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Riconoscere è un Dio di Boitani. L'agnizione nella letteratura
Dopo avere completato la lettura di un saggio meraviglioso per la sua bellezza letteraria e la sua profondità, di cui è autore Piero Boitani, Accademico dei Lincei e grande studioso di letteratura comparata, pubblicato dalla Einaudi con il titolo Riconoscere è un Dio, è riaffiorato nel mio animo il pensiero contenuto in un libro di Roberto Calasso, secondo il quale l’invenzione letteraria costituisce il vertice e l’apice della conoscenza umana.
In questo saggio vasto e ampio, dalla scrittura precisa, esatta, leggera e colta, Piero Boitani spiega e offre al lettore una ampia disamina letteraria intorno al tema della agnizione e del riconoscimento nelle opere letterarie della cultura occidentale. Ovviamente, per dare maggiore efficacia al suo studio, Boitani commenta ed interpreta le grandi opere della letteratura, che appartengono al canone occidentale, nelle quali compaiono scene in cui sono stati rappresentati dai sommi autori l’agnizione ed il riconoscimento.
Per collocare il tema dell’agnizione nel contesto culturale in cui è sorta ed è stata teorizzata, Boitani richiama un testo fondamentale di Aristotele, la Poetica. Per il grande filosofo greco l’essenza della poesia risiede, grazie alla mimesi ed all'invenzione, nel riconoscimento. L’agnizione indica il passaggio da uno stadio di ignoranza e inconsapevolezza ad uno in cui avviene la conoscenza. Infatti Aristotele è stato il primo ad avere elaborato una teoria del riconoscimento nelle opere letterarie.
Gli elementi fondamentali di una tragedia secondo Aristotele sono il racconto o il mito, la mimesi o imitazione di una azione, l’agnizione intesa come riconoscimento, il pathos che colpisce i nostri sentimenti dando vita alla catarsi. Boitani, da grande e rigoroso studioso, osserva che l’agnizione compare nel dialogo di Platone Teeteto, nel quale viene chiarito il processo attraverso il quale mediante i sensi avviene il miracolo della conoscenza umana.
L’opera letteraria in cui diverse e innumerevoli sono le scene di riconoscimento è l’Odissea di Omero. A questo proposito l’autore, dopo avere spiegato l’essenza dell’agnizione, chiarisce che per Aristotele il riconoscimento può avvenire mediante la memoria, il ragionamento sillogistico, l’identificazione di un segno esteriore acquisito da un personaggio, oppure può scaturire dal modo in cui gli eventi si susseguono nella trama di una opera letteraria.
Nella corte dei Feaci, ascoltando l’Aedo che con il canto rievoca la sua vicenda e la guerra di Troia, Odisseo viene travolto e sopraffatto dalla commozione, abbandonandosi al pianto. Alcinoo, re dei Feaci, riconoscendolo, percepisce la sofferenza di Odisseo e ordina all’Aedo di sospendere la continuazione del suo racconto. Ritornato a Itaca, dopo il suo esilio durato venti anni, Odisseo, che si presenta come un naufrago privo di identità, viene riconosciuto da Euriclea, la domestica di Penelope, la quale nota la cicatrice presente sulla gamba di Ulisse.
I libri dell’Odissea IX e XII, nei quali Telemaco, figlio di Odisseo, riconosce suo padre, compongono quella che è stata chiamata dai critici la Telemachia, basata sulla successione di infinite scene di agnizione. Per Boitani è nella tragedia classica che, in base alla Poetica di Aristotele, vi sono le più importanti scene di riconoscimento, come quella tra Oreste ed Elettra. Oreste è il figlio di Agamennone, il quale è stato ucciso da sua moglie Clitennesta. Oreste è obbligato dagli Dei a rientrare nella sua terra di origine per vendicare il padre, ucciso dalla moglie. Questo racconto è stato, come rileva acutamente nel suo saggio Boitani, rappresentato con strategie drammaturgiche diverse da Eschilo nelle Coefore, e da Euripide e da Sofocle nelle loro tragedie. Il riconoscimento di Oreste da parte di Elettra nelle Coefore di Eschilo avviene mediante l’orma del piede lasciata da suo fratello vicino al sepolcro, nel quale è stato sepolto suo padre Agamennone.
Nella tragedia di Euripide è Elettra che riconosce suo fratello grazie alla cicatrice che compare sulla sopracciglia di Oreste. Nel testo di Sofocle, è il sigillo di Agamennone che consente ad Elettra di riconoscere suo fratello. Il coro, in tutti questi testi, dopo la scena di agnizione, riflette sul tema della giustizia umana e sui casi in cui la vendetta degli uomini diventa possibile e ammissibile.
Per Aristotele la tragedia in cui il meccanismo drammaturgico dell’agnizione funziona in modo ammirevole e sorprendente è l’Edipo Re di Sofocle. Edipo non è consapevole e non sa di avere ucciso il padre Laio e di avere sposato la madre Giocasta. Tiresia, l’indovino, gli predice quanto accadrà, svelandogli la sua storia terribile e dolorosissima. Giocasta, la madre divenuta sua moglie, lo invita a non prestare e dare eccessivo credito alle parole di un indovino.
Tuttavia un vecchio pastore, che vive lontano dalla corte, dopo che sono avvenuti i fatti terribili che riguardano Edipo, ricompare e rivela la verità. In questo grande dramma del mondo antico viene mostrato l’intimo legame che vi è tra l’agnizione, intesa come riconoscimento, e il formarsi del processo della conoscenza umana mediante i sensi, la percezione ed il ragionamento sillogistico. Infatti Edipo, a differenza di Tiresia che raffigura la mentalità arcaica, è figlio dell’Atene di Pericle, della storiografia di Tucidide, di Anassagora, del pensiero critico dei sofisti, di una civiltà in cui il pensiero umano ha raggiunto il culmine della sue possibilità gnoseologiche.
La sua vicenda, che ha influenzato lo sviluppo della cultura moderna - si pensi a Freud -, mostra il lato oscuro e inafferrabile della natura umana. Nell’Amleto di Shakespeare il principe di Danimarca viene informato da un suo amico che di notte si è materializzato un fantasma. Trovandosi, in una notte descritta da Shakespeare con immagini poetiche di rara profondità, al cospetto del fantasma, creatura misteriosa e irreale per la sua natura sovrumana, Amleto riconosce le sembianze del padre e apprende, in preda alla angoscia e sgomento, che è stato ucciso da suo fratello Claudio, il quale ne ha usurpato il trono, sposando sua madre Gertrude.
Questa scena di riconoscimento compare anche nel grande romanzo di Goethe Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister, nel quale viene rappresentato il dramma di Shakespeare. Proprio nell’Amleto viene rappresentato dal principe di Danimarca un dramma nel quale è raccontata la vicenda di un re viennese ucciso da suo fratello. Di fronte alla messa in scena di questo dramma, che mostra il delitto di cui è responsabile, e che indica come il teatro grazie alla mimesi riproduce il reale, Claudio, sopraffatto dal senso di colpa, chiede di fare luce, dando ad Amleto la prova della sua terribile colpa. La scena in cui, dopo il suicidio di Ofelia, Amleto contempla il cranio del suo amico Yorick, dopo averlo riconosciuto, è una delle più sublimi della letteratura occidentale. Belle e indimenticabili sono le pagine del libro in cui Boitani analizza le scene di riconoscimento sia in Giuseppe e i Suoi Fratelli di Thomas Mann sia nella Divina Commedia di Dante Alighieri. Un libro di notevole valore letterario.