Santa Cecilia. I multicolori stromenti di Sardelli

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Sardelli e l'Accademia Barocca di Santa Cecilia

Se una delle  peculiari caratteristiche dell'arte barocca fu quella di  creare opere che potessero stupire e sorprendere, Antonio Vivaldi (1678-1741) è un caso esemplare in ambito musicale. Nella Stagione di Musica da Camera dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, venerdì 9 maggio 2014, ne è stata offerta un'ampia e convincente dimostrazione nell'entusiasmante concerto monografico dedicato al “Prete Rosso”, in cui Federico Maria Sardelli ha diretto l’Accademia Barocca di Santa Cecilia.

Il concerto è stato dedicato all'esecuzione di alcuni dei Concerti per molti “stromenti” di Antonio Vivaldi che furono occasione di sperimentazione timbrica e orchestrale. La formazione del musicista, grazie all'insegnamento del padre polistrumentista e  insegnante all'Ospedale dei mendicanti, fu infatti polistrumentale. Se il violino fu il suo strumento di elezione era in grado, non solo di suonare gli altri archi e il clavicembalo, ma aveva una conoscenza approfondita degli altri.

Lo dimostrano non solo gli incarichi che gli furono affidati all'Ospedale della Pietà dove  istruiva le ragazze orfane, “putte”, ma anche la musica che compose, non solo per le allieve, ma anche per altre orchestre: la cappella del principe Filippo d'Assia - Darmstadt a Mantova e l'Orchestra di Dresda, tutte formazioni in cui si suonavano i più diversi strumenti. L'analisi approfondita delle partiture, inoltre, dimostra che la conoscenza degli altri strumenti non era solo teorica ma pratica.

A Venezia c'era anche una tradizione consolidata a cominciare da Adrian Willaert nel 1500 di ricerca degli effetti timbrici nell'uso dei diversi strumenti, una pratica  che fu introdotta anche all'Ospedale della Pietà nell'insegnamento alle “putte”.  Federico Maria Sardelli, che è il responsabile del Vivaldi Werkverzeichnis (RV) e nel febbraio del 1997 ha ricevuto a New York, per il suo disco Vivaldi, Concerti per molti Stromenti, la nomination ai Grammy Awards, ne ha proposto alcuni esempi particolarmente significativi.

Ha aperto il programma il Concerto in fa maggiore per violino 2 oboi, 2 corni, fagotto e archi dedicato al principe Gonzaga, che fu tra i protettori che sostennero l'attività di Vivaldi a Mantova, dove suonava la cappella del principe Filippo d'Assia – Darmstadt. Il violino, la cui parte probabilmente Vivaldi scrisse per sé, ha un ruolo preminente ma l'impiego degli altri strumenti è affascinante per gli effetti nel colore timbrico dell'insieme. La pratica orchestrale, allargata agli strumenti a fiato, legni e ottoni, non era allora ancora consolidata, Vivaldi è tra gli sperimentatori più seducenti nella ricerca di nuovi effetti che potessero dilettare e stupire gli ascoltatori. Lo dimostra l'uso innovativo dei corni in funzione Harmoniemusik nel tempo grave di questo concerto.

La Sinfonia in si bemolle maggiore RV 162 composta per soli archi è stata eseguita con il raddoppio dei violini con gli oboi e del basso con il fagotto, in questa versione fu eseguita dall'Orchestra di Dresda, allora la migliore d'Europa. Il rapporto di Vivaldi con questa orchestra iniziò quando il principe elettore di Sassonia arrivò a Venezia nel 1716 per ingaggiare virtuosi per il suo teatro d'opera e comprare nuova musica per arricchire il repertorio dell'orchestra; nell'occasione lo accompagnarono il violinista Pisendel, l'oboista Richter e l'organista Petzold, per quello che si potrebbe definire un viaggio di aggiornamento. Pisendel  divenne allievo di Vivaldi, ne trascisse molte partiture per Dresda e divenne il tramite tra il maestro e l'orchestra per l'invio di nuova musica per l'orchestra.

L'Orchestra di Dresda, come molte altre orchestre tedesche nel suo organico prevedeva l'impiego di molti strumenti a fiato; il raddoppio dei violini e del basso era una pratica, usata, anche se in misura minore, dai musicisti italiani. Questa  versione di Dresda fu sicuramente, tramite Pisendel, conosciuta e approvata da Vivaldi che fu spronato a esercitare il suo talento creativo per scrivere per molti stromenti. Lo dimostra il Concerto RV 577  in sol minore “per l’Orchestra di Dresda” in cui sono previsti oltre agli archi flauti dolci, oboi, fagotto e naturalmente violino solista. Conoscendo, grazie a Pisendel, le caratteristiche di questa orchestra Vivaldi scrisse temi vigorosi pervasi da un ritmo incalzante in cui al violino e all'oboe sono affidate parti di rilievo e impegnative.

Non si può trascurare, inoltre, associata alla ricerca timbrica, la mirabile capacità creativa del Prete Rosso nell'inventare melodie e ritmi, peculiarità che rendono la sua musica così seducente e sorprendente in tutte le sue o composizioni. La seconda parte è stata aperta dal Concerto RV 535 per due oboi e archi in re minore nel solco della tradizione veneziana in quattro movimenti, derivati dalle sonate da chiesa, e non nei tre movimenti in cui sono composti generalmente i concerti di Vivaldi, che  poi diventarono usuali per questo tipo di composizioni.  È un brano caratterizzato dal fascinoso dialogo tra i due strumenti tra loro e con l'orchestra messo piena in luce dalla bravura Paolo Pollastri, anche concertatore dell'Accademia Barocca e Simone  Bensi.

Il successivo Concerto RV 425 per mandolino e archi in do maggiore ha visto protagonista il bravo Simone Vallerotonda, che nei precedenti brani era stato impegnato nel basso continuo, con la tiorba e con la chitarra. In questo concerto il mandolino è accompagnato, soprattutto dai pizzicato degli archi, un procedimento che esalta le caratteristiche dello strumento, ed è impiegato anche nell'oratorio Juditha Triumphans, a fini drammatici per indicare la caducità della vita.

Conclusione brillante e trascinante con il Concerto in re maggiore RV 562a oltre al violino principale, che sempre ha una parte di rilievo, sono presenti due trii: due oboi e fagotto e l'insolito, per allora, due corni e timpani. La contrapposizione timbrica è grandiosa e il contrasto multicolore dei timbri di grande fascino.  Un concerto seducente e coinvolgente a cui il pubblico entusiasta ha tributato  lunghi e scroscianti applausi.

Le  ragioni del vivo successo sono da ascriversi alla scelta del programma del maestro Sardelli e dalla sua sempre magistrale direzione che è stata pienamente assecondata dalla bravura dell'Accademia Barocca di Santa Cecilia, ricordiamo tra loro: il primo violino Paolo Piomboni impegnato nell'ardua scrittura vivaldiana e Paolo Pollastri che sa trarre dal suo oboe un suono morbido e seducente. L'ultimo movimento è stato bissato dopo il primo bis: il primo movimento della sinfonia dell'opera Bajazet in cui si dispiega il genio vivaldiano nella creazione di effetti timbrici con molti stromenti, non sono usati i timpani ma subentrano due flauti dolci.

Pubblicato in: 
GN26 Anno VI 15 maggio 2014
Scheda
Titolo completo: 

Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Stagione di Musica da Camera
Auditorium Parco della Musica - Sala Sinopoli
Venerdì 9 maggio 2014 ore 20,30
Accademia Barocca di Santa Cecilia
Federico Maria Sardelli direttore
Paolo Piomboni violino
Paolo Pollastri e Simone Bensi oboi
Simone Vallerotonda  mandolino
 
Paolo Piomboni, Cristina Puca, William E.Chiquito Henao, Soyeon Kim violini primi
Marlène Prodigo, Lavinia Morelli, Kaoru Kanda, Ylenia Montaruli violini secondi
Sara Simoncini, Stefano Trevisan viole
Carlo Onori, Francesco Di Donna  violoncelli
Anita Mazzantini violone
Maria De Martini, Ludovica Scoppola flauti dolci
Paolo Pollastri, Simone Bensi oboi
Marco Venturi, Claudia Quondam Angelo corni
Antonio Catone timpani
Francesco Bossone fagotto
Simone Vallerotonda  tiorba
Andrea Coen  clavicembalo
 
Vivaldi           Concerto RV 574
Sinfonia RV 162
Concerto RV 577  “per l’Orchestra di Dresda”
Concerto RV 535
Concerto RV 425
Concerto RV 562