Supporta Gothic Network
Quello che non so di lei. Le due Elle di Polański
A 84 anni Roman Polański torna a stupirci, proponendo un adattamento del best seller di Delphine de Vigan D'après une histoire vraie (in italiano Quello che non so di lei). Il regista traspone il libro per il mezzo cinematografico, rievocando efficacemente le afflizioni della creazione e il legame tra verità e finzione, in modo efficace ma senza eccessive sottigliezze.
Polański gioca con realtà e finzione, mettendo in scena una scrittrice di successo, Delphine (Emmanuelle Seigner), messa a dura prova dalla scrittura di un libro in cui racconta la storia della sua famiglia e che ha avuto un fenomenale successo, compagna di vita di un critico letterario, in cui il lettore può facilmente riconoscere François Busnel, compagno di vita della De Vigan, il quale non nasconde la sua frequentazione di scrittori celebri, da Don DeLillo a Ian McEwan.
Nella stesura del romanzo ha messo completamente a nudo il suo animo (Mon cœur mis à nu, avrebbe detto Baudelaire), al punto da venir accusata di aver strumentalizzato il suo stesso dolore. Il pubblico a questo punto si sarebbe aspettato un nuovo romanzo, ma Delphine appare troppo provata e stressata per cominciare a lavorare su un nuovo progetto. Anzi, sta per manifestarsi una sorta di paralisi creativa, quello che si chiama il writer's block.
Un giorno, per caso, incontra Leila (Eva Green), una giovane donna affascinante e misteriosa, quasi comparsa dal nulla (L. nel romanzo, diventa Leila, poi abbreviata in Lei nel film – Elle nell'originale francese). Leila riesce a entrare nella vita di Delphine, come amica e confidente. Lei fa la ghost writer per numerose celebrità, e gradualmente assume un posto di primo piano nella vita quotidiana dell' autrice che ha bisogno di ispirazione, fino al punto da richiederle la storia molto personale voluta da alcuni dei suoi lettori. La presenza di Leila in poco tempo diventa imprescindibile e quella che sembrava essere un’amicizia si trasforma in un rapporto morboso e ambiguo, con tinte più sadomaso, com'è proprio dello stile di Polański (si pensi a La morte e la fanciulla e a Venere in pelliccia), che omoerotiche.
Mentre il lungometraggio può solo in parte ricreare le affascinanti riflessioni del romanzo sugli orrori della creazione e sulle connessioni rischiose tra verità e finzione, più facilmente sfrutta la vena del thriller. Preoccupata dalla sua presenza onnipresente, interferisce in tutti gli aspetti dell' esistenza di Delphine fino a quando non la sostituisce in due maniere: come "controfigura" in un appuntamento "scolastico" con le scrittrici viventi; e come sua ghost writer per il romanzo tanto atteso.
Emmanuelle Seigner interpreta il ruolo della scrittrice in crisi con pathos e immedesimazione, ma a tratti appare troppo "fredda" in rapporto al dramma esistenziale e professionale che sta vivendo. Nel ruolo di Elle, Eva Green dimostra di essere troppo scontata fino a quando lei interpreta un ruolo "positivo". Più efficace quando esplode la sua personalità borderline, con vari disturbi di ambivalenza.
Rimane un interrogativo, che sarebbe più facile da sciogliere se il film anziché di Polański fosse di David Lynch: Elle esiste realmente o è una proiezione di Delphine, quasi un suo Doppelgänger di cui ha bisogno per superare la sua crisi creativa? Del resto, la stessa Eva spesso parla di un'amica immaginaria con cui intrattiene varie conversazioni. Chi ci garantisce che Eva non sia il frutto di un costante e persistente delirio allucinatorio, in cui Delphine vive ormai da tempo?