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La ragazza del dipinto. Dido e il mondo nuovo
Il Settecento, secolo fondamentale per la nascita della modernità, tra primi esperimenti di democrazia, libero pensiero, liberazione sessuale, interesse per l’uomo sopra Dio e i sovrani, torna periodicamente al cinema, raccontando storie sempre diverse di un’epoca molto variegata e che si presta a vari registri di lettura e a varie vicende, dalle storie più o meno tragiche di re, regine e principesse a quelle di figure meno note ma magari comunque fondamentali.
Stavolta sugli schermi è comparsa un’impeccabile produzione inglese, La ragazza del dipinto, ispirata ad un quadro che esiste davvero in un’incantevole residenza scozzese dell’epoca, che rappresenta due ragazze, una la rosa inglese Elizabeth Murray, l’altra la cugina mulatta Dido, forse uno dei primi esempi di una società multietnica alla pari o quasi.
Il film presenta tutto quello che ci si aspetta da un film sul Settecento, costumi splendidi, scenari accurati, toni da melodramma con stile, ottime interpretazioni di un gruppo di solidi attori tra cui primeggiano Tom Wilkinson, Miranda Richardson e Amy Watson, ma introduce due elementi importanti: il ruolo della donna, eterna minore che aveva come unica possibilità quella di fare un buon matrimonio, e quello delle persone di colore.
L’eroina della storia, Dido Belle, nasce dall’amore proibito tra un nobile inglese e una schiava liberata africana, soffre sulla sua pelle la discriminazione per esempio di non poter cenare con una famiglia d’adozione che comunque la adora, ma diventa un’ereditiera alla morte del padre al punto da diventare più appetibile per i pretendenti della squattrinata cugina. Inoltre si sentirà coinvolta (e questa è la parte più romanzata del film) quando la Gran Bretagna dovrà affrontare il caso della nave negriera Zong, che ha ritenuto più conveniente uccidere il suo carico umano anziché allungare il viaggio facendo provviste, e che verrà duramente sanzionata da una sentenza storica, che aprirà la strada all’abolizione della schiavitù nel Regno Unito.
Una storia ricca di elementi interessanti, quindi, condotta bene dalla regista Amma Asante, un simbolo del mondo multietnico di oggi, inglese proveniente da una famiglia ghanese, interpretata dalla giovane attrice britannica Gugu Mbatha-Raw, già vista in vari ruoli di contorno.
Una storia capace di appassionare, di soddisfare chi ama il genere film in costume, tutt’altro che morto e anzi vivacissimo soprattutto oltre Manica, e di far riflettere sulla strada che si è percorsa e su come purtroppo razzismo e discriminazioni sono ancora presenti nel mondo di oggi, anche se qualcosa contro è stato fatto proprio allora da Dido, modella di un quadro che ancora oggi ispira, sposa felice di una delle prime coppie miste d’Europa, primo simbolo di un mondo nuovo che doveva sostituire le ingiustizie di quello vecchio.