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Risorgimento Pop. Una demistificazione tra memorie e amnesie
Le compagnie teatrali Kataklisma e AmnesiA VivacE, divisioni del Consorzio Ubusettete (esperienza centrale e seminale del teatro indipendente romano), hanno presentato, giovedì 10 marzo 2011 al Teatro Arvalia di Roma, uno spettacolo diviso in quattro sezioni con, al centro, il tema del Risorgimento visto sotto l’ottica del pop.
Nel primo caso si è trattato di un monologo solitario e tenebroso: Can You Eat Me? di Elvira Frosini. La performance si basa sul tema del cibo in cui l’attrice presenta un vero e proprio ‘vomito’ di parole che determinano l’adesione onnivora al mondo. Un corpo fragile si presenta davanti a un pubblico ansioso di prendere informazioni o di vedere qualcosa; il tutto posto sotto una luce fioca che appena illumina quella che, in realtà, è un’anima perduta nel vuoto delle parole che la circondano e che lei stessa menziona. In fondo lo stesso performer si dona "in pasto" al pubblico, quasi come se lo spettatore dovesse digerire con la sua fruizione un corpo digerente. È l'eterno tema del mangiare e dell'essere mangiati, già caro a Giovanni Verga e su cui attirò l'attenzione il teorico del famismo, il grande critico Gino Raya.
La seconda performance, come la quarta, è sempre della Frosini, ma con interpreti diversi (Giada Oliva e Simone Zacchini). Déjeuner e Vetri avvicinano lo spettatore ad un linguaggio di teatro muto ed essenziale dove i corpi vengono usati come meri manichini di due interpretazioni: nel primo caso un uomo e una donna brindano all’Italia e alla sua miseria stando seduti sulla bandiera; nel secondo caso, invece, si tratta di due corpi che si ricompongono rivelando la loro immagine dietro un vetro.
Al centro di tali espedienti teatrali ritroviamo Risorgimento Pop. Più che un monologo a due voci, è preferibile definirla una lezione di storia e filosofia sul Risorgimento e sul suo ‘accento’ pop in cui si asserisce che la vera rinascita non è solo l’arte in evoluzione, ma soprattutto chi la pone o chi la conserva. Un esperimento teatrale umile e divertente con due "preti": Daniele Timpano, che è anche regista della pièce insieme a Marco Andreoli, e Valerio Malorni, giovane attore di notevole talento che scoprì la sua vocazione per la recitazione sui banchi del liceo "Mamiani" di Roma. Sono loro che raccontano la storia d’Italia concentrandosi su Giuseppe Garibaldi e ‘portando in scena’ un inaspettato ospite ‘storico’.
I due attori riescono a "reinventare" il Risorgimento con un'operazione piuttosto demistificatoria ed irriverentemente dissacrante, grazie anche ad un felice repertorio di invenzioni linguistiche e di situazioni surreali al limite dell'assurdo e del grottesco.
Lo spettacolo verte su un'Italia rinata (e qui anche il Rinascimento viene implicitamente messo in discussione, come altro mito fondante del nostro immaginario culturale) e risorta, che non c’è e che se è risorta è però anche rimorta, in una spirale paradossale di battute che trovano negli spettatori un consenso scandito da frequenti applausi.
La vera assente è la Storia con la "S" maiuscola, perché è sempre inattendibile: non c'è qui né la retorica delle "magnifiche sorti e progressive", né quella, antitetica ma altrettanto stucchevole, della fine del mito del progresso. Toni che sono presenti per molti versi anche in quel grande romanzo che è Il cimitero di Praga di Umberto Eco, dove pure il nostro Risorgimento viene letto sotto un'ottica demistificatoria.
Episodi come le cinque giornate di Milano, l’impresa dei Mille e Porta Pia, o personaggi come i "quattro padri della patria", Mazzini, Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele, e il suo "antipapà", Pio IX, benché siano diventati per molti versi figure sbiadite che una propaganda retorica ha appiattito e reso indigeste, trovano qui una sorta di paradossale riscatto in un'ottica "pop": siamo in presenza di una trasgressione ironica e proprio per questo più incisiva, perché non assistiamo a un'operazione di pedante revisionismo, ma piuttosto ad una performance "leggera" in cui gli stessi attori si divertono con il pubblico, anche quando mettono in scena il "cadavere" di Mazzini o le ceneri di Garibaldi.
Risorgimento Pop si è configurato come uno spettacolo divertente ed istruttivo che non fa vedere con occhi diversi la ricorrenza dell’unità d’Italia, ma cerca di ri-donare la giusta gloria ai nostri antenati.