Supporta Gothic Network
Un piano perfetto. Quando l'imprevisto salva l'amore
Un piano perfetto è un piano in cui ogni cosa va come previsto. Tranne che nel nuovo film di Pascal Chaumeil. Un piano perfetto (Un plan parfait), nelle sale dal 19 settembre, è una commedia briosa e diseguale, degna dei recenti exploit della comédie francese – Giù al Nord, Niente da dichiarare, entrambi di Dany Boon, Il mio miglior incubo di Anne Fontaine, solo per citarne alcuni – che non manca di regalare momenti divertenti pur con qualche forzatura di troppo nel plot. Merito soprattutto dell'ottima quanto insolita coppia protagonista: Diane Kruger e Dany Boon.
La trama è il racconto di un racconto: quello che la famiglia Lefebvre narra, durante una cena di natale, a un'ospite depressa e piagnucolosa, per tentare di sbrogliarla dagli strascichi psicologici del recente divorzio. La storia in questione è quella della figlia minore Isabelle (Diane Kruger) e del suo rocambolesco tentativo di eludere la maledizione che da secoli condanna tutti i primi matrimoni della famiglia Lefebvre al fallimento. Il piano di Isabelle è semplice quanto folle: adescare un tonto, convolare immediatamente a nozze con lui e divorziare il giorno seguente, così da essere finalmente libera di sposare Pierre (Robert Plagnol), il fidanzato storico. La vittima predestinata è Jean-Yves (Dany Boon), un egocentrico ed eccentrico recensore turistico conosciuto per caso, sfigato quanto basta, tonto quanto basta, e soprattutto convinto assertore degli sponsali rapidi da colpo di fulmine. E, dopo una sgangherata serie di peripezie – comprensiva di fughe in Kenya, incontri ravvicinati con leoni inferociti e riti tribali nella savana – il piano di Isabelle va a buon fine. Adesso può sposare Pierre, immune dalla maledizione. Ma nel frattempo qualcosa è cambiato nella geografia emotiva di Isabelle, qualcosa che assomiglia a un dubbio e che la spinge a chiedersi se, dopotutto, il suo cuore non sia rimasto con Jean-Yves.
Dopo il successo de Il Truffacuori (2010), Pascal Chaumeil tenta il bis con un'altra commedia che ha nell'assurdità dell'intreccio la sua forza, ma anche il suo limite. Perché, infatti, ricorrere a una cornice narrativa così insipida e stentata se non per corroborare l'improbabile motore della vicenda principale, ovvero la quasi demenziale “maledizione dei matrimoni”? Il cuore del racconto pulza di gag e situazioni divertenti, producendo una sana dose di risate, soprattutto nella prima parte, quella ambientata in Africa. Il ritmo è brillante, e la comicità non scade (quasi) mai nel banale o, peggio, nel volgare gratuito. Ma proprio quando si cerca di giustificare l'ingiustificabile ecco che il motore narrativo si ingolfa, raffreddando inesorabilmente la risata. Ma il difetto maggiore di Un piano perfetto è un altro, e risiede nell'incoerenza di fondo fra forma e sostanza, fra la trama e il tema principale. Quest'ultimo infatti è l'eterno conflitto fra la ponderatezza e l'irrazionalità in amore, fra la noiosa routine che mina le fondamenta del matrimonio e il brivido inatteso che invece ne alimenta il fuoco sacro. Peccato però che, fin dall'entrata in scena del personaggio di Dany Boon, il finale diventi scontato, e la commedia non fa niente per evitare tale conclusione. Professare, insomma, il potere salvifico dell'imprevisto attraverso il prevedibile stride non poco. Ma a volte, in certe commedie, accade che l'alchimia fra gli attori, il gusto di certe battute e una buona dose di spregiudicatezza riescano a far passare in secondo piano anche certe incongruenze, in qualche modo riscattandole parzialmente. E Un piano perfetto è uno di quei casi.