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Opera di Roma. La Bohème di periferia di Alex Ollé
In un nuovo allestimento in coproduzione con il Teatro Regio di Torino, il Teatro dell'Opera di Roma ha presentato la Bohéme di Giacomo Puccini con la regia di Alex Ollé, della compagnia catalana de La Fura dels Baus, dal 13 al 24 giugno, per undici recite. Sul podio si sono alternati due direttori: Henrik Nánási, giovane direttore ungherese già noto a livello internaizonale, e Pietro Rizzo nelle repliche del 22, 23 e 24 giugno.
Notevole è il triplo cast che annovera per Mimì Anita Hartig, Vittoria Yeo (14, 17, 20, 22, 24 giugno) e Louise Kwong (16 e 21 giugno), uno dei giovani talenti del progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma, che abbiamo deciso di ascoltare. Musetta è interpretata da Olga Kulchynska e Valentina Naforniţă (14, 16, 20, 22, 24 giugno). Nei ruoli dei due giovani amanti si alternano Giorgio Berrugi e Ivan Ayon-Rivas (14, 16, 20, 22, 24 giugno) nei panni di Rodolfo; Massimo Cavalletti e Alessandro Luongo (14, 16, 20, 22, 24 giugno) in quelli di Marcello; Simone del Savio ed Enrico Marabelli (14, 16, 20, 22, 24 giugno) di Schaunard; Antonio di Matteo e Gabriele Sagona (14, 16, 20, 22, 24 giugno) di Colline. Matteo Peirone interpreta i personaggi di Alcindoro e Benoît. Il nuovo allestimento coprodotto con il Teatro Regio di Torino, dove Bohème ebbe la sua prima rappresentazione il primo febbraio 1896 con il libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, vede le scene di Alfons Flores, i costumi di Lluc Castells e le luci di Urs Schönebaum, collaboratori da anni della Fura dels Baus.
Quest'anno Bohéme è molto acclamata dai teatri d'opera e quella di Graham Vick alla regia e Mariotti alla direzione d'orchestra ha aperto a gennaio la stagione del Comunale di Bologna: la “spietata” Bohème in cui Mimì viene abbandonata glacialmente da Rodolfo mentre muore. Stesso impianto moderno e realistico di periferia per Alex Ollé de La Fura dels Baus ma consolatoria per il finale, che ambienta i poveri squattrinati artisti in palazzoni forieri di una povertà legata a traffici loschi e prostituzione, dove nello stesso Caffé Momus si aggirano trans coi capelli blu che servono ai tavoli ma non solo. Suggestive le scene di Alfons Flores che sono rese apertamente quadri emotivi dei personaggi con le luci di Urs Schönebaum, dal blu al rosso fino al freddo grigio metallico della fine.
La deriva di una povera ragazza dai fulgidi sogni ma dalla fragile costituzione, Mimì, fa il paio con quelli dell'amante poeta Rodolfo, in Bohème si salva solo la coppia con maggior vitalità e senso comune, quella di Marcello e Musetta, ben assortiti tra loro.
Il debutto della cinese Louise Kwong è notevole e piacevole all'ascolto e sulla scena si muove abilmente nei panni della sottoproletaria con un breve momento di gioia.
Il Primo atto si apre con un dialogo tra Marcello, il baritono Massimo Cavalletti e Rodolfo, il tenore Giorgio Berrugi, che mette in evidenza l’antico conflitto tra arte e realtà. Rodolfo guarda dall’alto del palazzone e impreca contro il riscaldamento che non funziona, perché né la poesia, né la pittura potranno mai ripararlo. Ecco comparire all’improvviso tutto ciò che serve: il musicista Schaunard – il bravo Simone Del Savio - è riuscito a trovare un po' di soldi.
Tutti hanno una gran voglia di festeggiare e l’arrivo del padrone di casa, Benoît, interpretato da Matteo Peirone, che reclama i soldi dell’affitto, non distoglie Schaunard, Colline (Antonio di Matteo) e Marcello dall’andare fuori a festeggiare, anzi, lo distraggono e lo prendono in giro. Rodolfo resta in casa, perché deve terminare un lavoro. Bussano alla porta: è Mimì, la ragazza che abita all'ultimo piano in una minuscola mansarda, e che per un malore sviene, mostrando subito i sintomi della malattia incipiente che la divora. Rodolfo si preoccupa e, mentre le offre un po’ di vino, inizia a corteggiarla (l'aria famosa “Che gelida manina”), raccontandole la sua storia. Mimì, a sua volta, gli rivela di essere povera (“Sì, mi chiamano Mimì”): insomma si innamorano e decidono di andare al Quartiere Latino da Momus per partecipare ai festeggiamenti.
I personaggi principali sono già tutti in scena dal primo atto. La voce di Massimo Cavalletti (Marcello) si distingue per la potenza e per il timbro chiaro; quella di Giorgio Berrugi (Rodolfo), dall'innata musicalità, non delude le aspettative del pubblico quando canta “Che gelida manina”, ma non sempre sale ai vertici nei momenti di grande tensione. Sia Simone Del Savio (Schaunard), che Antonio di Matteo (Colline) e Matteo Peirone (Benoît) si mostrano tutti interpreti all’altezza del loro ruolo. L'importante voce di Mimì viene interpretata in modo convincente da Louise Kwong. Nel Secondo atto, quando viene introdotto l’altro importante personaggio, Musetta, l'ucraina Olga Kulchynska la presenta in maniera divertente e molto sensuale, esibendo una forte presenza scenica e l’abilità di giocare con la voce. Musetta ha litigato con Marcello: siamo in presenza dell’altra coppia di La Bohème. Per suscitare la sua rabbia, si fa vedere con il ricco e vecchio “sciocco” di turno, comportandosi come una diva molto civettuola. Divertente quando lamenta un bruciore e al “dove?” degli astanti risponde, dopo una sapiente pausa, “al piè”, mostrando il piede con civetteria.
Il terzo atto preannunciato prima, presenta una scena sofferente, Mimì è stata abbandonata da Rodolfo perché malata ma Marcello riesce a convincerlo a parlarci. I due innamorati, che vorrebbero lasciarsi sia per la gravità della malattia di lei, Mimì, sia per l'instabile precarietà del poeta Rodolfo che l'ama nonostante tutto, ma che stenta a confessarlo, si conclude con una riconciliazione tra i due. Eppure questo amore non basterà a salvare Mimì dalla morte che la trova sulla poltrona come una vecchia malata ma circondata dall'affetto di tutti i suoi amici e del fedele Rodolfo: la scena è stata particolarmente struggente e realistica, in un'apoteosi che ha mostrato crudamente la sincera attualità dell'opera.
Il direttore ungherese Henrik Nánási ha condotto l'Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma con completa competenza e convinzione, pienamente in spirito col compositore, mentre Alex Ollé ha creato una dinamica sulla scena credibile e ben sincronizzata con il Coro – con la partecipazione della Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma – che nelle scene d'insieme ha prodotto un colore vivace di concerto con la musica, ed il canto diretto dal Maestro Gabbiani. Grande e meritato successo di pubblico.