin, che nel film è il compagno di stanza di Rudolf, Yuri Soloviev. Ivenko inoltre fa parte della della compagnia di danza Tartara, e Nureyev lo chiamavano il “tartaro volante”, essendo di origini tartare, ma non è l'unica analogia: Ivenko si è immerso completamente in Nureyev, proprio come gli ha suggerito Fiennes, che nel film indossa le vesti di Alexander Pushkin, direttore del Kirov di Leningrado (oggi il Marinskij di San Pietroburgo, avendo riacquistato i nomi originali) che lo prende, insieme a sua moglie, sotto le sue ali protettive. Dal carattere intemperante, Nureyev riuscirà a giungere a Parigi in tournée con il Corpo di Ballo del Kirov e si farà notare sooprattutto per le sue “amicizie occidentali” con il ballerino Pierre Lacotte (Raphaël Personnaz) e la giovane e ricca ereditiera Clara Saint (Adèle Exarchopoulos). Questi ultimi due saranno decisivi per il suo asilo politico in Francia. Il ballerino infatti è controllato a vista dagli agenti del KGB che non permettono ai ballerini di vivere liberamente per timore che espatrino: tutta questa chiusura ed il comprovato timore per un ritorno in Unione Sovietica con la minaccia di essere arrestato, condurranno Nureyev ad affidarsi ai due amici francesi ed a rifugiarsi in Francia chiedendo asilo politico ai due poliziotti chiamati da Clara per farlo fuggire dalle autorità del Cremlino. Tutto questo avverrà in areoporto in modo piuttosto rocambolesco.
La pellicola racconta, in un mix sempre tensivo di flashback e di tagli sul presente, anche il carattere insofferente e a volte tacitamente spietato di Nureyev, dalla vita così dura e senza sconti di alcun tipo, se si esclude il periodo di Parigi, della sua “liberazione”. Il suo talento però è a tutto tondo e nella danza, come gli farà riflettere Pushkin, cercherà la quadra che gli proviene da una vita dedicata all'arte in tutte le sue espressioni. Due quadri riassumono questa attrazione potente: il primo si trova al Louvre di Parigi, ed è La zattera della Medusa di Théodore Géricault del 1819, che lui andrà a vedere all'alba, in apertura del museo, per osservarlo in solitudine. L'altro è all'Ermitage di San Pietroburgo, dove si recava tutti i giorni: Il ritorno del figliol prodigo di Rembrandt, in cui si notano le famose due mani, una maschile una femminile, ad accogliere il figlio ed a perdonarlo. Questi due quadri possono riassumere due momenti centrali nella vita di Rudy: la nascita in condizioni estreme su un treno; l'accoglienza in terra francese di un uomo che ha dedicato a sé stesso, ovvero all'espressione del proprio genio artistico, tutta la sua vita, in qualche modo benedetto da Dio, come nel quadro di Rembrandt. Un messaggio fortissimo che noi riceviamo sulle note di Ilan Eshkeri, The Prodigal Son con Lisa Batiashvili al violino solo e Dudana Mazmanishvili al piano. La colonna sonora infatti, che va dal Lago dei cigni fino a La Bayadère, riassumendo i pas de deux piu' celebri del mondo della danza, ed il piu' moderno Max Richter, è un profluvio di note che conforta con quell'apice della bellezza raggiunto da Nureyev, un talento immortale libratosi nel vento.