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Parco della Musica. I liquidi interludi epici di Philip Glass
Per il suo compleanno di tre quarti di secolo, l'Auditorium Parco della Musica di Roma, insieme alla Parco della Musica Contemporanea Ensemble diretta da Tonino Battista e al Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretto da Ciro Visco, ha dedicato un concerto speciale a Philip Glass il 23 novembre scorso. Spaziando da Stravinskij a Arvo Pärt per la prima parte del concerto, poi dando esecuzione ai capolavori del compositore americano nato a Baltimora nel 1937 e giunto al successo già nel 1977 con Einstein on the Beach, primo episodio di una trilogia che comprende Satyagraha e Akhnaten, e diretto da Robert Wilson al Metropolitan di New York.
Celebre per il grande pubblico internazionale per le colonne sonore di film come The Hours e Kundun diretto da Martin Scorsese, mentre Koyaanisqatsi è la sua prima prova con Godfrey Reggio nel comporre un'altra trilogia, quella Qatsi, di cui musicherà tutte le colonne sonore. Un altro progetto con Godfrey Reggio e Fabrica di Benetton è quello proposto durante la serata e intitolato Evidence (1995), ovvero la “prova” di quanto i bambini siano influenzati dalla televisione: scorrono infatti i loro occhi imbambolati su una musica che si prende invece cura di loro, sottolineando con note amare la visione patetica che ci si presenta.
La serata però viene inaugurata da un doppio binario: l'uno si contraddistingue per la sacralità profonda di Igor Stravinskij, autore di quella Sinfonia di Salmi che giunge al massimo del suo fulgore proprio con la presenza del Coro di Santa Cecilia – e che abbiamo visto e commentato proprio per la programmazione di Santa Cecilia e del suo Coro diretto da Ciro Visco -; l'altra è quella aulicamente adamantina di Arvo Pärt, noto nell'ambito dell'Auditorium e per un Omaggio con lui presente nel 2010 proprio con la PMCE.
In questo excursus tra brani tratti dal folclore russo, il primo di Stravinskij delle Quattro canzoni contadine (1917), ed il De Profundis (1986) di Pärt, passando per l'Ave Maria ed il Padre Nostro di nuovo di Stravinskij, sembra di valicare un profilo, quello tra la prima parte del Novecento musicale appartenente al russo naturalizzato francese, e l'estone del minimalismo sacro della seconda parte del secolo da poco conclusosi. Con il suono liquido del soffio virato sulle bottiglie cui dà la musica Pari intervallo (1976) insieme allo xilofono (Fulvia Ricevuto) e alle tastiere di Oscar Pizzo, ci inoltriamo in una dimensione mistica che si conforma anche al brano seguente. Una parola di lode in particolare però la merita il violino solista di Francesco Peverini, che svetta sull'inerpicato Concertino (per dodici strumenti,1952) stravinskiano, con passaggi e variazioni anche di sapore jazzistico e innervati da contrappunti di estremo virtuosismo.
La seconda parte del concerto è quella in cui la parte del Coro prende ancora più le redini con i due brani di Glass tratti da Einstein on the Beach, ovvero gli interludi di Knee Plays #1 e Knee Plays #5, dove il coro si staglia alto su una voce recitante, Laura Polimeno, che però non ci ha soddisfatto come anche in Freezing, composto insieme a Susanne Vega e parte di Songs from Liquid Days del 1985.
A Gentleman's Honor, tratto dall'opera The Photographer (1982), è forse uno dei brani più celebri di Glass, che è stato ispirato dalla vita del fotografo inglese Eadweard Muybridge (1830-1904), di cui vengono proiettate le altrettanto famose foto del fantino sul cavallo tradotte in movimento.
A chiosa del concerto un lungo brano epico riadattato per l'occasione da Glass per la PMCE: Escape from India dal film Kundun di Scorsese del 1997. Una lunga cavalcata cadenzata dalle percussioni di Fulvia Ricevuto e intersecata dal didjeridoo, insieme ad inserti dei due archi, violino e violoncello, e al Coro magnificamente preparato da Ciro Visco come parte lirica e diretto egregiamente insieme all'Orchestra in sede di esecuzione da Tonino Battista.