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Romaeuropa a Santa Cecilia. Solaris o dell'uroboros musicale
Un'unica serata per una versione dell'universo creato da Stanislaw Lem nel suo romanzo ripreso poi nel film omonimo Solaris di Andrej Tarkovskij nel 1972, e che ora viene intepretato attraverso i suoni digitali di Ben Frost e Daníel Bjarnason , supportati dall'Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, nell'omonima sala Santa Cecilia al Parco della Musica, lo scorso 20 novembre. I video sono a cura del duo formato da Brian Eno e Nick Robertson per un progetto di Romaeuropa Festival.
In concorso al 25º Festival di Cannes, il film Solaris di Tarkowsij aveva vinto il Grand Prix Speciale della Giuria: un film di fantascienza oltre le righe, con un apparato sonico di prim'ordine curato da Eduard Artemjev, e da un senso dell'infinito che va ben oltre il senso comune, costruendo reticolati letteralmente “spaziali” per la mente umana, in particolare del protagonista Kris e della moglie Hari, che ricompare inspiegabilmente sulla stazione spaziale dedicata allo studio di questo strano pianeta, Solaris, che è un tutt'uno con la distesa d'acqua che lo ricopre. Una superficie musicale ovattata da luci blu e violette è quella invece creata da Ben Frost e Daníel Bjarnason , con suoni elettrici ed un apparato percussivo antico e moderno, di gong, piatti, vibrafoni, grancassa, strumenti in parte amplificati, il piano era suonato da Nick Robertson, mentre Ben Frost era al synth ed alle chitarre.
L'accompagnamento degli archi di Santa Cecilia è stato fondamentale per questa versione ambient di una Solaris rivista e corretta attraverso le lenti che sembravano un connubio tra la Music for the Stars di Grisey ed il tintinnabulum di Arvo Pärt, con gong e campane che risuonavano cicliche all'inizio ed alla fine, come in un flusso vitale che determinava le distorsioni video à la Bill Viola dei volti, per un'illusione ottica e alterata firmata da Eno e Robertson insieme.
La scena della levitazione adombrata dal quadro di interni ripreso dal film Solaris con Hari – la moglie suicida di cui ha visioni il protagonista Kris sulla base spaziale – ed il quadro di Brueghel il Vecchio “Cacciatori nella neve” del 1565, panorama che fa da sfondo alla sequenza sovrannaturale nel film, fonda il climax avveniristico di questa rilettura che connette il ciclo di vita dell'uomo a quello dell'inverso, un uroboros di ambient musicale.