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Oldboy. L'intensità primitiva della vendetta
Remake dell'omonimo film di Park Chan Wook che ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes nel 2004, Oldboy approda al cinema con la firma di Spike Lee, senza perdere quella potenza, anzi acquistandone una tutta occidentale, che lo contraddistingueva nell'originale coreano, tratto dai sei volumetti manga a cura di Nobuaki Minegishi e Garon Tsuchiya.
Nel ruolo principale di Joe Doucett, dirigente pubblicitario in declino e alcolizzato – oltreché padre snaturato e con un matrimonio rovinato alle spalle -, il bravissimo Josh Brolin, che entra nella parte dall'inizio, anche per una sua connaturata fisicità istintiva ed animale, che è la cifra essenziale che lo contraddistingue per l'intera durata della pellicola.
Film al vetriolo e per stomaci forti – le scene di violenza e di tortura si susseguono piuttosto trafelate -, racconta di come quest'uomo qualunque, ossia Doucett, viene imprigionato per 20 anni in una finta camera di motel senza conoscerne il motivo. Liberatosi – o meglio liberato – si ritroverà in un intrigo con gli sgagnozzi di un folle alle spalle: Adrian Pryce interpretato da Sharlto Copley, che perfettamente declina la parte di un miliardario che si vendica su Doucett di una colpa di cui quest'ultimo nemmeno si ricorda.
La base del film è la doppia vendetta: da una parte quella di Doucett verso coloro che lo hanno imprigionato dal 1993 al 2013 in una sorta di bunker con televisione; dall'altra quella di Pryce, che non riveliamo essendo il film un thriller. Secondo me però alla base del film c'è una sorta di schizofrenia generale che ottenebra la mente degli uni e degli altri: un'idea fissa esacerbata al parossismo che nemmeno la parte salvifica di Elizabeth Olsen in quella del medico Marie, riesce minimamente a scalfire, anzi, anche lei viene coinvolta in questa lunga spirale mortale.
Altro connotato, squisitamente orientale, è sia lo scioglimento e l'agnizione, sia la violenza connessa alle arti marziali, che creano un tappeto glorioso all'americano Brolin che, allenatosi, sostiene la parte in modo esemplare in tutti i combattimenti corpo a corpo. Mi viene in mente Pietas di Kim Ki-duk, che ha ricevuto il Leone d'Oro a Venezia 69 ma anche il suo ultimo Moebius: il tutto misto, come in un sushi, a Lady Vendetta (2005), proprio dell'autore dell'Oldboy originale, ovvero di Park Chan Wook, ed ultimo episodio della Trilogia della Vendetta (il primo era Mr Vendetta, nel 2002), in cui Oldboy ha la parte mediana. Un film che fa trattenere il respiro, e che inonda di intensa primitività, andando a sondare, mostrandole attraverso l'occhio della cinepresa, quegli impulsi frenati dalla ragione.