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Quartetto di Bergamo. La stagione s'inaugura col Trio di Parma
Lo scorso 4 febbraio si è inaugurata la stagione della Società del Quartetto di Bergamo con un programma allettante, sia per i brani proposti che per gli interpreti, il Trio di Parma. Il beethoveniano Trio in si b maggiore, soprannominato Arciduca, e il Trio in si maggiore di Brahms figurano a buon diritto tra le pagine cameristiche di maggior impegno per gli esecutori nonché di straordinario fascino per l’ascoltatore.
In Beethoven l’equilibrio timbrico tra gli strumenti, l’incessante dialogare tra le parti e il rigoroso procedere della musica raggiungono livelli che in seguito saranno pretesi forse solo da Shostakovich, nelle sue due composizioni per pianoforte, violino e violoncello. Colpisce sempre, all’ascolto, la necessità beethoveniana di esasperare i limiti timbrici e formali pur riuscendo a rimanere nei confini di un equilibrio tematico e di sviluppo della frase che altrimenti rischierebbe di disperdersi. Nulla di tutto ciò, infatti, accade nei quattro movimenti condotti con attenzione agli equilibri sonori e al continuo intrecciarsi melodico da parte del Trio di Parma. Un avvio prudente, nel primo movimento, ha lasciato poi man mano spazio ad una maggior fantasia interpretativa e consapevolezza sonora, accolti con vivo entusiasmo del pubblico presente.
Seconda parte del concerto dedicata alla prima prova cameristica di Johannes Brahms. Frutto di successiva rielaborazione, affascina sin da subito per il tema di grande trasporto emotivo e per l’ampio fraseggiare. Il discorso musicale è meno limpido di quello beethoveniano, più complesso, quasi fosse alla ricerca di una efficacia comunicativa non sempre del tutto raggiunta. Ma la lezione beethoveniana si avverte attraverso la ricerca formale, ancor più ampliata e puntigliosa, soprattutto dovuta alla successiva rivisitazione del brano andato poi in prima assoluta, a New York. Fece infatti parte di quelle pagine sulle quali Brahms volle tornare più volte, per insoddisfazione personale circa l’esito finale.
Meno intensa dal punto di vista emotivo, più attenta al fraseggio e alla complessità tematica è stata la lettura del Trio di Parma, compagine di consolidata fama internazionale, con al proprio attivo alcune incisioni di notevole interesse, tra le quali si segnala l’esecuzione di pagine cameristiche di Franz Liszt.
La stagione prosegue nei prossimi lunedì con programmi dedicati ancora alle formazioni cameristiche (duo per tromba e pianoforte, violino e pianoforte, trii, quartetti, quintetti, pianoforte solo), nonché ad una interessante serata di trascrizioni d’antiche arie e danze arrangiate per clarinetto e orchestra da camera.