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Santa Cecilia. Il giovane Händel a Roma con Sardelli
Lo scorso 19 gennaio, nell'ambito della Stagione di Musica da Camera nella grande sala Santa Cecilia gremita di pubblico, l'Accademia Barocca di Santa Cecilia e il Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretti dal maestro Federico Maria Sardelli hanno offerto un concerto monografico dedicato al sommo Georg Friedrich Händel, apprezzato e lungamente applaudito dal pubblico.
Le composizioni, a parte l'iniziale concerto per organo Concerto op. 4 n. 3 appartenente al periodo londinese, sono legate al soggiorno romano del giovane Händel, un periodo sì di formazione ma affrontato dal ventiduenne con sicurezza dei propri mezzi e baldanza, lo dimostra il prodigioso Dixit Dominus che ha concluso il concerto. Il Concerto op. 4 n. 3 per organo brano scelto per aprire il concerto ricorda che Händel fu un grande virtuoso di questo strumento e del clavicembalo. Celeberrima è la sfida che lo oppose a Domenico Scarlatti suo coetaneo e finì con un sostanziale pareggio. Tutti concerti per organo furono composti per essere eseguiti negli intervalli degli Oratori, nell'Adagio introduttivo al violino accompagnato dal violoncello è affidata intona una soave melodia Händel riservò per sè un lungo ad libitum - a piacere- nel secondo e nel quarto movimento, in cui sfoggiare le sue eccelse qualità di virtuoso; Andrea Coen all'organo ne è stato un eccellente interprete.
Nel periodo trascorso a Roma Händel scrisse anche musica sacra per diverse occasioni, il Laudate Pueri aveva indicata nell'autografo, oggi perso, la data 8 luglio Roma 1707, l'ipotesi più probabile, secondo Luca Della Libera che ha svolto accurate ricerche sulla committenza musicale in occasione di particolari feste religiose, è che fu scritta ed eseguita per le Feste Carmelitane del 16 luglio. La composizione è per orchestra, coro e soprano, che nei diversi brani dialoga o con il coro o nelle arie con strumenti dell'orchestra, violini all'unisono, oboe o il basso. Al coro sono affidate pagine contrappuntistiche tecnicamente impegnative, brillanti e di grande impatto sonoro. Birgitte Christensen è dotata di un'ottima tecnica e ha una voce molto morbida che nell'aria Sit nomen Domini si è intrecciata in una melodia soave al canto dell'oboe, intonato mirabilmente da Paolo Pollastri.
Il Concerto grosso op. 3 n. 4 ha aperto la seconda parte del programma, Händel nel suo soggiorno conobbe e collaborò con Corelli, di cui ascoltò le composizioni traendone un insegnamento che poi utilizzò nelle sue opere. I sei concerti vennero pubblicati a Londra nel 1734 senza autorizzazione dell'autore, l'editore probabilmente riunì composizioni scritte precedentemente in diverse occasioni tra il 1712 e il 1722. Il concerto si apre con una ouverture "alla francese" in tre tempi, che forse apriva il secondo atto dell'opera Amadigi (1715), nell'Andante successivo rifulge il canto dell'oboe accompagnato al violoncello e degli archi del "concertino", e ancora una volta il bravo Pollastri ne ha dato una splendida interpretazione. L'Allegro è contrappuntistico e la composizione viene conclusa da una Gavotta con la coppia di oboi che dialoga con gli archi.
Sfolgorante finale con il Dixit Dominus un capolavoro di tale maestria compositiva e di potenza espressiva da restare stupefatti che l'abbia composto un ventiduenne. L'occasione per cui fu composto è controversa, fu completato nell'aprile 1707 ma rimangono molti dubbi sulle diverse ipotesi. La composizione è divisa in otto parti precedute da una introduzione orchestrale, è caratterizzata dall'intrecciarsi della fiammeggiante costruzione contrappuntistica con il Cantus firmus, dalle arie solistiche in cui sono potenti le espressioni degli affetti barocchi, dal dialogo concertante tra voci e strumenti, tutti aspetti che mettono a dura prova orchestra, solisti e coro. L'ottima direzione del maestro Federico Maria Sardelli è stata attenta a tutti i variegati aspetti timbrici, dinamici e di coesione degli interpreti non solo in questo ultimo brano ma in tutto il concerto. Per quello che riguarda il brano finale Roberta Mameli è stata a suo agio nella complessa scrittura musicale ed ha esibito un bel timbro vocale, bene anche Luca Cervoni, Birgitte Christensen e Antonio Pirozzi. L'Accademia Barocca di Santa Cecilia ha dimostrato ancora una volta di essere una risorsa preziosa che potrebbe essere impiegata in più occasioni, anche il Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia che ha dato buona prova di sé meriterebbe frequentare di più in questo arduo repertorio che richiede una assidua consuetudine. Grandi applausi al termine sono stati tributati a tutti gli interpreti.