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Questione di tempo. L'eterno ritorno del presente
“Vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo”. (Seneca) Da questa massima stoica prende le mosse l'epifania delle scene finali di Questione di tempo, ultima fatica del pluripremiato Richard Curtis. Un grande ritorno di quella maniera di far commedie rosa che va per la maggiore, farina dello stesso sacco da cui provengono anche blockbuster come Love actually e Quattro matrimoni e un funerale.
Ho scelto la perlina morale conclusiva come punto di partenza di questa recensione poiché l’idea che ha portato alla realizzazione di questo film consiste proprio in un quesito che lo stesso Curtis si è casualmente posto: “se fossi cosciente di vivere l’ultimo giorno della mia vita come lo passerei?”.
Da qui ai viaggi nel tempo il passo è breve per una fantasia fervida, tuttavia qualche paletto andava imposto per allestire una trama non eccessivamente confusionaria: il potere speciale di spostarsi esclusivamente nel proprio passato è ereditario nella linea maschile della stessa famiglia e si acquisisce all’età di ventun anni, la stessa in cui si può iniziare ad accedere al bancone di molti pub inglesi, effettivamente le due esperienze fanno girare la testa!
Risaliamo quindi pure noi a ritroso fino alla scena d’apertura che presenta il protagonista Tim, interpretato da Domhnall Gleeson, già alle prese con elementi magici nella saga di Harry Potter, come un ragazzetto di campagna allampanato, impacciato, timido in fin dei conti, come accenna il poster di Amélie appeso nella sua cameretta, nella magione avita in Cornovaglia. La folgorazione causata dalla fantastica rivelazione del padre lo renderà progressivamente più sicuro di sé nell’ambito relazionale grazie al metodo infallibile del “ritenta, sarai più fortunato”, mentre la sorella Kit Kat, inizialmente più vivace e attiva, subirà un’involuzione diametralmente opposta per colpa di un amore sbagliato che la condurrà persino a un grave incidente stradale.
L’attore più famoso del cast è sicuramente Bill Nighy, nelle vesti del capofamiglia. Il grande interprete di rockstar più o meno sulla cresta dell’onda non manca occasione di provare che le sue prove di recitazione migliori sono quelle con un bicchiere in mano: suo è il passaggio che personalmente reputo più commovente, quando alla fine dei suoi giorni torna a giocare sulla spiaggia privata con un Tim bambino, pennellata eccelsa di un idilliaco rapporto padre-figlio.
Ma più spassosi di lui sono sicuramente nell’ordine lo zio Desmond, pietra miliare della famiglia col suo umorismo involontariamente stolido, e colui che ospita Tim a Londra, il drammaturgo semi-fallito Harry col suo caustico sarcasmo, con punte di acidità francamente fastidiose.
Mary, la moglie di Tim è quella che appassiona meno, a parte il raggiante sorriso della McAdams che la interpreta, restano solo la sua insulsa passione per la modella Kate Moss, la sua prevedibilità e inconsistenza.
Idea azzeccatissima è il primo incontro al buio nella dark room di un ristorante gestito da ciechi (che esiste veramente nella capitale inglese: si chiama Dans le noir!) di Tim e Mary. Decisamente meno entusiasmanti certi stereotipi ormai triti quali la sposa bagnata, il maledetto viola (Kit Kat indossa sempre un indumento di tale colore…la panda che distrugge è ovviamente in tinta) e il proverbiale nasone dei romani che sembra essere un chiodo fisso per gl’inglesi.
Questa pellicola, più che quelle classiche sui viaggi nel tempo, mi ha richiamato alla mente la casistica dei film sull’eterno ritorno dello stessa serie d’eventi in cui eccelleva il grande Bill Murray: opere come Il giorno della marmotta, l’adattamento cinematografico del dickensiano Canto di Natale (en passant il padre di Tim è un grande fan del grande scrittore settecentesco), o l’altra commedia sentimentale 40 volte il primo bacio; d’altronde nello stesso campo semantico si trovano anche quei film che si focalizzano sui bivi incontrati nella vita, il cui capostipite è indubbiamente Sliding Doors.
Nighy firma anche un consiglio apparentemente banale, ma che racchiude una grande verità: nel suo discorso da testimone al figlio (il quarto dei vari che si avvicendano sullo schermo!) sentenzia: “provate a sposare una persona gentile”.
“Il mondo non s’è fermato mai un momento”, ma una ventina di volte è tornato sui suoi passi!