Supporta Gothic Network
Pistoia Blues 2013. Van Der Graaf Generator e Steven Wilson. Il prog e la sua evoluzione
Nella caratteristica cornice architettonica rinascimentale, propria di alcune cittadine toscane, la piazza del duomo di Pistoia, nell'ambito del blues festival che porta il nome della città, ha permesso l'esibizione di due fra i nomi più significativi di un certo tipo di musica che spazia oltre il rock, i quali hanno dato vita a un doppio interessante concerto, che ha avuto luogo il 5 luglio 2013: i Van Der Graaf Generator e Steven Wilson.
I Van der Graaf Generator, caposaldi imperiosi del rock progressive degli anni '70, in questi ultimi anni stanno vivendo una nuova giovinezza rivisitando i loro pezzi più suggestivi e che li hanno portati ad essere uno dei gruppi più amati in Italia, ma non esimendosi dal produrre, nell'attuale fase di rifondazione, ancora dischi con brani così nuovi che vanno ad aggiungersi ai capolavori del passato.
E nei loro spettacoli dal vivo, scarni nella forma e privi degli orpelli scenici peculiari della maggior parte delle band del rock, spaziano fra canzoni antiche e attuali, pur mantenendo una certa linearità stilistica. Quello che propongono i mitici VDGG in questa calda serata estiva sono soprattutto le lunghe suite che hanno caratterizzato significativamente il loro modo di comporre.
E cosi ecco "Interference Patterns" da uno degli ultimi lavori (Trisector), ecco la suite "Flight", denso e avvolgente lungo brano, facente parte del lavoro solista di Peter Hammill degli anni '80 A Black Box (una sorta di Fenomenologia dello spirito in chiave progressive); poi "Bunsho" dall'album del 2012 A Grounding by the Numbers; e finalmente la lunga suite "A Plague of Lighthouse Keepers", che nel lontano 1972 contribuì a far rimanere il disco che la conteneva, Pawn Hearts, per più settimane nelle classifiche italiane dei dischi più venduti.
Pur senza la presenza della figura portante di David Jaxon al sax e ai fiati, ora i nuovi Van Der Graaf rimasti in tre (Peter Hammill, voce-chitarra-piano, Hugh Banton, tastiere-organo-bass pedal, Guy Evans, drums), riarrangiano la suite in modo più asciutto, essenziale e con le timbriche più potenti, dove la voce di Hammill travolge con la consueta verve, fra gl'innalzamenti di tonalità ora alte, ora profonde, ora aggressive, ora dolci e melodiche.
Chiude l'esibizione del trio il brano "Childlike Faith in Childhood's End" dall'album capolavoro Still Life un pezzo carissimo oltre che al gruppo soprattutto al pubblico che si lascia trascinare con una fievole nostalgia fino a che, verso la fine del brano, il "Siiiileeeent", solitario e senza musica, di Peter echeggia possente nella piazza scuotendo e straziando di gioia e di estasi fin nelle viscere l'anima degli ascoltatori.
Dopodiché ecco salire sul palco, con una nuova band, il leader, Steven Wilson, di un gruppo, i Porcupine Tree, che si è già ricavato in questi anni dal '90 in poi un posto di nicchia e di tutto rispetto fra i grandi del prog e non solo. Wilson non smentisce la sua fama, proponendo pezzi soprattutto tratti dal suo ultimo lavoro solista, The Raven That Refused To Sing (And Other Stories): fra atmosfere soffuse, raffinate, sinfoniche, senza eccessi di manierismo, conduce il pubblico in un viaggio onirico come verso degli affreschi gotici e lievemente horror, molto alla Tim Burton, il regista che rivisita con tratti dark il mondo della fiaba, coadiuvato per questa escursione nel metafisico soprattutto dalle immagini che scorrono dietro il gruppo che, più che come video di canzoni, si propongono proprio come degli autentici corti cinematografici.
Sostenuto da un'otttima band, Wilson si alterna fra chitarre elettriche e acustiche, trascinando in modo coinvolgente con un sound anche potente, soprattutto per l'incisività della ritmica del bassista e del batterista, supportati magicamente dalle descrizioni suggestive del tastierista e flautista.
L'ascolto in intimità avvolge la piazza della città toscana che con la sua monumentalità antica dà ancora più risalto alle atmosfere delicate e profonde di Wilson che nel bis finale concede ai fan, che si lanciano insieme al musicista nel canto del ritornello, un brano storico dei Porcupine Tree, "Radioactive Toy", dove le immagini fiabesche e gotiche lasciano il posto a flash di contaminazioni nucleari fra paesaggi naturalistici e urbani.
Nel pomeriggio al museo Marini di Pistoia si era svolta, in presenza degli organizzatori del festival e degli autori, la conferenza stampa per il lancio di due libri sui Van Der Graaf Generator, uno storiografico sulla "Biografia Italiana dei Van Der Graaf Generator" del giornalista e critico musicale Paolo Carnelli, che ha cercato di far rivivivere in modo molto preciso e attento, supportato da documenti come articoli di giornali, soprattutto musicali dell'epoca (Ciao 2001, Gong, Super sound, etc.) alternati a testimonianze di giornalisti, conduttori radiofonici e anche di semplici fan che raccontano, aneddoti, cronache, curiosità sulle apparizioni del gruppo britannico nella nostra penisola ma regalandoci anche una visione più ampia su quell'effervescente periodo storico, facendoci rivivere quegli anni in modo appassionante e coinvolgente.
L'altro, sulla traduzione dei testi degli album solisti di Peter Hammill dal 1971 al 1980, redatto da GruppoDistudioPeterHammill/VDGG , il cui direttore Emilio Maestri in modo molto avvincente ha illustrato le pulsioni e le ragioni che muovono un gruppo di fan per affrontare un compito così complesso come quello di confrontarsi con i testi, spesso enigmatici e che scavano così profondamente nell'animo umano, dell'artista inglese.
In seno alla conferenza stampa, alternata ai vari interventi, ci sono stati due momenti di lettura, da parte mia, di due brani di Hammill fra i più toccanti, come "Vision" e "Modern", e che hanno dato una piccola vibrazione di un mondo così affascinante e dagl'infiniti significati come quello di Peter Hammill.