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The Revenant. Nello splendore feroce del gelo
Con un Golden Globe appena in mano, Leonardo di Caprio si avvicina all'Oscar ma ancora non siamo sicuri che a febbraio lo rieceverà per questa sua prova attoriale intensa, non c'è che dire, nel gelo delle Montagne Rocciose del Nord Dakota girato da Alejandro González Iñárritu, e tratto dal libro omonimo di Michael Punke: Revenenant, ossia “ritornante”, dal francese revenant, dal quale è tratto il titolo, che ha molto a che fare con fantasmi vampirici dell'Ottocento inglese, francese e, naturalmente, americano. Pensiamo a Poe per esempio ed alla sua elegante ed algida Ligeia: qui, però, si tratta di un ritornante legato allo smercio delle pelli degli animali feroci nel 1823.
Come non pensare al celebre The Bear, L'orso di Jean-Jacques Annaud del 1988: le lunghe riprese di in silenziosi paesaggi di assoluto splendore di Iñárritu insieme alla fotografia eccelsa di Emmanuel Lubezki – dovrebbe meritarsi anche lui un Golden Globe insieme a quello già conferito alla regia e a tutto il film -, rimandano all'avventura di Jack Wallace and Tcheky Karyo nell'immaginario British Columbia del 1885, in realtà girato invece nelle Dolomiti austriache. The Revenant è tratto dal romanzo di Micheal Punke The Revenant: A Novel of Revenge (del 2002; edito in Italia da Einaudi) sulla vita di Hugh Glass,(c. 1780 – 1833) un trapper, esploratore e guida statunitense effettivamente esistito, e che Iñárritu ha tradotto in due ore e mezza di un bel film che si segue senza noia, nonostante la lunghezza.
Un altro riferimento è stato Uomo bianco, va' col tuo dio! (Man in the Wilderness), film del 1971 diretto da Richard C. Sarafian, con Richard Harris nella parte di Hugh Glass, che racconta la storia ripresa dal regista messicano. Quel che colpisce del regista Iñárritu è il taglio dato alla pellicola: coinvolge in pieno lo spettatore immergendolo nei paesaggi innevati, tra gli indiani Pawnee, tra cui il figlio di Hugh Glass e gli indiani Ree, che attaccano la spedizione per rubare le pelli. Nel bosco Glass verrà attaccato da un Grizzly che lo riduce in fin di vita: da quel momento in poi diverrà un carico oneroso per il gruppo in fuga dagli indiani e dal freddo. Affidato a Fitzgerald - impersdonato dallo straordinario Tom Hardy - che accetta per la ricompensa e a Bridger, insieme al figlio Hawk, verrà tradito dal mercenario Fitzgerald che con la scusa di scappare da una dozzina di indiani Ree, porta via Bridger: da quel momento le gesta di Glass diventano quelle di un “redivivo”, come dice il titolo, in una natura ostile e circondato da possibili nemici (indiani Ree; francesi che commerciano anche loro con le pelli; bestie feroci).
Delineando la frattura tra uomo e natura, a favore di quest'ultima, Di Caprio nella parte di Glass riesce invece a ritrarsi perfettamente umano anche nella stessa ferocia cui viene sottomesso per sopravvivere: la violenza non è mai gratuita da parte sua, e propone quel tipo di alleanza fra “lupi solitari” con gli stessi indiani, che lo rispettano. Sulla scia del Redford di Corvo rosso non avrai il mio scalpo (Jeremiah Johnson), il film del 1972 diretto da Sydney Pollack, Leonardo Di Caprio si presenta però più “ruvido” ed il film ritrae crudamente “l'uomo della montagna”: d'altronde, sono tempi molto più insanamente duri e scuri, i nostri.