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Quello che so sull'amore. La compiacenza borghese sull'amore
Chi scrive questa recensione ha conosciuto Muccino Senior praticamente proprio con il suo esordio, Ecco fatto (1998). All'epoca ero poco più che adolescente. Il film, pur trattando tematiche proprie dei ventenni/trentenni mi piacque molto, con il suo stile dinamico anche se a volte un pò esasperato (chi non ricorda le scene tipiche mucciniane con urla e imprecazioni lanciate nel corso degli anni dai vari Bentivoglio, Accorsi, Mezzoggiorno, etc etc).
Poi uscì Come te nessuno mai (1999), e nonostante fossi un ventenne universitario, mi identificai comunque in quei liceali figli di papà (pur appartenendo a tutt'altro regime sociale). Quei toni esasperati da parte degli attori cominciavano però ad infastidirmi, anche perchè qui non c'erano attori professionisti a "reggere" il tutto, ma Muccino junior (che all'epoca era ancora più irritante di oggi per la sua dizione incomprensibile) e altri nomi irrilevanti del cinema italiota (tranne ovviamente i genitori, la Morante e Bentivoglio).
Un anno dopo ci fu L'ultimo bacio (2000), e qui il meccanismo filmico si dimostrava funzionare anche meglio di quello dei suoi due predecessori, merito anche di una rappresentazione sociale accattivante (chi non si è sentito un pò Accorsi o Santamaria, a seconda delle inclinazioni) e di una fotografia molto curata.
Qualche anno dopo arriva nelle sale un nuovo film di Muccino, quando ormai il suo statuto di regista "di tendenza" è ben consolidato. Nel frattempo però chi vi scrive aveva acquisito qualche strumento critico in più ed aveva riflettuto sulla "poetica mucciniana", risultato di indiscussa abilità tecnica ma anche di una compiacente rappresentazione del mondo borghese. Che Muccino non fosse Pasolini era chiaro a molti (ma non a tutti, dato che alcuni lo paragonavano proprio ad uno dei nostri più grandi intelletuali per critica sociale...), ma trovavo sempre più insopportabile questo suo adagiarsi su prototipi di sedicenni, ventenni e trentenni tutti belli e borghesi!
Mancavano però ancora i quarantenni e cinquantenni, che puntualmente rappresentò belli e borghesi (Bellucci, Bentivoglio), con le immancabili urla e situazioni esasperate, proprio in Ricordati di me (2002). Se fino ad allora però i film di Muccino (Ultimo bacio compreso) presi singolarmente avevano ancora un loro appeal (a differenza invece di una sempre più palpabile paraculaggine che trasudava da uno sguardo più d'insieme), Ricordati di me era invece palesemente sconclusionato, esasperato, mal recitato e soprattutto mal girato (addirittura la scena della festa fu diretta da Muccino Junior [della serie improvvisiamoci registi] in modo molto approssimativo). Il film fu mal recensito e non eguagliò il successo commerciale del predecessore.
La carriera di Muccino era giunta ad un binario morto, motivo per cui la svolta americana fu quasi un tappa obbligata. Ecco perchè, invece, rimasi colpito (con mio stupore) de La ricerca della fecilità (2006), con un coinvolgente Will Smith immerso in un meccanismo filmico pressocchè perfetto. Suspence ed identificazione resi grazie ad una padronanza tecnica non comune. Addirittura la "demagogia" mucciniana mi sembrava si fosse eclissata o, forse, semplicemente più nascosta e più adattata alla maniera americana. Ritengo però al tempo stesso che La ricerca della felicità abbia rappresentato per Muccino la sua vetta creativa, come già dimostrato con il successivo Sette anime (2008), film nel complesso meno riuscito (sempre con Will Smith).
Non sarà di certo questa nuova uscita mucciniana (Quello che so sull'amore), infarcito di alcuni luoghi comuni sul life-style americano (e con una regia meno sicura di quello a cui ci aveva abituati, salvata in parte dalla Thurman e da Zeta-Jones) a ribaltare un giudizio che comunque, per il sottoscritto, appare irrimediabilmente compromesso.