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Santa Cecilia. Vivaldi tra sacro e profano
Nella Stagione di Musica da Camera dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia mercoledì 11 aprile scorso si è svolto un concerto interamente dedicato ad Antonio Vivaldi, protagonista l’Accademia Barocca di Santa Cecilia diretta da Federico Maria Sardelli, un evento arricchito dalla presenza di Ann Hallenberg.
Se una delle peculiarità dell'arte barocca fu quella di creare opere che potessero stupire e sorprendere, Antonio Vivaldi (1678-1741) è un caso esemplare in ambito musicale. I brani ascoltati sono la testimonianza di una continua sperimentazione timbrica e orchestrale. La formazione del musicista, grazie all'insegnamento del padre polistrumentista e insegnante all'Ospedale dei mendicanti, fu infatti polistrumentale. Se il violino fu il suo strumento di elezione era in grado, non solo di suonare gli altri archi e il clavicembalo, ma aveva una conoscenza approfondita degli altri.
L'analisi approfondita delle partiture, inoltre, dimostra che la conoscenza degli altri strumenti non era solo teorica ma pratica. Lo dimostrano gli incarichi che gli furono affidati all'Ospedale della Pietà dove istruiva le ragazze orfane, “le putte” che gli permisero di disporre di un organico strumentale e vocale di alto livello per l'esecuzione delle sue composizioni. Questo aspetto è stato evidente sia nei brani esclusivamente strumentali che nelle composizioni sacre, ha aperto il programma il Concerto RV 781 per 2 oboi e archi, che è anche sinfonia dall'Orlando furioso, ha fatto da ouverture ai brani successivi. L'uso di due oboi nel primo e nel terzo movimento ha fatto pensare che fosse originariamente per due trombe e così viene spesso eseguito.
Il Concerto RV 554 per violino, oboe, organo, archi e basso continuo è un esempio emblematico della sperimentazione timbrica con associazione insolite di strumenti. Il primo movimento è il più intrigante, perché i tre strumenti si misurano tra loro in fioriti virtuosismi, producendosi in una seducente e insolita competizione sonora. Paolo Pollastri è stato un ottimo interprete di entrambi brani per la sicurezza nei virtuosismi e il suono morbido che trae dall'oboe, in armonioso accordo con il bravo Simone Benzi, l'altro oboista nel primo concerto. Il bravo Andrea Coen all'organo, è stato uno dei tre protagonisti di questa insolita gara strumentale mentre per le altre composizioni è stato il punto di forza del basso continuo.
La Sonata a 3 RV 820 per violino, violoncello e basso continuo è stata una delle sorprese della serata, non prevista nel programma originale è una recente scoperta del maestro Sardelli è stata rinvenuta nella collezione della Hofkapelle di Dresda ora alla Sächsische Landesbibliothek. Sardelli spiegando l'attribuzione ritiene che sia stata scritta tre il 1700 e 1703, da un giovane Vivaldi quando era allievo di Giuseppe Torelli ( 1658 – 1709). Sardelli rileva, nella prefazione all'edizione critica riportata nel programma di sala, che: ”La struttura della Sonata è composita, di impronta tardo-seicentesca con un'affollata successione di movimenti. Ciò che colpisce di più da un punto di vista formale è la presenza di due “microsonate” per violino solo e per violoncello solo all'interno della macrostruttura ( il terzo e il quarto movimento sono di fatto per violino e basso, il quinto e il sesto per violoncello e basso). Si tratta dunque di una grande Sonata che ingloba al proprio interno due piccole sonate solistiche.
[...]Tanto nei brani a solo, quanto nelle parti a tre, il violino e il violoncello ostentano una scrittura brillante e vivace; nei movimenti a tre parti il violoncello ricopre un ruolo pressoché paritetico a quello del violino. Accanto alla ingenuità compositive, alcuni tratti vivaldiani già maturi emergono nella freschezza inventiva del quarto, sesto e settimo movimento, con quella chiarezza di eloquio e incisività melodica che costituiranno l'elemento distintivo del suo futuro linguaggio. Eccoci quindi di fronte a un Vivaldi prima di Vivaldi, l'esempio forse più antico che possediamo del suo lavoro.”
La parte sacra è stata aperta dallo Stabat Mater RV 621 per contralto archi e basso continuo, una composizione basata sulla celeberrima sequenza attribuita a Jacopone da Todi (1230 circa-1306) di cui il musicista mise in musica solo dieci stanze. Questo aspetto ha fatto nascere il dubbio che manchi una parte ma la compattezza della composizione smentirebbe l'ipotesi. A ciò si aggiunge che utilizzare dieci stanze invece che venti era indicato quando lo Stabat Mater era intonato come inno dei Vespri nella ricorrenza dei Sette Dolori della Beata Vergine Maria (il 15 settembre e il venerdì precedente il Venerdì Santo). La composizione cupa e drammatica con tempi tra Adagissimo e Andante ha una forma molto affine a quella della cantata solistica. 'O quam tristis' e 'Pro peccatis suae gentis' sono in tempo Andante e sono parti virtuosistiche ma in cui domina sempre il carattere di intensa e coinvolgente commozione.
Il Vestro Principi Divino RV 633 mottetto per contralto, archi e basso continuo fu scritto tra 1713 e il 1719 probabilmente per l'Ospitale della Pietà, e anche questa composizione ha il carattere di una cantata solistica. Il Salve Regina RV 616 è un'antifona che era cantata dopo la Compieta (l'ora che viene dopo i vespri) o i Vespri. Nell'esecuzione l'orchestra ha una divisione, che segue la tradizione polifonica veneziana dei 'cori battenti', una antica e affascinante distribuzione del suono nello spazio, a cui si aggiungono l'uso dei due flauti dritti e del flauto traverso solista che accompagna Ad te suspiramus. Ann Hallemberg ha una bella voce di mezzo soprano calda e vellutata, è un'interprete intelligente e sensibile e ha una grande padronanza tecnica che le consente di affrontare elegantemente tutti i virtuosismi, ma soprattutto nello Stabat Mater nelle note gravi della tessitura di contralto non è stata a suo agio .
Sardelli e l'Accademia Barocca di Santa Cecilia, come in altre occasioni hanno fornito una valida ed efficace interpretazione, nonostante nell'esecuzione ci siano state alcune sfasature e imprecisioni. Gli scroscianti applausi finali hanno indotto a concedere due bis, il secondo la conclusione del Salve Regina, O clemens o pia con i due flauti dritti, un aria di soave intensità. Il primo bis è stata una graditissima sorpresa impreziosita dall'interpretazione di Ann Hallemberg, che ha dimostrato di possedere interamente le qualità richieste dal brano. Dall'oratorio Juditha triumphans ha cantato l'aria 'Transit aetas', un brano di straordinaria fattura in cui il mandolino e il pizzicato dei violini evocano l'inevitabile scorrere del tempo e la fragilità della vita umana. Ricordiamo anche il bravo Simone Vallerotonda che ha suonato nel basso continuo la tiorba e anche la chitarra barocca, nella sonata a tre, e infine il mandolino.