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Opera a Caracalla. La Turandot nella casa delle bambole
La fiaba di Carlo Gozzi tradotta in opera da Puccini è la seconda delle opere pucciniane in cartellone all'Opera di Roma alle Terme di Caracalla dopo Madama Butterfly e debutta il 15 luglio sera con la regia, le scene, i costumi e le luci di Denis Krief, che ha inaugurato la stagione con Rusalka. A Caracalla fino a sabato 8 agosto – in alternanza con tutto il ciclo pucciniano e non solo - Turandot sarà la soprano wagneriana Iréne Theorin (Maria Billeri 31 luglio; 4, 8 agosto), diretta da Juraj Valcuha (Carlo Donadio 4, 8 agosto); le altre parti di Calaf sarà Jorge De León (Antonello Palombi 20, 31 luglio; 4, 8 agosto) e Liù sarà Maria Katzarava (Rocío Ignacio 28, 31 luglio).
Il direttore d'orchestra Juraj Valcuha è al suo debutto all'Opera di Roma, mentre Denis Krief, solo alle Terme di Caracalla, dopo una celebrata apertura di stagione con Rusalka al Costanzi. Il regista Krief prende subito la parola: ”Abbiamo rappresentato la Turandot di Puccini, quella che termina con la morte di Liù, ovvero la morte della poesia. Puccini con Turandot era veramente angustiato da un problema drammaturgico: la fiaba di Gozzi, tradotta da Schiller e Goethe e dal teatro russo dell'Arbat in forma parodica, il finale angosciava il compositore che veramente non sapeva come chiudere il dramma di Turandot. Io ho seguito il suo desiderio di rappresentare fortemente questo conflitto con una grande messinscena simbolica tutta imporntata sui materiali orientali, come il legno ed il bambù, e adoperando il loro colore per il lutto: il bianco. La Cina comparirà in senso metafisico e costruttivista, con le bambole che daranno vita ad un teatrino, quello scelto da Turandot per non diventare adulta e sposare Calaf.”
Juraj Valcuha è il direttore dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, con collaborazioni internazionali da New York a Monaco, fino all'Opera di Firenze col Maggio con cui ha diretto L'amour des trois oranges di Prokofiev in un allestimento di Talevi, visto anche al Costanzi con la ricostruzione della Tosca del 1900. Di Turandot Valcuha dice: “Un'opera delicatissima nell'orchestrazione, con un'ispirazione orientale e francese allo stesso tempo che si intesse di ambiguità e tensione proprio nella scena degli enigmi della Principessa Turandot. E' un onore per me dirigerla in un parterre come quello di Caracalla”.
Caracalla in effetti è magnifica e le due torri che come faraglioni di terra ormeggiano il sipario tra le rovine romane rappresentando un tempio nel quale Turandot può guardare quella luna tonda, la stessa di Salomé come di Wozzeck, e gelare gli animi col suo canto: straordinariamente ammaliante quanto insinuante, come i suoi enigmi, impervi tranelli che fanno lo sgambetto all'amore.