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Se gli afroamericani potessero parlare
Non a una strada qualunque, ma a Beale Street è dedicato il libro di James Baldwin, Se la strada potesse parlare, da cui è tratto l'omonimo film. "Beale Street -scrive Baldwin- è una strada di New Orleans, dove sono nati mio padre, Louis Armstrong e il jazz. Ogni afroamericano nato negli Stati Uniti è nato a Beale Street. Beale Street è la nostra eredità."
Il libro uscì nel 1974, ma finora nessuno aveva mai portato sul grande schermo uno dei best-seller di Baldwin. Figura di rilievo nel panorama americano, fu uno scrittore controverso, prima in fuga dagli Stati Uniti e poi in prima linea nella lotta per i diritti civili negli anni ’60, scomparve prematuramente nel 1987.
Le prime immagini del film scorrono in bianco e nero, sono documentari che mostrano il clima di oppressione dell'epoca, i soprusi e le costanti discriminazioni che subivano gli afroamericani. A queste scene mute e violente si oppongono le successive inquadrature a colori che svelano la tenerezza e l'alchimia di un bacio lungamente atteso.
Il principe azzurro di questa fiaba è il giovane Alonzo Hunt: lo sguardo dolce, le spalle larghe e una storia d'amore appena sbocciata ancora tutta da vivere. Ad interpretare il duro dal cuore tenero è Stephan James, che presto vedremo al fianco di Julia Roberts nella breve serie Amazon Homecomig e che forse qualcuno ricorda nei panni dell'eroe olimpionico Jesse Owens in Race - il colore della vittoria.
A Tish Rivers, interpretata da Kiki Layne, i panni della principessa vanno stretti. Ad essere imprigionato con la più terribile delle accuse è il suo amato, “Fonny” e a complicare le cose c'è la scoperta di essere incinta. Lei ha solo diciannove anni, lui ventidue: a un futuro da costruire insieme si oppone la dura realtà del carcere e l'incubo della pena di morte che incombe sulla testa del giovane Hunt.
In questa commedia dai risvolti amari non accadono miracoli e il sogno americano, così tanto spesso celebrato da Hollywood, qui si sporca dei tetri colori di una verità di fatto: l’ingiustizia è palese, ma non può essere controbattuta.
Gli sforzi che la famiglia di Tish compie nel tentativo di strappare “Fonny” al suo destino la rendono più unita e più salda nei valori. È una famiglia molto tradizionale, eppure nella finzione cinematografica appare così vera… E questa è una delle più belle magie del film: i costumi e le ambientazioni cercano di ricreare il più possibile le sensazioni di una precisa epoca storica, ma anche la genuina aria di casa. La visione quasi intimista della storia d'amore è sicuramente merito del regista, Barry Jenkins, che da grande estimatore della letteratura di James Baldwin non ha voluto stravolgere il romanzo, ma anzi ha cercato di ricreare tutti gli effetti della narrazione sul grande schermo.
Il film Se la strada potesse parlare si è anche aggiudicato un Golden Globe Award, dato a Regina King come migliore attrice non protagonista. Regina King è Sharon Rivers, la madre di Tish, che vediamo coinvolta in alcune delle scene più drammatiche del film. Il suo tentativo di far ritrattare l'accusa alla donna portoricana stuprata è memorabile come la scena in cui versa da bere al marito e dalla spontaneità dei suoi gesti lo spettatore riesce a respirare la quieta familiarità delle mura domestiche.
Lontano dai sensazionalismi di Hollywood, Se la strada potesse parlare resta il film della porta accanto: un affresco delicato, dipinto attraverso gli occhi di due innamorati e di una storia tragica che sarebbe potuta capitare a chiunque in Beale Street.