Pape Satàn Aleppe. L'eredità di Umberto Eco

Articolo di: 
Teo Orlando
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La casa editrice La nave di Teseo ha ristampato, nella collana I Delfini Bestseller (nome risalente a un'omonima collana della Bompiani degli anni '60), quello che appare come una sorta di lascito postumo di Umberto Eco, ossia la collezione dei suoi più significativi articoli apparsi sull'Espresso nella rubrica La bustina di Minerva, che il grande scrittore curava fin dal 1985.

Il libro reca come titolo Pape Satàn Aleppe. Cronache di una società liquida. La prima parte del titolo è un'evidente citazione da Dante, Inferno, VII, 1, mentre la seconda è un altrettanto evidente rimando a Zygmunt Bauman e alla sua idea di società liquida. L'arco di tempo copre gli anni che vanno dal 2000 al 2015, ossia fino all'anno precedente la scomparsa di Eco (avvenuta il 19 febbraio del 2016).

Lo stesso Eco spiega come il titolo abbia una duplice motivazione: da un lato l'oscuro verso dantesco, a cui centinaia di commentatori hanno invano tentato di dare un senso, indica come l'opera appaia un po' "sconnessa", ma non per colpa dell'autore, bensì perché riflette quasi "semiologicamente" la natura della società contemporanea. Natura peraltro "liquida", nel senso che essa si situa alla fine delle "grandi narrazioni" che ritenevano di poter applicare al mondo un modello e un ordine (pretesa, quella di decodificare un presunto ordine nel mondo, che l'autore aveva già demistificato nel Nome della rosa, mettendo in bocca a Guglielmo di Baskerville le seguenti parole: "Mi sono comportato da ostinato, inseguendo una parvenza di ordine, quando dovevo sapere bene che non vi è un ordine nell'universo"). Nella società liquida postmoderna, secondo Zygmunt Bauman e Carlo Bordoni (e lo stesso Eco, che su questo tema sembra consentire appieno), si può riscontrare la crisi dell'idea tradizionale di Stato (agli Stati nazionali non rimane nessuna libertà decisionale di fronte ai poteri delle entità sovranazionali), quella delle ideologie e quella dei partiti. Scompare soprattutto l'idea di una comunità assiologica, ossia di una comunità dove siano presenti valori condivisi che permetta al singolo individuo di sentirsi parte di un intero che ne interpreti i bisogni profondi.

Emerge così – sostiene Eco – "un individualismo sfrenato" (p. 12), dove nessuno è più un compagno di strada di altri, ma piuttosto un potenziale antagonista da cui occorre guardarsi. Le conseguenze sono la dissoluzione di tutti i valori in una sorta di liquidità (quasi caricatura del nichilismo, che, secondo Gianni Vattimo (allievo, come lo stesso Eco, del filosofo Luigi Pareyson), ridurrebbe l'essere a valore di scambio), dove ciò che conta non è un insieme di valori, ma, paradossalmente, il valore dell'apparire senza valore.

Il libro è suddiviso tematicamente in vari capitoli: i vecchi e i giovani, i telefonini (mirabile la recensione a Dove sei? Ontologia del telefonino del suo "quasi-allievo" Maurizio Ferraris), i complotti, il razzismo, i mass media, religione e filosofia, l'odio e la morte, i libri, la stupidità e la follia. I toni del volume oscillano tra un'ironia lieve e compiaciuta, un sarcasmo sempre misurato e un'amara e disincantata riflessione sull’attualità, all'insegna di un pessimismo della ragione non disgiunto dall'ottimismo della volontà. Emergono così i tratti distintivi dell'Italia (ma anche del resto del mondo) degli anni 2000: apparire in televisione è diventato un valore feticcio, in cui le pessime figure sono meno importanti dell'apparire in sé. Ciononostante, gli italiani, secondo Eco, intrattengono un rapporto alquanto problematico con la tecnologia, e pochi sono in grado di gestire correttamente il flusso di informazioni che proviene da internet, distinguendo tra quelle vere, quelle verosimili e quelle manifestamente false. Ma con altri Paesi le cose non vanno certo meglio. Infatti, Eco riferisce di "un sondaggio fatto in Gran Bretagna da cui risulterebbe che un quarto degli inglesi pensa che Churchill sia un personaggio di fantasia, e così accade per Gandhi e Dickens" (p. 60). Viceversa, molti degli intervistati annoveravano tra le persone realmente esistite Sherlock Holmes, Robin Hood ed Eleanor Rigby. Eco attribuisce questo fenomeno al cambiamento radicale del nostro rapporto con il passato: una volta ci interessavamo del passato perché le notizie sul presente erano poche (un quotidiano raccontava tutto in otto pagine). Con i mezzi di massa, invece, si è diffusa un'immensa informazione sul presente, sicché l'utente finale dei media non è in grado di accorgersi della differenza temporale tra Spartaco, Riccardo Cuor di Leone e Saddam Hussein. Parimenti, si affievolisce la distinzione tra immaginario e reale, sicché un ragazzo consumatore di film oblitera la distinzione tra Ivan il Terribile e Ming tiranno di Mongo (anche perché si assomigliano moltissimo).

Più in generale, Eco ci tiene molto a sottolineare l'incapacità di distinguere i piani e le dimensioni temporali, tipica però non solo della società "liquida" contemporanea: in fondo anche Raffaello "raffigurava il matrimonio della Vergine con personaggi vestiti alla foggia rinascimentale" (p. 75). Tuttavia, egli nota come sia paradossale che, proprio quando il flusso di informazioni consente a chiunque, tramite libri, cinema, Internet, RAI Storia, ecc, di attingere a notizie di prima mano su ogni evento, si arrivi invece a un appiattimento e a un'indifferenza generale: "è possibile che in alcuni (molti?) la memoria si sia contratta in un eterno presente dove tutte le vacche sono nere", espressione mutuata dallo Hegel della Fenomenologia dello spirito. 

Eco aveva già affrontato ad esempio la questione oggi molto agitata della post-verità e ne tratta dettagliatamente nel capitolo intitolato "Sui complotti". Le fake news o bufale, contrassegno irrinunciabile della post-verità, sono da lui connesse con il fatto che esse promettono un sapere negato agli altri. In fondo, si possono spiegare facilmente con quella che il grande epistemologo Karl R. Popper, in Congetture e confutazioni, chiamava la "teoria sociale della cospirazione". Peraltro, il complotto ci fa delirare proprio perché ci libera del peso di doverci confrontare con la verità. E come una volta ha suggerito Noam Chomsky, quasi ipotizzando un paradossale "complotto delle teorie del complotto", una sorta di metacospirazione, a trarre i maggiori benefici da tali teorie sono proprio le istituzioni che le fantasticherie sui presunti complotti vorrebbero colpire. Ne consegue, che, se immaginiamo che a far crollare le Twin Towers sia stato George Bush jr. per giustificare l'intervento americano in Iraq, smettiamo implicitamente di analizzare le ragioni vere e le tecniche di propaganda che hanno condotto all'impegno militare degli USA. Il che indurrebbe a pensare che a diffondere fake news sul complotto di Bush contro le due torri sia stato Bush stesso! Ma, conclude ironicamente Eco, "non siamo così complottardi" (p. 141). E non è un caso che l'ultimo Eco sia, per quanto attiene alle sue posizioni filosofiche in ontologia e in teoria della conoscenza, un sostenitore del realismo (se sia il cosiddetto new realism o una tesi più "tradizionale" non è argomento da discutere in questa sede), ossia della teoria per cui esistono fatti che resistono alle interpretazioni soggettive. Discutendo con Eugenio Scalfari, Eco (p. 277) respinge la tesi, di sapore nietzscheano, per cui "non ci sono fatti, ma solo interpretazioni", ma accetta invece le due tesi per cui "tutti fatti li conosciamo attraverso una nostra interpretazione" e "la presenza dei fatti è dimostrata dal fatto che alcune interpretazioni proprio non funzionano, e dunque ci deve essere qualcosa che ci obbliga a buttarle via". Anche perché, conclude, "se si tratta di andare sulla Luna l'interpretazione di Galileo funziona meglio di quella di Copernico" (pp. 278-279).

Pubblicato in: 
GN10 Anno X 16 gennaio 2018
Scheda
Autore: 
Umberto Eco
Titolo completo: 

 Pape Satàn Aleppe. Cronache di una società liquida, Milano, La Nave di Teseo, 2017. Pp. 470. Euro 12,00.