Project Nim. La comunicazione secondo i primati

Articolo di: 
Eleonora Sforzi
Bob Ingersoll e Nim

Proiettato sulla piattaforma streaming "MyMovies Live!", questo ultimo documentario, diretto da James Marsh, racconta la vicenda riguardante l'esperimento etologico condotto – a partire dal 1973 – dal Professore di Psicologia della Columbia University di New York, Herbert Terrace. Quest'ultimo avrebbe voluto verificare la possibilità, da parte di un giovane scimpanzè, di apprendere il linguaggio dei segni, al punto di riuscire a padroneggiarlo, per instaurare una comunicazione con gli individui.

James Marsh, già considerato uno dei più grandi registi inglesi di documentari, nei quali vengono affrontati temi e problematiche importanti a livello storico ed anche socio-culturale, iniziò la sua carriera nell'ambito della produzione cinematografica come addetto al montaggio. In seguito, filmò il primo lungometraggio di genere documentaristico nel 1990, lo renderà poi molto celebre "Wisconsin Death Trip" del 1999 e, in seguito, "Man on Wire" del 2008, per il quale fu premiato con l'Oscar per il Miglior Film Documentario.

Proprio sulla stessa scia si colloca l'ultimo lavoro di Marsh, ispirato a fatti veramente accaduti e al romanzo del 2008 che li ha scelti come soggetto: "Nim Chimpsky – The Chimp who would be Human", di Elizabeth Hess. "Project Nim" è stato infatti accolto con molto favore dalla critica al livello internazionale, ricevendo numerose nomination e premi in occasione di vari Festival cinematografici, tra cui l'ultimo come Miglior documentario, riconosciuto al regista da parte del Broadcast Film Critics Association Awards 2012.

Questa pellicola a carattere documentaristico, rispettando i presupposti che la identificano, presenta agli spettatori la storia dello scimpanzè Nim mediante filmati, fotografie e, in modo particolare, considerazioni  e commenti – densi di emozioni e sensazioni relativi agli eventi del passato – delle persone che si sono relazionate con lui in modo più o meno significativo, sia a livello scientifico che affettivo.

La storia del famoso scimpanzè ha inizio nel 1973, quando il Dottor Terrace separa dalla madre il piccolo Nim di sole due settimane, vissuto con lei fino ad allora presso il Centro per Primati in Oklahoma. Viene affidato subito ad una famiglia, che lo accoglie e lo alleva proprio come fosse uno dei figli e, fin dai primi mesi di vita, Herbert insieme ad altri giovani ricercatori che si uniscono al progetto, inizia ad insegnare a Nim il linguaggio dei segni per poter esprimere bisogni – e in seguito anche pensieri – alle persone con cui era in contatto.

Se da un lato il piccolo scimpanzè dimostra una grande capacità di apprendere, spesso molto velocemente, tutto ciò che gli veniva insegnato, dall'altro, però, "familiari" e ricercatori, a causa di atteggiamenti discordanti, non riescono a dare al progetto un prolungato equilibrio. La famiglia adottiva aveva instaurato con lui un bel rapporto affettivo, basato sulla possibilità di lasciargli anche spazi di libertà, mentre il Professor Terrace, ad esempio, ha sempre considerato Nim come l'oggetto di un grande esperimento scientifico, da cui avrebbe anche potuto riscuotere una certa celebrità.

Solamente alcuni giovani ricercatori, dediti alla scienza e al proprio compito, destinarono molto tempo ed energie a questo esperimento di natura linguistica e, per un certo periodo, raggiunsero importanti successi, tanto che anche i media furono attratti dalle novità riguardanti lo scimpanzè più famoso d'America.

Nessuno, però, aveva preso in seria considerazione l'altra faccia della medaglia e, in particolare, cosa avrebbe comportato lo sviluppo fisico tipico di un animale come Nim. Questi, col passare degli anni, era diventato sempre più insofferente a regole e insegnamenti, ma anche aggressivo, tanto da manifestare scatti improvvisi, mordendo chiunque gli si avvicinasse. Così, la stessa persona che aveva dato il via al progetto, anche per paura delle conseguenze mediatiche degli ultimi sviluppi, lo fece decadere, annunciando che l'esperimento era fallito.

Interessante è constatare come, al contrario, colui che fin da ultimo si prenderà cura di Nim, non fosse davvero interessato al problema dell'apprendimento del linguaggio, quanto alle altre moltissime modalità con cui lo scimpanzè realizzava la comunicazione con l'uomo, esprimendo anche sensazioni ed emozioni.
Il suo nome è Bob Ingersoll, che  cercò di alleviare le sofferenze dello scimpanzè causate dalla nuova permanenza al Centro per Primati e, in seguito, in un laboratorio in cui venivano realizzate sperimentazioni di farmaci su animali.

Il documentario di James Marsh, a mio avviso, affrontando con lucidità tematiche e problemi di bioetica quanto mai attuali, come il rapporto tra uomo e animale e la liceità dei metodi negli esperimenti etologici, fa riflettere sulla necessità di un avvicinamento più consapevole al mondo animale in genere, senza cercare di alterarlo o stravolgerlo.

Gli animali, in particolare le specie più vicine nei comportamenti a quelli degli uomini, hanno una personalità e tendenze che devono essere comprese, senza rischiare – com'è accaduto nel caso di Nim, ed è stato capito troppo tardi – di sfruttare il loro presunto "lato umano", senza rispetto per quello animale. Come essi sono sempre in grado di guardare dentro il cuore delle persone e percepire le emozioni che lo affollano, anche gli individui dovrebbero cercare di avvicinarsi agli animali con maggior integrità e purezza.

Pubblicato in: 
GN19 Anno IV 19 marzo 2012
Scheda
Titolo completo: 

Project Nim (Project Nim)

REGIA: James Marsh
ATTORI: Herbert Terrace, Stephanie LaFarge, Jenny Lee, Laura-Ann Petitto, Joyce Butler, Bob Ingersoll

Proiettato in anteprima sulla piattaforma streaming “MyMovies Live!” dal 5 marzo 2012.

FOTOGRAFIA: Michael Simmonds
MONTAGGIO: Jinx Godfrey
MUSICHE: Dickon Hinchliffe
PRODUZIONE: Red Box Films  
DISTRIBUZIONE: Sacher Distribuzione
PAESE: Gran Bretagna, USA 2011
GENERE:  Documentario
DURATA: 93 Min.
FORMATO: B-N / Colore

SOGGETTO: Tratto dal romanzo "Nim Chimpsky – The Chimp who would be Human", di Elizabeth Hess.