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Santa Cecilia. La visione dell’Apokàlypsis secondo Marcello Panni
L'Oratorio, un genere antico nato nella Roma del ‘600, è stata la forma musicale scelta da Marcello Panni per esplorare l'Apocalisse, l'ultimo dei libri sacri, il più denso di simboli, di visioni. L'esecuzione romana del 14 maggio scorso è giunta dopo la prima rappresentazione a Spoleto per il Festival nel 2009 e le recenti esecuzioni nel Duomo di Monza e nella chiesa di San Marco a Milano.
È lo stesso compositore e librettista, Marcello Panni, a spiegare la genesi della composizione nel programma del concerto. Non tutto il testo dell’Apocalisse è stato messo in musica in quanto la scelta dei versetti è stata fatta secondo le indicazioni di S.E. Card. Gianfranco Ravasi, uno dei più importanti studiosi dell’Apocalisse di Giovanni. Panni spiega nel programma che le due voci recitanti recitano i versetti in italiano, alternandosi o sovrapponendosi all'orchestra e al coro, che canta la versione in latino e in alcuni punti anche in francese, inglese spagnolo, tedesco e nel finale anche in greco, lingua in cui si presume che si sia diffusa l'Apocalisse nei primi secoli del Cristianesimo. Il compositore sottolinea come il testo sia pervaso dalla musica: i cori degli angeli, le sette trombe, le arpe e i rumori della natura. Il numero sette che ricorre nel testo è anche alla base della musica, sette sono i quadri che insieme al prologo e all'epilogo formano il nove, tre volte tre, il numero della Trinità.
Panni ha affermato di richiamarsi nelle armonie e nelle melodie ad una sacralità primitiva, sciamanica, una ritualità arcaica senza tempo in cui confluiscono elementi del folklore e di essersi ispirato alle tappezzerie medioevali di Angers che vengono esposte nelle cerimonie solenni che si svolgono nella Cattedrale. Il compositore scrive di avere usato come temi principali alcune melodie sciamaniche aborigene in forme che evocano le polifonie medioevali utilizzando una armonia dissonante. Il sette ricorre anche nei suoi multipli, nel numero degli strumenti trentacinque, trentuno sono quelli della Banda dell’Esercito più quattro percussionisti, aspetto confermato nel coro, i Ventiquattro Anziani e i Quattro Viventi, Aquila, Bue, Uomo, Leone quindi in tutto ventotto, a cui si aggiunge il coro degli angeli, le voci bianche.
Preziosi sono stati gli interventi, all’inizio di ognuna delle due parti dell’Oratorio eseguite senza intervallo, da parte del Cardinal Ravasi, che ha spiegato che le sue allocuzioni si pongono come quelle che intercalavano l’esecuzione degli antichi oratori a commento e interpretazione dei testi. Ha affermato che Apokàlypsis significa Rivelazione, il Giovanni che la scrisse a Patmos non è l’evangelista e si ritiene che l’opera sia stata scritta durante la persecuzione dell’imperatore Domiziano, quindi circa nel 90 d.C. Il numero sette, che è simbolo di pienezza, di perfezione, ricorre nel testo: sette le Chiese dell’Anatolia a cui indirizza le lettere, sette i Sigilli che chiudono il rotolo, sette le Coppe del male versate sulla Terra. Ha inoltre spiegato il significato dei vari simboli che ricorrono l’Agnello, il Drago, la Bestia,La Sposa Celeste, Babilonia, la Gerusalemme celeste e come dopo la descrizione dei mali che affliggono l’uomo arrivi il messaggio della speranza.
All’ascolto l’Oratorio evoca una liturgia arcaica, sconvolgente e coinvolgente, l’affascinante tavolozza sonora, i ritmi incalzanti e la sempre varia dinamica della musica e del canto sottolineano il testo con il contributo delle voci recitanti, Sonia Bergamasco, come La Sposa Celeste, e, come Giovanni, Elio De Capitani, di cui ricordiamo l’intensità della recitazione. La Banda Musicale dell’Esercito Italiano preparata dal suo direttore Cap. Antonella Bona e il Coro e le Voci Bianche dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretti da Ciro Visco hanno dato un contributo decisivo per la riuscita dell’esecuzione. Marcello Panni, che ha diretto la sua composizione, ha confermato la consueta felice creatività con questa partitura densa di profonda spiritualità. Calorosi e intensi applausi hanno salutato tutti gli interpreti al termine dell’esecuzione.