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Rams. Pastorizia in comedy dalle lande islandesi
Arriva dall'Islanda (che produce dieci pellicole ogni anno) un film di interessante semplicità, vincitore della sezione Un certain regard al Festival di Cannes. Si tratta di Rams - Storia di due fratelli e otto pecore, diretto da Grímur Hákonarsonl, regista al secondo lungometraggio, dopo Sumarlandið.
La pellicola ha per protagonisti due fratelli, Gummi e Kiddiley, che vivono vicini pur non parlandosi da 40 anni, badando al gregge di famiglia. Quando un'epidemia di dimensioni bibliche che colpisce gli ovini (la scrapie, una grave malattia neurologica, che comporta un'alterazione degenerativa di alcune strutture del sistema nervoso centrale. Deve il suo nome al fatto che gli animali malati si grattano insistentemente i fianchi strofinandosi contro recinti o strutture fisse finché non perdono la peluria) obbliga i pastori ad abbattere tutte le pecore e i montoni della zona, i fratelli supereranno varie prove e si riconcilieranno.
Il paesaggio delle lande islandesi fa da contrappunto alla solitudine dei protagonisti. La desertificazione dei sentimenti cammina di pari passo con il paesaggio primitivo e respingente che li condurrà verso la tempesta perfetta. Il ritmo purtroppo è lento e la regia è statica e riflessiva, indugiando molto sui primi piani, anche se rifugge dai soliti stereotipi.
Il motivo centrale del film è costituito dal rapporto che i due fratelli, quasi novelli Caino e Abele, compagni di sventura, hanno con le pecore, per loro creature sacre e indifese e che sono la vera anima della vicenda. Il rumore del silenzio e i sibili del vento aiutano lo spettatore a riflettere sulla vera essenza della nostra esistenza e del vivere gramo che caratterizza sia queste creature animali sia gli uomini, accomunati dal tragico della vita e dipendenti l'uno dall'altro.
L'abbraccio fetale di Gummi e Kiddiley è una chiosa superba al racconto. Il regista ha scelto delle musiche tradizionali ma chi scrive si sarebbe deliziato se ad accompagnare le immagini del paesaggio nordico ci fossero stati i suoni estatici e insuperabili dei Sigur Ros.