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Palladium e Tefteri. La Grecia secondo il rebetiko
Nel senso comune si è abituati a dare alla parola crisi una connotazione negativa, ma, se invece si riconduce questo termine al suo significato etimologico, affiorano dei sensi plurimi e, talvolta, inediti. Il verbo greco krino da cui questa parola deriva si riferisce, infatti, all'atto del giudicare, dello scegliere; pertanto la crisi nel senso greco non indica solo le macerie, ma un cambiamento che può contenere in sé anche germi di positività. È proprio questa la prospettiva abbracciata nello spettacolo La crisi greca a suon di rebetiko tratto da Tefteri, libro di Vinicio Capossela, e portato in scena, in prima nazionale, gli scorsi martedì 10 e mercoledì 11 maggio 2016 al Teatro Palladium di Roma, dalla regista e attrice greca Angeroula Pitsaki.
Da un palco che, per l’allestimento, sembra richiamare le taverne greche, prorompe l’intensa voce della Pitsaki che rievoca il crollo finanziario a cui è andata incontro la Grecia negli ultimi tempi; ma il riferimento non è solo all’hic et nunc greco, perché lo sguardo si sospinge più lontano nel tempo e nello spazio: la recitazione si intreccia con la multimedialità, ammiccando ad uno schermo su cui scorrono immagini di profughi, greci e non, del nostro presente e di un lontano passato, risalendo forse fino alla guerra greco-turca.
L’installazione con abiti laceri collocata alla sinistra del palco sottolinea proprio questa condizione dolorosa che può essere comune universalmente a tutta l’umanità; i toni della Pitsaki paiono caricarsi di accenti tragici, connaturati proprio allo spirito greco. Tuttavia proprio nei momenti più solenni la tragedia sembra stemperarsi grazie al prorompere delle note del rebetiko, la musica delle taverne elleniche, la voce della ribellione, tanto graffiante da opporsi energicamente alla disperazione, alla rinuncia, al crollo.
Il rebetiko, nato probabilmente durante la guerra greco-turca del 1922, ha da quel momento dato espressione alla protesta contro il conformismo, contro la prevaricazione, assumendo la forma dell’anelito alla libertà. In questo modo la musica ha reagito ad una condizione di sofferenza, di negatività, radunando ogni energia vitale per non soccombere al dolore. Proprio il rebetiko, sulla scena del Palladium, sembra risuonare a commento della recitazione della Pitsaki, creando un intreccio indissolubile di musica, danza e parole, tipico peraltro dell’antica tradizione teatrale greca. E di tanto in tanto sulla scena si accenna al personaggio del teatro delle ombre, Karaghiozis, emblema proprio dello spirito ellenico, che, pur oppresso, si proietta in avanti, aprendosi al cambiamento, alla vita sempre e comunque.
Un tale atteggiamento propositivo anima gli intellettuali della Grecia contemporanea, che proprio in questo periodo stanno facendo sentire la propria voce, mostrando il grande fermento culturale anche in un paese in difficoltà. E proprio al Palladium di Roma la sera dell’11 maggio dopo lo spettacolo si è tenuto un dibattito a cui hanno partecipato scrittori e studiosi, rappresentanti delle Comunità Elleniche in Italia, per dare testimonianza dell’attuale dramma dei profughi che si sta ripercuotendo in quella che può essere considerata la culla della nostra cultura.
Un dramma dinanzi al quale non si può rimanere indifferenti, a cui, come insegna lo spirito rebetiko, bisogna assolutamente reagire. Un buon punto di partenza per risolvere una tale situazione può anche essere il logos, il discorso che rende il pensiero condiviso, generando, come dimostra la scena del Palladium, un aperto confronto di idee tra menti libere sempre in ossequio al modello di quell’atavica saggezza ellenica, mai sopita ma sempre viva e pronta a manifestarsi in forme diverse. E, in una tale prospettiva, lo spettacolo della Pitsaki è solo un primo tassello di un percorso più ampio, durante il quale s’intrecceranno sempre nuove voci, alcune note, altre ancora inedite, ma che, se ascoltate, apriranno nuovi scenari in ognuno di noi.