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La prova di un’opera seria inaugura il 74°Teatro Lirico Sperimentale
Nel delizioso Teatro Clitunno di Trevi il 4 settembre scorso è andata in scena La prova di un’opera seria su musica di Francesco Gnecco, inaugurazione della 74esima Stagione del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto. Lo spettacolo, per Stagione Lirica Regionale 2020 Umbria Opera Season, dopo le rappresentazioni che si sono svolte a Trevi, nello scorso fine settimana, sarà rappresentata al Teatro Torti di Bevagna il 21 e 22 settembre, al Teatro Subasio di Spello il 23 e il 24 settembre e al Complesso Museale di San Francesco a Montefalco il 25 e 26 settembre.
I vari aspetti della messa in scena del melodramma durante il 1700 erano stati oggetto di una satira pungente, il pamphlet Il teatro alla moda di Benedetto Marcello (1686-1739) pubblicato anonimo nel 1720 ne è un esempio emblematico. La Dirindina di Girolamo Gigli su musica di Domenico Scarlatti ne è un altro esempio, è un intermezzo in due parti per l’opera Ambleto scritto per il Teatro Capranica di Roma per il Carnevale del 1715 e non andò in scena per l’intervento della censura. Mettere alla berlina le consuetudini e i divi del momento in una dimensione metateatrale divenne un genere di successo praticato dai maggiori musicisti dell’epoca.
Nel 1803 a Venezia ci fu la prima de La prima prova dell'opera Gli Orazi e i Curiazi di Giulio Artusi su musica di Francesco Gnecco, che prendeva spunto da Gli Orazi e i Curiazi, azione tragica per musica in tre atti di Domenico Cimarosa su libretto, basato sulla tragedia Horace di Pierre Corneille, di Antonio Simeone Sografi. Melodramma che andò in scena a Venezia nel 1796 e dopo un iniziale insuccesso fu accolto trionfalmente e lungamente rappresentato. Anche La prima prova dell'opera Gli Orazi e i Curiazi ebbe successo e Gnecco, che era stato anche allievo di Cimarosa, successivamente la rimaneggiò per La Scala in un dramma giocoso in due atti col titolo La prova di un’opera seria, che ebbe grande successo per buona parte del 1800. Il motivo? La possibilità data dal compositore per la prima donna, Corilla, di inserire i suoi “cavalli di battaglia” detti “arie di baule” perché se le portavano appresso appunto nel baule e distribuivano le parti agli orchestrali. Cantanti mitiche come Giuditta Pasta o Maria Malibran, dopo la scena degli errori di solfeggio con il maestro Campanone, poterono avere “carta bianca” e sfoggiare tutto il loro talento per la gioia del pubblico presente.
La prova di un’opera seria è molto godibile e divertente anche per l’efficacia con cui l’autore ha dipinto l’ambiente teatrale. Per le sue scarsissime esigenze sceniche, bastano poche sedie e la scena nuda si è rivelata ideale in questi tempi di Covid, inoltre la versione ridotta per quartetto d’archi e pianoforte è adatta per essere portata in giro nei deliziosi ma piccoli teatri storici dell’Umbria. Il direttore Luca Spinosa ci ha informato che la riduzione per pianoforte e quartetto d’archi era stata già approntata precedentemente negli anni ’90 per uno spettacolo del Teatro Sperimentale. Ha aggiunto che, d’accordo con il regista, tutto quello che era stato aggiunto nel corso delle rappresentazioni ottocentesche è stato eliminato. Le arie in prova da Gli Orazi e i Curiazi nella partitura originale furono fedelmente riportate da Gnecco, riguardo all’”aria da baule”di Corilla, per coerenza cronologica, si è scelta “Sposa son disprezzata” dal Bajazet di Antonio Vivaldi.
All’ascolto la parte musicale è stata resa efficacemente grazie alla bravura degli esecutori e del direttore e si ben armonizzata alla parte scenica. Il regista Gabriele Duma ha detto che l’essenzialità è alla base della sua visione della regia, in questo caso ha voluto mettere in luce nella recitazione l’umanità degli artisti i loro sentimenti e i problemi di sopravvivenza artistica e materiale. Anche il finale sospeso in cui non si sa se si potrà andare in scena, ma tutti sono determinati a compiere ogni sforzo affinché ciò avvenga, gli è parso emblematico dell’attuale situazione dello spettacolo dal vivo e dell’arte in generale. La regia è stata molto accurata e incisiva nel delineare i caratteri e gli interpreti hanno ben risposto alle indicazioni della regia.
Il cast è stato ben assortito, Corilla è stata Tosca Rousseau, che già avevamo apprezzato come Berta ne Il barbiere rossiniano l’anno scorso, si è ben disimpegnata nell’aria di Curiazio e in quella del Bajazet di Vivaldi, sicura e dotata di una voce morbida che sa ben impiegare. Chiara Boccabella, giunta i sesta posizione tra i vincitori del concorso di quest’anno ha bene interpretato Violante. Marco Rencinai, che aveva dato buona prova di sé nel Re di donne dell’anno scorso è stato un convincente Federico. Bene anche le parti buffe sostenute da Luca Bruno come M° Campanone, Giordano Farina Il poeta Pasticci e Giacomo Leone come Fischietto, il copista. Lunghi e calorosi applausi hanno salutato tutti gli interpreti al termine dello spettacolo.