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Pötzsch. Un giallo storico tra scienza e horror
Il giallo storico risulta essere un genere sempre di richiamo, soprattutto quando sceglie come ambientazioni il Medio Evo o la Londra vittoriana, le due epoche più gettonate da chi sceglie di raccontare crimini e delitti non contemporanei, lontani nel tempo ma non nelle motivazioni. Ma non sono le sole possibili. Oliver Pötzsch racconta con La figlia del boia per Beat edizioni, la prima di una serie di storie ambientate nella Germania del Seicento, reduce dalla guerra dei Trent’anni che insanguinò tutta un’Europa in cui nascevano gli Stati nazionali che sono rimasti fino ad oggi, in preda al fanatismo religioso della Riforma e Controriforma ma ormai anche avviata verso i primi barlumi di modernità.
Il detective per caso del libro è Jakob Kuisl, il boia di Schongau, un uomo che deve infliggere tormenti e morte, ma che è capace di più umanità di tanti suoi concittadini. Ed è proprio l’umanità che ha dentro di sé che non lo porta a credere alla colpevolezza della levatrice Martha, che ha fatto nascere i figli di tutto il villaggio, accusata di essere una strega e di aver ucciso alcuni bambini, e lo porta ad indagare tra superstizioni che sembrano riemergere e motivazioni molto più terrene per commettere dei crimini senza fermarsi davanti a niente.
Jakob, uomo di scienza e non solo un carnefice al servizio del potere, è affiancato dal medico Simon Fronwieser, in contrasto con il padre sempre medico ma legato ad una concezione antiscientifica della cura delle persone, e dalla figlia anticonformista Magdalena, in anticipo sui tempi e pronta a ribellarsi ad una condizione stereotipata della donna, soprattutto quando è figlia del boia.
Un thriller storico ricco di colpi di scena, cruento il giusto per ricordare che certe efferratezze non sono certo il frutto della società di oggi, anzi, capace di catapultare in un’epoca di cui spesso si sono raccontate le vicende di sovrani e cortigiane, ma non la vita delle persone umili, divise tra un passato che veniva percepito come oscurantista e una modernità che a fatica iniziava ad entrare nelle vite, per far capire che i fatti umani, nel bene e nel male, non erano voluti da entità superiori o da incantesimi e malie, ma erano qualcosa di più terreno.
Oliver Pötzsch porta per mano i suoi lettori in questo mondo così lontano da noi ma anche così vicino, in cui era già chiaro come la repressione del crimine con tortura e pena di morte serviva a ben poco, perché le ragioni dei crimini erano ben superiori alla paura, senza contare l’annosa questione delle punizioni ai danni di persone innocenti, come Martha, alla cui estraneità al crimine di cui è accusata Jacok crede fino all’inizio.
Una curiosità sull’autore Oliver Pötzsch: discende dalla famiglia di boia della città di Schongau, e fin da bambino ha sentito storie su questi suoi remoti ma mai dimenticati antenati, ed ha scelto di raccontare le storie romanzate di persone che erano comunque considerate membri attivi della comunità, spesso interessati a scienza e medicina, e che erano migliori oltre che di tanti che passavano sotto le loro mani di chi all’altro imponeva loro di dispensare sofferenza e morte.