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La regola del silenzio. Redford ed i Weathermen di Neil Gordon
Con un cast di attori inossidabili e però tutti in età avanzata: a cominciare da Redford, regista e protagonista, a Julie Christie e Nick Nolte, e con il giovane Shia LaBoeuf invece nella parte del giornalista detective Ben Shepard, La regola del silenzio prende le mosse dal romanzo omonimo di Neil Gordon.
Basato su una pista che segue un gruppo pacifista e d'azione violenta chiamato Weather Undeground di cui facevano parte sia Redford come Nick Sloane, sia la Sarandon come Sharon Solarz, ed altri che scopriremo via via sulle orme di Shepard, cronista locale d'assalto che fa lo scoop e incastra Nich Sloane alla sua vera identità dopo trent'anni di anonimato.
Redford è affezionato a due film prima di tutto, e questo si nota anche qui: A piedi nudi nel parco (1967, di Gene Saks) e Come eravamo (1973, di Sydney Pollack). Il primo si ritroverà quasi pari pari nella scena finale, romantica e piena di quel gusto retrò e da American Dream del passato in cui Redford si trova pienamente a suo agio e che a mio avviso lo riflette profondamente e genuinamente. Il capolavoro di Pollack con lui e Barbra Streisand riproduce un'epoca che qui viene ricordata in modo più disincantato, tranne che dalla Sarandon, vera tigre che legge la storia sulla doppia lama, affilando entrambe le parti ed essendo estremamente coerente con sé stessa e le proprie convinzioni, forse la parte più emblematica ed il vero spirito del film, anche a livello di coraggio. Ecco, un tocco di Come eravamo c'è ed è persistente, più freddo e razionale forse, ma le idee di Redford, come anche quelle del film precedente del 2007, Leoni per agnelli, ci sono sempre. E sebbene lui abbia abdicato dall'impegno politico, i suoi film ne traggono gli stessi insegnamenti, magari meno radicali e maggiormente strategici anche per aver regalato al versante cinematografico quel festival nuovo e controcorrente che è il Sundance.
Il film si segue abbastanza bene: forse un po' lungo, e con le parti peggiori definitamente assegnate all'FBI di Terrence Howard nella parte di Cornelius, un bradipo che segue le tracce del giornalista e lo offende pure quando lo incontra, solo per non riconoscerne l'innata bravura.
Regia al vetriolo e veloce come ci si aspetta: pochissimi momenti di stanca e bel dialogo tra Redford e Christie che finalmente spiega i buchi che si vanno dipanando nel film. Redford si è presentato Fuori Concorso alla 69° Biennale del Cinema di Venezia (2012) ed ha vinto il premio dei Giovani Giurati del Vittorio Veneto Film Festival Award e l'Open Prize.