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Le Poesie di Tjutčev. La Sfinge penserosa del lirico russo
Poesie è una raccolta del celebre scrittore russo Fëdor Ivanovič Tjutčev, tradotta da Tommaso Landolfi ed edito in Italia dalla casa editrice Adelphi. Il libro comprende 111 poesie catalogate tra il 1825 ed il febbraio del 1873 pochi mesi prima della sua morte.
Fëdor Ivanovič Tjutčev nacque il 5 dicembre 1803 a Ovstung in una nobile ed agiata famiglia. Entrò nella carriera diplomatica (1822) e trascorse all'estero ben ventidue anni della sua vita. Visitò molte città, tra cui Torino ma soprattutto Monaco di Baviera, dove instaurò delle importanti amicizie e come quelle con i due filosofi: Heinrich Heine e Friedrich Wilhelm Joseph Schelling, che lo segneranno profondamente facendogli assimilare a fondo il romanticismo tedesco.
Tjutčev venne rivalutato con la nascita del movimento simbolista e raggiunse il riconoscimento di maggior poeta del secolo dopo Puškin, in quanto venne apprezzato per la ricerca espressiva delle parole, le quali secondo il poeta erano capaci di mostrare la fragilità del reale.
Poesie racchiude in sé una lirica impregnata della passione e dall’amore che animava questo splendido poeta. Nel libro, infatti, sono presenti molti testi che abbracciano tematiche: dall’amore alla passione, dalla morte alla vita, dalla poesia filosofica a quella di introspezione, dal conoscersi, al riconoscersi soli e persi nella propria solitudine.
Le poesie che colpiscono sono numerose ma forse quelle che lasciano a mio avviso, che il lettore si immedesimi nell’anima del poeta sono : “Ricordo quel dorato tempo”, “Siedo pensoso e solitario”, “La natura è una sfinge. E tanto meglio”, ed infine “Fratello, mio compagno per trent’anni”. Queste poesie possono essere ricondotte ad altre splendide opere dello stesso periodo ma in un’altra terra: quella italiana.
Ad esempio la poesia intitolata “Ricordo quel dorato tempo” di pagina 38, si ricollega alla celebre poesia di Leopardi “A Silvia“ dove entrambi i poeti commemorano con nostalgia il tempo passato ed il dolce ricordo di un amore perduto.
Altri collegamenti con celebri autori si evincono nella poesia “Siedo pensoso e solitario”, a pagina 54, non solo per il titolo che allude chiaramente alla celebre poesia “Solo et Pensoso i più deserti campi” di Francesco Petrarca, ma anche alla poesia di Giosuè Carducci intitolata “Pianto antico” dove Fëdor Ivanovič Tjutčev e Carducci usano un forte parallelismo: ossia il “pallante e gramo fior” è la personificazione di un uomo caro al poeta che è scomparso e non rinascerà come il resto della natura, così come il figlio Dante di Carducci non potrà rifiorire come il melograno farà ogni anno durante la primavera.
Nella poesia “La natura è una sfinge. E tanto meglio” sono presenti temi cari anche Giacomo Leopardi poiché per entrambi la natura è ingannatrice, ad esempio Leopardi recita nella famosa poesia “A Silvia” : “O natura, o natura,perché non rendi poi quel che prometti allor? perché di tanto inganni i figli tuoi?” (collocata alla fine della quarta strofa).
La lirica di Fëdor Ivanovič Tjutčev è stata e continua ad essere una delle “voci” più potenti della lirica ottocentesca, che suscita nei lettori contemporanei la consapevolezza della piccolezza dell’uomo di fronte allo potenza della natura e all’inarrestabilità del destino. È una poesia che astrae il lettore dal tempo e dallo spazio portandolo a riflettere solo con se stesso sui grandi interrogativi della vita.