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Ruby Sparks. La scrittura iridescente dei sogni
Dai due registi della meravigliosa prova d'esordio Little Miss Sunshine (2006), suffragato da premi e riconoscimenti, compreso quello al miglior attore giovane protagonista a Paul Dano, che qui – sempre giovane - ha la parte principale, il nuovo film della coppia Jonathan Dayton-Valerie Faris, con Ruby Sparks presenta una pellicola assolutamente deliziosa con la sceneggiatura della nipotina di Elia Kazan, tale Zoe, che riveste anche il ruolo principale al femminile di Ruby appunto.
Tra gag effervescenti ed uno svolgimento ritmato soprattutto dopo la comparsa di Ruby, la vita di Calvin, scrittore di successo in crisi da pagina bianca, il film si snoda agevolmente su una traiettoria non usuale, quindi con una trama ben definita che conosciamo via via, partecipando appieno alla storia emotiva di un personaggio simpatico – Calvin – ed una protagonista assolutamente sopra le righe, Ruby.
Già il nome rimanda ad una sorta di energheia pura correlata al rosso del nome (Ruby=rubino), ma Ruby non è solo questo, è l'ultima frontiera di qualsiasi scrittore, quell'Eldorado creato in film come Brigadoon, (1954, il musical diretto da Vincente Minnelli), dove si supera un confine per approdare ad un universo parallelo ed immaginifico. Qui però è il prodotto dell'immaginazione che squarcia e plasma la realtà in un gioco d'alternanza veramente curioso e sottile che entusiasma soprattutto chi scrive. Se poi pensiamo a recenti scoperte scientifiche che assicurano che i processi attivati nel cervello da esperienze vere o immaginate sono gli stessi (quindi virtualmente costruiamo sinapsi, ovvero ponti per le informazioni, del tutto identici), riusciamo forse a scorgere quello che in fondo il film ci sta dicendo, che la realtà la possiamo costruire daccapo.
La stessa parafrasi che lo psicanalista Rosenthal (Il bravissimo Elliott Gould) chiede a Calvin nasconde esattamente la metafora del potere della scrittura di creare quello che non c'è: di dare vita a mondi imperscrutabilmente veri che non fanno che chiamarci verso di loro per dargli vita. Le musiche liriche à la Glass di Nick Urata poi (cantante e polistrumentista dei DeVotchKa, gruppo gipsy punk che si è occupato della colonna sonora di Little Miss Sunshine e anche di Ogni cosa è illuminata di Liev Schreiber, 2005), non fanno che sottolineare che la frontiera è aperta e può essere travalicata, e che solo nei sogni possiamo incontra la “nostra” realtà: con sottofondo di campanellini ed un iridescente xilofono.