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Selma. La lunga marcia per il voto
E' davvero sconcertante pensare che il primo film sulla figura di Martin Luther King sia stato prodotto a 56 anni dalla sua morte avvenuta per mano di un assassino nel 1968. Selma, diretto dalla coraggiosa regista Ava DuVernay, racconta di come i “neri” d'America (allora chiamati “negri” ad indentificare la razza) conquistarono quello che è un diritto civile fondamentale: il voto negli Stati Uniti d'America.
Nel 1964 il reverendo Martin Luther King conquistò il Nobel per la Pace per le sue battaglie con il Southern Christian Leadership Conference (SCLC, riassunto nel film con il “Congresso”) e l'anno seguente si svolse la marcia che cambiò il volto ai diritti civili degli afroamericani negli Stati Uniti: la marcia di Selma, nel pieno di uno stato del Sud, l'Alabama, dove la segregazione razziale era all'ordine del giorno ed il Governatore dello Stato, George Wallace – interpretato da un bravissimo quanto odiosissimo Tim Roth – è tuttora ricordato per questo. Wallace ordinò, di concerto con Jim Clark, lo sceriffo di Selma, ed organizzò una risposta violenta alla manifestazione pacifica di circa 600 persone organizzata dal reverendo King, attaccandole con manganelli e gas lacrimogeni sul ponte di Edmund Pettus il 7 marzo 1965. King a quest'ultima marcia non partecipò – era stato precedentemente arrestato per la protesta pacifica di fronte al Tribunale di Selma durante la quale venne ucciso il diacono Jimmie Lee Jackson il 26 febbraio -, ma organizzò la marcia seguente del 9 marzo alla quale si unirono molti sacerdoti di altre fedi e moltissimi bianchi che videro le immagini riprese in tv del 7 marzo, ridenominato “Bloody Sunday”, dove persone inermi erano state picchiate a sangue senza nessun motivo.
Questa seconda marcia si fermò ancora una volta sul ponte di Edmund Pettus quando la polizia si ritirò ai lati del ponte, questa volta per iniziativa di Martin Luther King, il leader spiegò il comportamento così: “Preferisco che siate arrabbiati con me piuttosto che aggrediti e feriti dalla polizia”. Sei giorni dopo ottengono dal giudice il diritto a marciare da Selma a Montgomery. La notte del 9 marzo era stato ucciso da altri bianchi sgregazionisti il reverendo James Reeb, bianco e attivista per diritti civili. Questa volta la marcia da Selma a Montgomery sarà scortata, per ordine del Presidente Lyndon Johnson (eccellente Tom Wilkinson), da 2000 soldati e 1900 membri della Guardia Nazionale dell'Alabama sotto il comando dei Federali, e moltissimi altri agenti federali. La marcia, presentata alla televisione da un discorso del Presidente Lyndon Johnson che assicura la presentazione della legge sul diritto di voto il 15 marzo, seguirà il 21 marzo con circa 25000 persone da Selma a Montgomery per 16 km ed è entrata nella storia come la Selma to Montgomery Voting Rights Trail.
La storia inizia da un altro fatto di sangue: una bomba in una chiesa a Birmingham che uccide delle bambine come atto di terrorismo della supremazia bianca contro i neri. Vedremo il reverendo Bevel, interpretato dal cantante rap Common - che canta con John Legend “Glory”, in gara ai Golden Globe, insieme a King, a John Lewis e a Annie Lee Cooper (Oprah Winfrey) marciare a Selma per quegli stessi diritti che erano negati a Birmingham, ancora l'Alabama. Nel film, in cui King viene magistralmente interpretato da un “identico” al reale David Oyelowo, anche la sposa di King, Carmen Ejogo, è brava oltrechè molto somigliante alla vera Coretta Scott King, il cui matrimonio con il leader del movimento non violento Martin Luther King, Edgar J. Hoover cercherà di minare per indebolire lui ed il Congresso su indicazioni del Presidente Johnson che in principio stentava a prendere una posizione netta. L'ottima regia di Ava DuVernay mette in luce le cimici dell'FBI che tappezzavano la vita di King e della sua famiglia, come l'amicizia solidale con la grandissima cantante Mahalia Jackson, ma soprattutto il volto umano di un leader che segue la strada di Gandhi sulla non violenza – viene accennato anche il rapporto controverso con Malcolm X – e vengono inoltre messi in luce i primi attivisti, come Amelia Boynton Robinson (Martin Luther King, Jr. Freedom Medal nerl 1990); ed il diacono Jimmie Lee Jackson, ucciso a 27 anni dalla polizia dell'Alabama mentre partecipava alla prima marcia di Selma. Grazie a quelle marce il nonno di 84 anni Cager Lee potè votare per la prima volta. Per la morte di Jackson, che solo nel 2007 portò il poliziotto Fowler ad essere processato e cui sono stati dati soltanto due mesi di prigione per problemi mentali, Martin Luther King disse al padre: “Signor Lee, Dio è stato il primo a piangere”.