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Qualcuno da amare. Rapporti impari nel dedalo di Tokyo
Dopo Copia conforme, con cui Juliette Binoche si è aggiudicata il premio come migliore attrice a Cannes nel 2010, il regista iraniano Abbas Kiarostami si sposta in Giappone per realizzare questo film, Qualcuno da amare, che racconta la storia di una strana relazione che s'instaura tra i due protagonisti: Rin Takanashi (protagonista di Goth nel 2008 di Gen Takahashi), qui giovane entreneuse, e Tadashi Okuno in quelli di un anziano professore.
Akiko (Rin Takanashi) è una giovane giapponese che dalla provincia si è trasferitra a Tokyo, una giungla spietata secondo il fidanzato assillante di lei con cui litiga spesso, ma in effetti non possiamo di certo contraddirlo in pieno visto che per guadagnarsi da vivere Akiko incontra in notturna ricchi giapponesi dietro corresponsione di denaro contante (che però nel film non si vede mai). Una sera, dopo una lunga battaglia prima col fidanzato al telefono, poi col protettore di turno, decide di recarsi ad uno strano appuntamento con un professore che vive fuori città. Lei è stanca, voleva vedere la nonna che l'ha aspettata tutto il giorno da sola e la sera intorno alla statua di fronte alla stazione. Strane foto che riproducono Akiko come squillo vengono trovate anche da lei nella cabina telefonica ed un velo di tristezza si imprime negli occhi lucidi di Akiko sul taxi verso l'appuntamento.
Quello che trova è un anziano che potrebbe essere suo nonno – perfetto contraltare della serata ed ironia della sorte - e che però si comporta con una certa dolcezza nei suoi confronti, sebbene mai bisogna dimenticare la genesi di questo rendez-vous, che forse la fine del film, lasciando interdetti, sottolinea con violenta enfasi.
I dialoghi di Kiarostami sono tanto curati quanto le scene sono intrise di una tensione sottile, che va di pari passo con loro, esatti e puntuali come un metronomo che scandisce i battiti del cuore, dell'uno e dell'altra protagonista, i quali trovano una dinamica dialogica anche per una serie di contrattempi. Tutto lascia perplessi ed incuriositi di questo ultimo film di Kiarostami, soprattutto la pulizia con cui vengono ritratti i personaggi, nonostante i loro rapporti siano in qualche modo innaturali, decisi da regole che non appartengono alla natura più ovvia degli affetti, in particolare non sono mai alla pari.