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Scelsi ed il flauto nell'au-delà del Suono. Intervista a Claudia Giottoli
L'etichetta Brilliant, di concerto con la Fondazione Isabella Scelsi, ha scelto di pubblicare, soprattutto grazie all'inedito talento e tenacia nella ricerca, nello studio, nell'attenta esecuzione, di Claudia Giottoli, flautista di estrema eccellenza e peculiarità, che insegna al Conservatorio Morlacchi di Perugia, un CD tutto dedicato alla musica che Giacinto Scelsi ha scritto per flauto. Per chiarire ed approfondire la relazione che ha tenuto il Maestro con questo strumento tanto amato e portato alla sua massima espressione da Severino Gazzelloni, abbiamo intervistato Claudia Giottoli.
Partiamo da un assunto: per Scelsi scrivere sul pentagramma era soprattutto immaginare una nuova resa di un suono che potesse prima di tutto esplicitare l'au-delà, come intuiamo dalla citazione da Il sogno 101 (recensito appena uscito tempo fa) a coda della presentazione di Claudia Giottoli e che riportiamo volentieri: ”Il Suono è la Mistica nella sua assoluta purezza”.
1. In riferimento anche ad Hyxos, il primo brano, le chiediamo: cosa vuol dire per lei, flautista, musicista, studiosa, affrontare il lavoro di Giacinto Scelsi, ed in particolare quello scritto per uno strumento così sinuoso nel suo profilo acustico?
Innanzitutto la ringrazio della possibilità di parlare di questo lavoro, che mi ha coinvolto sotto diversi aspetti e che mi ha dato la possibilità di fare mio quel “viaggio al centro del suono” che ha caratterizzato la ricerca di Scelsi e che credo debba essere intrapreso anche dai suoi interpreti. La metafora del viaggio si sposa in Hyxos all’idea dell’eterno ritorno: il terzo movimento di quest’opera, quanto a profilo melodico, non è che il retrogrado del primo. Questa scelta compositiva presuppone un’idea di circolarità di tempo e di spazio, per cui il punto di arrivo coincide con il punto d’inizio ma viene rivissuto in maniera nuova, come è sottolineato dall’uso più articolato delle percussioni. La linearità degli eventi viene sospesa, per lasciare spazio a una dimensione temporale del viaggio sonoro meno scontata, quella della profondità, intesa come ricerca insieme sonora e interiore. La narrazione contenuta in Hyxos si snoda in un modo che mi ricorda un concetto espresso da Cristina Campo. La scrittrice, a proposito del cammino nella fiaba – altra dimensione, come il “sogno” scelsiano, che evade dal reale – spiega che “la linea è retta all’apparenza. Alla fine quella linea si svelerà un labirinto, un cerchio perfetto, una spirale, una stella – o addirittura un punto immobile dal quale l’anima non partì mai”. Non altrimenti José Saramago: “Bisogna camminare a lungo per raggiungere quello che sta vicino”.
3. La questione di Tetratkys, composizione rinvenuta nell'archivio della Fondazione Scelsi nel 2007, dedicata a Severino Gazzelloni che ne ha eseguito il II movimento, Pwyll (1954) – ritrovata la registrazione del 1959 presso la RAI solo nel 2005 - affrontata anche dal Maestro Fabbriciani nel volume 6 dedicato a Scelsi da Stradivarius (2015) che abbiamo recensito, Lei è riuscita a dirimerla attraverso una diversa modalità, come esemplifica nel libretto di supporto al CD: può darci però dei lumi ulteriori sulla “ricostruzione” e la corrispondenza con la Suite che precede?
Lo studio di Tetratkys mi ha particolarmente appassionato, perché mi ha permesso di unire due piani di ricerca. Il primo tipo di lavoro, che doveva appagare un bisogno di conoscenza e d’indagine sistematica, è consistito in una serie di visite all’archivio della Fondazione Scelsi, per condurre una ricerca sul materiale relativo alla produzione per flauto (da nominare, tra i vari studi, l’imprescindibile articolo su Tetratkys di Anna Maria Morini pubblicato nella rivista della Fondazione “i suoni, le ombre…”) ricerca in cui mi ha guidato con molta disponibilità il Direttore Scientifico Alessandra Carlotta Pellegrini. Di particolare interesse è stato l’ascolto dei nastri relativi alle improvvisazioni di Scelsi, seguito spesso da approfondite conversazioni con la musicologa Susanna Pasticci, esperta di musica contemporanea.
La mia personale ricerca sui nastri conservati nell'archivio della Fondazione Scelsi mi ha permesso anche di scoprire la versione integrale delle improvvisazioni di Scelsi che hanno dato origine ai quattro movimenti di Tetratkys, che non erano stati ancora identificati. Prima delle mie ricerche, erano stati identificati solo il nastro di Pwyll (che corrisponde quasi integralmente al secondo movimento di Tetratkys) e una versione di Tetratkys a velocità dimezzata, che immagino sia stata realizzata da Scelsi per agevolare il lavoro di trascrizione che normalmente il compositore affidava a un collaboratore di fiducia, all’epoca Vieri Tosatti. L’ascolto di queste improvvisazioni di Scelsi, a tratti vorticose, a tratti calme e liriche, eseguite su uno strumento come l’ondiola capace di tenere i suoni variandone la dinamica, di produrre un effetto di vibrato e di differenziare chiaramente le articolazioni, mi ha fornito un’indicazione interpretativa di grande espressività, di pathos ispirato, spingendomi a sottolineare quella caratteristica di sinuosità ed estrema variabilità nel profilo acustico dello strumento che lei ricordava poc’anzi. Per Scelsi il suono è prima di tutto vibrazione, perché si connette alla vibrazione dell’universo e quindi, a mio vedere, richiede un suono continuamente cangiante, mobile. Questa suggestione proveniente dal lavoro di ricerca mi ha permesso, nella fase interpretativa del mio lavoro, di capire in quale direzione liberare la mia personale sensibilità musicale.
Mi ha molto interessato anche l’uso che Scelsi fa dello stesso materiale, adattandolo a diverse vesti strumentali: il III movimento di Tetratkys, infatti, coincide in gran parte con il III movimento della Suite per flauto e clarinetto. E’ una modalità ricorrente di Scelsi quella di trattare il duo come se fosse uno strumento solo, approfittando della presenza di due diverse fonti sonore per dare origine a una nuova entità timbrica, o viceversa quella di amplificare un’idea monodica utilizzando una compagine di maggior profondità sonora. Questo procedimento fa parte delle sue molteplici sperimentazioni sul suono: la linea melodica rimane in entrambi i casi ben delineata, tanto da mantenere intatto il suo profilo nelle due versioni.
4. Nel pezzo Rucke di Guck, Scelsi intende imitare i suoni delle tortore con flauto ed oboe che si rispondono l'un l'altro: il riferimento è fiabesco alla Cenerentola di Andersen; diversi sono i lavori di Scelsi che indagano l'onomatopeia come (ri)produzione di musica: in che modo possono afferire o inferire un differente linguaggio che traduca il trascendente oppure dei suoni altrimenti inesprimibili per l'uomo?
Uno degli aspetti più noti della figura di Scelsi è il fatto che egli si rappresenti come un intermediario, addirittura un postino, un tramite tra il mondo spirituale dei Deva, le divinità vediche che egli considera donatrici del suono, e il mondo umano, troppo sordo alle potenzialità spirituali della musica e intento a erigere costruzioni sonore che egli vede come monumenti all’orgoglio personale del compositore. “Lascia pensare coloro che hanno bisogno di pensare”, recita uno dei pensieri raccolti nel suo “Octologo”. Per Scelsi, che non intende comporre con i suoni ma svelare le molteplici vibrazioni insite nel suono – concepito come una "bolla” strapiena di eventi – il richiamo ad un elemento come il verso delle tortore può rappresentare sia il ricorso al concetto di un suono puro, non inquinato dal pensiero razionalistico, sia la possibilità di utilizzare un materiale di partenza ideale per la sua indagine sul suono. Il verso delle tortore, infatti, è costituito da un materiale minimo, ben individuabile dal punto di vista del timbro e delle altezze, chiaramente definito dalla sua essenza ripetitiva. E’ quanto basta per dare avvio a uno dei brani più vorticosi e acusticamente caratterizzati di Scelsi. Credo che l’insistenza sul registro acuto degli strumenti, accompagnata dall’uso di ritmi variamente incalzanti, abbia il fine di squarciare i confini di una dimensione convenzionale di ascolto, per liberare la percezione e aprirle nuove possibilità. Scelsi affida a una poesia scritta su una busta un concetto simile:
le point fixe
engendrè
por la rotation
est au centre
de la sphére
de manière à former
par extréme intensité
l’extase
libératrice
5.In che modo il brano Ko-Lho, con un riferimento duale a due lettere dell'alfabeto sanscrito, potrebbe connettersi, sia musicalmente, sia concettualmente, al brano più tardo dedicato a Carine Levine, flautista, dal titolo Krishna e Radha (1986) che chiude il CD?
I due brani che lei ricorda sono, a mio avviso, due interpretazioni diverse della possibilità di relazione tra due principi individuali.
In Ko-Lho le due personalità strumentali, il flauto e il clarinetto, tendono ad annullare la loro identità specifica, per originare una sorta di creatura timbrica ibrida. I due strumenti, infatti, sembrano non volersi svelare nel loro tradizionale idioma sonoro, ma sono continuamente alterati nella loro fisionomia, sia con operazioni sul singolo timbro (tremoli su microtoni, variazioni quartitonali di altezze, frullati, vibrati particolari) sia nel modo in cui vengono ad interagire tra loro, mediante continui sfasamenti di altezze giocati su minime differenze di intonazione che producono quelle continue oscillazioni e vibrazioni tanto care all’estetica scelsiana.
In Krishna e Radha viene invece esaltata la possibile convivenza degli opposti: in questo caso del principio maschile, rappresentato dalla divinità Krishna, e del principio femminile, impersonato da Radha, la consorte preferita. Scelsi ha forse pensato a questo titolo perché non aveva intenzione di integrare i due strumenti, come nel caso di Ko-Lho, ma di svolgere un dialogo a distanza tra voci distinte e parallele, che si muovono con caratteristiche proprie ben differenziate tra loro. Il brano nasce da un’improvvisazione che Scelsi e la flautista Carin Levine fecero in casa del compositore nel 1986 e che Scelsi, come era solito fare, registrò. Ricordiamo che le sue improvvisazioni erano spesso precedute da una preparazione basata sulla meditazione. Nel Sogno 101 Scelsi racconta anche di un tentativo di unire la meditazione ad un’esperienza di improvvisazione in duo: più che creare un dialogo interattivo tra gli strumentisti in gioco, egli voleva che attraverso l'improvvisazione ciascuno entrasse in contatto con la propria parte spirituale e con la musica che poteva essergli rivelata dall’alto.
6. Il tipo di registrazione e la sua incisione sono dettati anch'essi da una scelta intorno all'imprescindibile concetto “scelsiano” del suono?
Una registrazione dedicata a Scelsi non poteva prescindere da una riflessione anche sul tipo di presa di suono da effettuare. Discutendo con i musicisti che hanno partecipato alla realizzazione e con il tecnico del suono Luca Ricci, abbiamo scelto di non registrare in studio ma di cercare un’ambientazione sonora più evocativa, in una sala della suggestiva Villa Fidelia a Spello. Il nostro intento è stato quello di dare una profondità naturale ai suoni degli strumenti a fiato, cercando quell’avvolgenza che Scelsi vedeva come una caratteristica fondamentale del suono e che volevamo percepire noi stessi mentre registravamo: “Ribattendo a lungo una nota essa diventa grande, così grande che si sente sempre più armonia ed essa vi si ingrandisce all’interno, il suono vi avvolge. Vi assicuro che è tutta un’altra cosa: il suono contiene un intero universo, con armonici che non si sentono mai. Il suono riempie il luogo in cui vi trovate, vi accerchia, potete nuotarvi dentro”.