Santa Cecilia. I toni elegiaci di Eötvös e della Sesta di Mahler

Articolo di: 
Teo Orlando
Antonio Pappano

L'Auditorium Parco della Musica di Roma ha visto, nelle giornate del 12, 14 e 16 ottobre del 2017, un eccezionale concerto a cura del direttore musicale dell'Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Antonio Pappano. In programma la pièce sinfonica per orchestra Alle vittime senza nome del compositore transilvano Peter Eötvös, e la monumentale Sinfonia n. 6 in la minore "Tragica" di Gustav Mahler.

Il brano di Eötvös è nato su commissione di ben quattro orchestre sinfoniche italiane (oltre a Santa Cecilia, l'Orchestra Nazionale della RAI, l'Orchestra Sinfonica del Maggio Musicale Fiorentino e la Filarmonica della Scala), affinché il compositore affrontasse il tema drammatico del continuo esodo, su imbarcazioni di fortuna, di migliaia di migranti africani, siriani e del sud-est asiatico, protesi verso un futuro sperabilmente migliore. Il brano si sforza di sottolineare il contrasto tra le speranze e le aspettative di uomini alla ricerca di una dignità a loro negata e l'angoscia derivante dalla prospettiva di perire tra i flutti, diventando "vittime senza nome", come recita il titolo del brano. È un vero "Requiem per i migranti", articolato in tre parti, separate da altrettanti lunghi momenti di silenzio e concluse da diverse melodie suonate da differenti strumenti solisti, per simboleggiare, nelle stesse parole del compositore, "gli occhi disperati delle singole persone che ho visto nelle immagini".

La prima parte comincia con un breve assolo di violino e si dipana attraverso vari momenti dissonanti, finché il violino non ritorna a concluderla, preceduto però da cupe melodie del sax contralto e del fagotto. La seconda parte sono invece protagonisti il trombone e la viola, che la sigilla in modo tanto lieve quanto lancinante. Infine, la terza e più lunga parte vede in primo piano tre strumenti, il clarinetto, il flauto e il violino, finché il mesto risuonare del corno non conclude definitivamente la pièce. L'orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia interpreta il brano con il giusto pathos, sottolineando la progressiva rarefazione delle tessiture timbriche e la drammatizzazione espressa dai continui mutamenti di ritmo e di metro. Un brano a suo modo affascinante, benché risenta un po' del fatto di essere una composizione "di circostanza":

Dopo l'intervallo, il direttore Antonio Pappano risale sul podio per condurre l'esecuzione di una delle più celebri composizioni di Gustav Mahler, la Sesta sinfonia, detta “Tragica”, di cui Alban Berg ebbe a dire che si trattava «dell’unica Sesta, nonostante la “Pastorale"». Era dal 2011 che Pappano non dirigeva questo capolavoro a Roma, benché esso sia stato nel programma di Santa Cecilia nel 2014, sotto la direzione di Vladimir Jurowski.

La sinfonia venne composta tra il 1903 e il 1905, mentre l’Europa era percorsa dai prodromi inquietanti della Prima Guerra Mondiale, Albert Einstein formulava in un celebre articolo la teoria della relatività ristretta, la logica e la matematica conoscevano un grandissimo sviluppo che però poi culminerà nela crisi dei fondamenti e Sigmund Freud approfondiva i fondamenti teorici e clinici del concetto di inconscio. La première si ebbe insolitamente in una città industriale, Essen, situata nel cuore della zona della Ruhr, il 27 maggio del 1906, sotto la direzione dello stesso compositore.

La denominazione “tragica” conferita alla sinfonia, pur essendo stato foggiata dallo stesso Mahler (come ci ricorda il direttore Bruno Walter nelle sue memorie), non fa parte del titolo “ufficiale” che lo stesso compositore le aveva assegnato, forse per evitare il rischio che la si fraintendesse come musica a programma.

Potremmo piuttosto dire che il carattere “tragico” di questa sinfonia non si riferisce tanto alla tematica, ma all’espressione dell’hegeliana “immane potenza del negativo”, che ha fatto dire a Theodor W. Adorno: “È esso stesso espressione del nesso di immanenza in cui culminò la composizione di Mahler […]. Nel grande finale della Sesta si sente il rumoreggiare della vita, non per essere sorpresa dall'esterno con colpi di martello ma per crollare su sé stessa: l'élan vital si rivela essere malattia mortale”.

Del resto, come ha argomentato Quirino Principe nella sua monumentale monografia mahleriana (Mahler. La musica tra Eros e Thanatos, Bompiani, 2002): "S’intravede una catena di corrispondenti figure in sequenza, come gli arcani di un mazzo di carte o le stazioni di una via crucis mahleriana […]. Attraverso questi arcani o stazioni, Mahler sembra finalmente identificarsi senza ataviche insufficienze nella tradizione musicale europea intesa come collettiva dichiarazione di angosce e di sconfitte".

Il primo movimento (Allegro energico, ma non troppo) comincia imperioso, quasi ex abrupto: sembra che Pappano, seguito con assoluta fedeltà interpretativa dall’orchestra sempre più a suo agio con Mahler, non voglia minimamente indugiare nella linea esecutiva, conducendo il pubblico immediatamente all'interno dell'epos fortissimo dell’impetuoso e monumentale movimento di marcia.

Il motivo fondamentale consiste in una triade in la maggiore che trapassa in la minore attraverso un uso molto accorto del ritmo percussivo scandito dai timpani e dagli accordi suonati da trombe e oboi. Questo motivo, che con una certa approssimazione semplificante è stato accostato al presentarsi del destino (come si diceva anche dell'incipit della Quinta sinfonia di Ludvig van Beethoven), riappare comunque nei successivi movimenti, ma nel primo si correla ad una melodia che si libra nell’aria in modo etereo, nascendo da una sorta di corale intonato dagli archi sia in modalità convenzionale, sia in pizzicato. Si tratta del cosiddetto tema di Alma, il nome della moglie di Mahler, da lei stessa ritenuto rappresentativo della sua personalità: non possiamo che ammirare un grande afflato lirico, mirabilmente fatto proprio dagli orchestrali, quasi protesi a dialogare con il pubblico in una sorta di corrispondenza di respiri. Il movimento, nella sua complessità, è paradigmatico della forma-sonata, con esposizione (dove domina il tema di marcia), sviluppo (quasi un’oasi di contemplazione mistica), e ripresa (dove il tema di Alma viene nuovamente a essere dominante, ma con una serie di variazioni che gli conferiscono un carattere insieme tragico ed esaltante).

Nel secondo movimento (Scherzo – Wuchtig), scandito da un incedere di marcia più disteso e meno tumultuoso, si ripresenta la stessa tonalità in la minore con fiati e archi che compongono a tratti un’atmosfera trapassante repentinamente dall’elegiaco al maestoso, grazie anche ai trilli di violino che dissipano il turgore dei pieni orchestrali. L’orchestra riesce mirabilmente a riprodurre la tavolozza policroma dell’orchestrazione mahleriana, dalle combinazioni possenti, ma spesso paradossali, di forte e piano, fino all’uso delle nacchere, elegante e accorto nella sua apparente banalità. Per Adorno, lo scherzo della Sesta si richiama a quello della Quinta sinfonia, ma in modo contrastante: in quest'ultima l’unità sinfonica viene ricercata nell’allineamento di una serie di danze, mentre qui, in un’altalenante ascesa e discesa di ritmi e armonie, si cerca di ricavare, quasi per distillazione, da un minimum di materiali un maximum di caratteri musicali variegatissimi. Nel cosiddetto trio, ossia nella sezione centrale, si avverte un ritmo irregolare, che Mahler aveva etichettato come “fuori moda” o meglio in "stile antico" (altväterisch). Tutto il tessuto sonoro è caratterizzato da un intenso lirismo, grazie anche all’uso della celesta e agli echi barocchi che promanano dagli archi.

Nel terzo movimento, un Andante moderato in mi bemolle maggiore eseguito con sfumature molto tenui e che privilegia ancora gli archi, l’orchestrazione sembra affluire incessante da un’introduzione con un fraseggio in dieci battute, che evoca il pathos di un’elegia, quasi sussurrata. Il secondo tema viene esposto dal corno inglese, che conferisce alla melodia un andamento quasi pastorale, ma con accenti più ruvidi e meno crepuscolari. Di incredibile efficacia risultano poi le due arpe, che riescono a interrompere l’atmosfera drammatica che si riverbera dal Primo tempo e si effondono in un delicato lavoro di cesello che a tratti sembra rievocare lo struggente Adagietto della Quinta Sinfonia.

Con il maestoso e lunghissimo Finale (Sostenuto - Allegro moderato - Allegro energico), veniamo proiettati in una dimensione quasi filosofica. Si tratta di uno dei più lunghi pezzi strumentali mai scritti da Mahler (insieme al primo movimento della Terza sinfonia), in cui l’espansione epica è padrona di sé nella maniera più vigorosa possibile. Tuttavia, si può dire che in questo finale sia all’opera una sorta di tendenza incoativa (che esprime il principio di una cosa o di un'azione): come nella coeva fenomenologia di Edmund Husserl, assistiamo al tentativo, sempre cominciato ma mai concluso, di descrivere la struttura della realtà. In tal senso, questo brano è veramente il centro di tutta l’opera di Mahler. Un respiro inesausto, magico e perturbante (unheimlich) contraddistingue l’entrata dei tromboni che suggeriscono una profondità tenebrosa, poi regolata dall’intervento delle trombe, mentre gli ottavini e i clarinetti si limitano a disegnare paesaggi inquietanti. Gli archi apportano dal canto loro il maggior carico di disagio, intervallato da un brano di intersezione che attenua i toni riattingendo i tratti più connotati dal lirismo. Si librano in slanci vertiginosi, contrappuntati da armonie quasi grottesche del basso tuba e da quasi vagiti del corno e di altri strumenti a fiato.

Su queste linee sonore si staglia il motivo fatale della sinfonia, nel quale l’accordo in la maggiore delle trombe si tramuta in minore accompagnato dai cupi rintocchi del timpano. Di nuovo, nella parte conclusiva i temi ed i suoni si accavallano fino a formare un magma vulcanico che esonda tumultuante, quasi il ritorno in un antro dove cataste di libri e di formule acclamano spiriti provenienti da un mondo totalmente altro. Interviene a un certo punto uno dei primi violini che abbozza una melodia quasi solista. E Adorno commenta: “la musica del Mahler maturo conosce la gioia soltanto come qualcosa di revocabile, come nell’episodio sfuggente del violino solo nella ripresa del Finale della Sesta sinfonia”. Il movimento è suggellato dai famosi tre colpi di martello (poi ridotti a due), dalla moglie identificati con tre episodi tragici della vita del compositore (la morte della figlia maggiore, la diagnosi di una malattia cardiaca che gli si rivelerà fatale e le dimissioni dall’Opera di Vienna).

In conclusione, si potrebbe affermare con il filosofo Ernst Bloch che la Sesta Sinfonia di Mahler esprime “La musica della Sehnsucht, priva di sdolcinato sentimentalismo”. Per il filosofo dell’utopia (che vede nella musica del compositore boemo la prefigurazione di un’altra società), “la musica di Mahler si forma mentre viene eseguita; poi qualcosa viene ripreso e portato sino alla fine, ma ancora una volta questa fine non è una fine. Ciò che finora non c’era ancora tende a un che di futuro, ad un Novum, ad una musica ricca di un’interiorità sconosciuta e non filistea, ad un inno senza alcun fondamento ed oggetto, ma che saluta una realtà nata or ora…Qualcosa irrompe e porta la pienezza di ciò che era nell'oscurità. E l'oscurità stessa diventa luce. Ma l'oscurità nella luce resta oscura, non è tenebra ma silenzio, ‘silenzio che risuona’, che parla da questa musica senza sentimentalismo e con grande sbigottimento”. 

Pubblicato in: 
GN49 Anno IX 20 ottobre 2017
Scheda
Titolo completo: 

Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia - Roma

Auditorium Parco della Musica Sala Santa Cecilia

16 ottobre 2017

Direttore Antonio Pappano

Peter Eötvös: Alle vittime senza nome - per orchestra
Prima esecuzione romana - Commissione di: Filarmonica della Scala, Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino.

Gustav Mahler: Sinfonia n. 6 in La minore “Tragica” (1905)

1. Allegro energico, ma non troppo. Heftig, aber markig (Violento, ma scandito).

2. Scherzo. Wuchtig (Pesante)

3. Andante moderato

4. Finale: Sostenuto - Allegro moderato - Allegro energico

Voto: 
9.5