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Santa Cecilia. Connesson e l'onirico cosmo di Lovecraft
Due importanti debutti a Santa Cecilia: la prima esecuzione italiana di un trittico per orchestra di Guillaume Connesson (classe 1970) con Les cités de Lovecraft, commissione dell’Accademia di Santa Cecilia, nell’ambito del progetto europeo Music Up Close Network; e quello del direttore polacco Krzysztof Urbański (classe 1982), attuale Direttore Musicale della Indianapolis Symphony Orchestra. I tre giorni dedicati a questo “ambo” musicale sono stati il 14, 15 e 16 giugno scorsi ed hanno inoltre ripresentato i celebri Carmina Burana di Carl Orff con due artisti del Coro di Santa Cecilia: Chiara Chizzoni e Marco Santarelli come Solisti, affiancati dal baritono slovacco Dalibor Jenis. Il Coro e le Voci bianche dell'Accademia saranno diretti come sempre da Ciro Visco.
Guillaume Connesson, è uno dei compositori francesi attualmente più eseguiti e amati nel mondo: la sua musica ricca di orchestrazione, tonale, ricercata nei timbri e nei ritmi, dal fraseggio affascinante, riceve commissioni da orchestre come la Chicago Symphony, la Netherlands Philharmonic Orchestra e l'Orchestre National de Lyon, queste ultime due gli hanno richiesto la partitura per orchestra che abbiamo ascoltato nella Sala Santa Cecilia, ovvero Les cités de Lovecraft, che ha debuttato l'anno scorso il 13 ottobre a Utrecht con la Netherlands Philharmonic Orchestra e Marc Albrecht direttore. Qui ha come direttore il giovane Urbański, insignito – primo Direttore – nel 2015 del Premio Leonard Bernstein e Direttore musicale della Indianapolis Symphony Orchestra oltreché Direttore principale e artistico della Trondheim Symfoniorkester
Guillaume Connesson, originario di Boulogne-Billancourt, ha studiato, pianoforte, storia della musica e direzione di coro al Conservatorio di Boulogne-Billancourt e dal 1989 composizione con Marcel Landowski. Attualmente è al lavoro della sua prima opera: Les Bains macabres su libretto di Olivier Bleys e commissionata dall’Opéra National di Bordeaux.
Il trittico per orchestra di Connesson, Les cités de Lovecraft, è tratto dal Dream Cycle (o Ciclo dei Sogni) dello scrittore americano Howard Phillips Lovecraft (1890-1937), specialista di horror e fantascienza, famoso per il suo “orrore cosmico”. Il protagonista del ciclo è Randolph Carter, che affronterà il tremendo Caos Strisciante, Nyarlathotep, Messaggero degli Altri Dei, che ha due racconti a lui dedicati in particolare: l'omonimo Nyarlathotep (1920) ed Il caos strisciante (The Crawling Chaos, 1920). Dello stesso anno fa parte il racconto da cui parte il primo movimento, l'omonimo Céléphaïs.
Il primo movimento, intitolato Céléphaïs, tratto dall'omonimo ed onirico racconto di Lovecraft del 1920 sulla città immaginata dal Re Kuranes nei suoi sogni, una sorta di Kubla Khan (cfr. Kubla Khan A vision in a Dream, Samuel Taylor Coleridge, 1816) trasferito nella regione Ooth-Nargai, è apertamente brillante e luccicante di colori, fraseggi ricchi ed in toni maggiori, fra l'estatico ed il gioioso. Si notano influenze dalle sonorità del Gerschwin primevo, un'armonia intensa tra tutte le parti di effigie tradizionale e di grande ricercatezza. Presenti i suoni della natura e forte l'apparato percussivo. Poi si fanno vicini i toni del mistero, che si aprono dapprima in scala e poi a sussulti. La musica si fa quindi grave gradualmente, si iscurisce con una certa tensione rendendo i colori orchestrali risplendenti per contrasto: xilofono, celesta, campanelli, arpe giocano un ruolo primario. Il secondo movimento, Kadath, è ispirato dal romanzo The Dream-Quest of Unknown Kadath (pubblicato postumo nel 1943. scritto tra il 1926 e il 1927), la ricerca onirica della città è tremolante nel vento (la macchina del vento) ed ha un tema lirico di fondo molto inquietante e melanconico, ossessivo come un revenant dai drappi arabeggianti. La celesta, lo xilofono e l'arpa sono ombreggiati dal lamento delle viole in un clima di sospensione onirica: un viaggio surreale in un nulla cosmico dalle traiettorie ignote.
Nel terzo movimento, La Cité du soleil couchant (La città con il sole al tramonto) sopravvive un tono misterico insieme a cavalcate ritmiche ed aperture orchestrali di vasta portata: uno scherzo pirotecnico con piano ed arpa che smaltano di riflessi luccicanti in un finale dall'effetto lucido e brillante.
La seconda parte con i Carmina Burana di Carl Orff ci offre un Urbański sempre slanciato ed in ottima forma, in completo controllo dell'orchestra che lo segue vivace. I Carmina Burana di Carl Orff fanno parte di un trittico detto i Trionfi che giustamente il compositore monachense (1895-1982) ritiene il suo capolavoro. La trilogia sul tema dell'amore composta dai sovracitati Carmina Burana, dai Catulli Carmina e dal Trionfo di Afrodite, concepiti come ludi scenici, ovvero uno spettacolo di canto, danza e teatro, hanno avuto la loro prima alla Staatsoper di Francoforte l'8 giugno 1937 e da allora non si è mai alterata la loro presa sul pubblico tutto.
Nati dai testi goliardici di clerici vagantes conservati nel Monastero di Benediktbeuern (da qui proviene il termine “burana”) nell'Alta Baviera, nel Codex Latinus 4660 o Codex Buranus del 1230, si trovano tuttora a Monaco nella Staatsbibliothek. I canti sono divisi in tre parti e sono in latino e tedesco. Il prologo, ripreso alla fine, è dedicato alla Fortuna, difatti essi sono dedicati all'amore ed ai rovesci della fortuna (Dea). Queste celebri sezioni sono: Fortuna Imperatrix Mundi, con il celeberrimo O Fortuna e Fortunae plango vulnera; il Primo Vere; Uf dem Anger ed ovviamente, data l’ubicazione dei Canti, In Taberna, con In taberna quando sumus e la ripresa di O Fortuna.
Le voci soliste sono tre e la più notabile è il soprano Maria Chiara Chizzoni, Artista dell'Accademia di Santa Cecilia che entra per ultima, calda e soave; il baritono slovacco Dalibor Jenis, con una voce particolare che sembra provenire dagli antri della taverna; il tenore solerte e poco gaudente Marco Santarelli.
I Carmina Burana si sono avvalsi di un possente Coro, come dicevamo, diretto pregevolmente dal Maestro Visco e dalla partecipazione delle Voci Bianche dei bambini. La Corte d'amore è un idillio tra due innamorati che si presenta nel canto ad evidenziare il desiderio prima introdotto dal canto del baritono: i due amanti si concedono in un metaforico abbraccio sollecitato a lungo e che porta simbolicamente Venere e la Primavera insieme al vento di Zefiro a soffiare denso e corroborante sul palco.
Fortissimi applausi per tutta l'Orchestra e per il direttore Urbański, che ha diretto anche il primo brano contemporaneo di Connesson con estrema cura e afflato, apprezzatissimo dal pubblico entusiasta per il finale ritmico e goliardico dei canti di Orff.