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Il Reate Festival apre con l'Ulisse di Monteverdi
Quest'anno per la prima volta l'inaugurazione del Reate Festival si è svolta a Roma, in un delizioso teatro ottocentesco di gusto neoclassico, il Teatro di Villa Torlonia, dove venerdì 3 ottobre scorso è andata in scena con grande successo Il ritorno di Ulisse in patria di Claudio Monteverdi (1567 – 1643). Il maestro Alessandro Quarta, esperto e raffinato interprete della musica barocca, ha diretto autorevolmente il Reate Festival Baroque Ensemble e i numerosi giovani interpreti, mentre Cesare Scarton ha curato la regia.
In base alle accurate ricerche documentarie svolte per la messa in scena, si è ragionevolmente accertato che sia in passato che in epoca moderna il capolavoro monteverdiano non sia stato mai rappresentato a Roma. L'opera è basata su un libretto che Giacomo Badoaro trasse dai libri XIII-XXIII dell'Odissea di Omero, e venne rappresentata nel Teatro dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia durante la stagione del carnevale del 1640, fu replicata, lo stesso anno, a Bologna e poi a dimostrazione del grande favore del pubblico di nuovo a Venezia nella stagione successiva, un evento insolito per l'epoca.
La composizione fu ritenuta perduta fino a che nel 1881 si scoprì una copia manoscritta della partitura, intitolata "Il ritorno di Ulisse", conservata alla National Bibliotheck di Vienna.
Le differenze con i testi dei libretti, in cui l'opera è divisa in cinque atti, mentre nel manoscritto è in tre, e alcune parti mancanti hanno fatto lungamente discutere sulla paternità, fino a che una attenta analisi stilistica ha portato a riconoscerla come opera di Monteverdi. Nel manoscritto ci sono infatti alcune lacune disseminate nei vari atti, inoltre c'è la linea di canto con il basso continuo, intercalato da sinfonie e ritornelli, ma non sono indicati gli strumenti, a differenza dell'Orfeo in cui sono elencati dettagliatamente.
Trentaquattro anni separano l'Ulisse dall'Orfeo e il lungo percorso compositivo del sommo artista attento alla resa della parola in musica, all'espressione degli affetti e alla psicologia dei personaggi si concretizza in modo mirabile in questo melodramma. Diverse sono le forme usate atte a rendere l'azione, i personaggi e gli affetti: frequenti arie su basso ostinato, arie in forma di pastorale, cori in stile omoritmico di canzonetta, brevi canti strofici in stile popolare, arie intercalate dal recitativo, improvvisi interventi nello “stile concitato” e l'arioso che si fonde con il recitativo. Il recitativo è proteiforme, muta nell'espressione di sentimenti diversi, lirico e appassionato, ritmico e incalzante, nella ripetizione delle parole asseconda la melodia.
L'azione si svolge con brevi e incalzanti scene su tre diversi piani quello del Fato rappresentato dalla Fortuna o meglio dalla Sorte, dal Tempo e dall'Amore, in scena nel prologo insieme alla Fragilità Umana, inerme di fronte alla loro possanza. Ci sono poi gli dei sottoposti anch'essi al volere del Fato, ma solo Minerva interagisce con i personaggi della dimensione umana in cui si svolge l'azione. Gli dei e i personaggi simbolici si esprimono in uno stile alto, melismatico, mentre il pastore Eumete e Ulisse travestito da mendicante, in quello pastorale, Melanto, ancella di Penelope e il suo innamorato Eurimaco in quello popolare delle canzonette. Iro rappresenta la parte buffa in contrasto con il declamato del recitativo nel severo stile tragico di Penelope e Ulisse, anche Antinoo si esprime con un declamato impervioi che caratterizza il suo rango sociale e la sua malvagità.
Lo stile retorico cambia quando i personaggi interagiscono tra loro, adattandosi al contesto drammatico Minerva travestita e poi Ulisse, dopo lo svelamento della dea ma anche Melanto nel dialogo con Penelope, di cui assume il declamato.
Il Reate Festival promuove la formazione dei giovani grazie anche alla collaborazione della Fondazione Alberto Sordi per i giovani, a questo scopo a cantanti e musicisti più esperti si affiancano giovani, che dopo lunghi anni di studio stanno inserendosi nella professione. Venendo alla rappresentazione a cui abbiamo assistito il maestro Alessandro Quarta ha dato alla esecuzione un taglio drammatico scorrevole e coinvolgente, attento alle diverse forme espressive adottate da Monteverdi, mettendole in luce ed evidenziandone la meravigliosa tavolozza cromatica e l'intensa poesia, in questo perfettamente assecondato dal Reate Festival Baroque Ensemble.
Il cast di ben quindici cantanti e tre attori, omogeneo e attento alle indicazioni del direttore e del regista, ha ben risposto alle loro intenzioni, prestando grande cura al fraseggio, alla comprensione delle parole e ove richiesti ai melismi. Tra loro ricordiamo Mauro Borgioni, la sua voce calda e bronzea ha dato vita un Ulisse intenso, iracondo e appassionato nella sua vendetta e nell'amore per Telemaco e Penelope. Lucia Napoli è dotata di una voce morbida, nel difficile ruolo di Penelope ne ha interpretato la nobiltà nel dolore, nei timori e nei dubbi con sensibile espressività e duttilità musicale. Insieme i due protagonisti hanno ben interpretato il crepuscolare e incantevole duetto che chiude l'opera. Sabrina Cortese ha interpretato due personaggi: nel ruolo di Amore ha usato la verve provocante della voce limpida e cristallina trasformandosi poi in una Minerva autorevole e imperiosa, ma con sottesa una sottile ironia, interpretando agevolmente la parte ricca di melismi. Michela Guarrera è stata una provocante e sensuale Melanto, possiede una voce morbida e calda e la usa con intelligenza nelle diverse sfumature che il personaggio richiede.
Cesare Scaron apre le sue note di regia citando proprio le parole con cui il pastore Eumeo accoglie Ulisse (Odissea XIV, 56-58), in cui di parla dell'ospitalità, un obbligo sacro nel Mediterraneo, che, se infranto, provocava la terribile ira degli dei, una citazione su cui si dovrebbe meditare insieme a quella del vangelo di Matteo (25,35-36), alla luce degli attuali accadimenti. La regia di Scarton si è fusa armoniosamente all'esecuzione musicale, è una regia interessante, fluida e coerente nello svolgimento, che ha differenziato i personaggi anche con i costumi, ottocenteschi per quelli sovrannaturali, contemporanei per gli umani. I personaggi agiscono tra le rovine di un epoca passata, un'allusione al contrasto, sottolineato dalla regia, tra le generazioni. Quella di Ulisse, Penelope e Eumete, diventato da pastore di greggi pastore di anime per le sue considerazioni morali, è ormai al tramonto mentre sorge quella nuova dei Proci e di Melanto dediti unicamente ai piaceri. Telemaco è in bilico, affascinato anche lui da Elena viene rimproverato dalla madre, che gli ricorda che l'amore tra Paride ed Elena è costato un bagno di sangue. Il crepuscolare e tenero duetto finale tra i due sposi finalmente ricongiunti ha come sfondo l'affermarsi della nuova generazione dedita ai piaceri. Calorosi applausi sono stati tributati a tutti gli interpreti al termine della rappresentazione, ci saranno altre due repliche a Roma, il 6 e 7 ottobre, e una a Rieti, il 10 dello stesso mese.
“-Straniero non è mio costume-venga pur uno più malconcio di te-
trattar male gli ospiti; tutti da parte di Zeus
vengono gli ospiti e i poveri”