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Il sogno di Ipazia. Martire pagana del libero pensiero
Al Teatro Lo Spazio di Roma il 9 febbraio 2010 abbiamo assistito ad una delle repliche de Il sogno di Ipazia di Massimo Vincenzi, monologo interpretato da Francesca Bianco, con le musiche di Francesco Verdinelli e la regia Carlo Emilio Lerici.
Il testo parte dalle testimonianze indirette, in quanto delle opere della matematica, astronoma e filosofa sono rimasti solo alcuni titoli, mentre i papiri che le contenevano sono stati distrutti. Da questa base storica Massimo Vincenzi ha concepito un testo che immagina l'ultimo giorno di vita di Ipazia come donna, filosofa e maestra, permettendo allo spettatore di calarsi nell'epoca, ricostruendone le idee e immaginandone le emozioni.
In una scena nuda Francesca Bianco (Ipazia) si muove tra le uniche presenze dei leggii con i libri, che simboleggiano il contenuto della grande biblioteca di Alessandria, amata da Ipazia che, con l'aiuto degli allievi, cercò di salvare dalla distruzione (*) degli integralisti cristiani. Sul telone che circonda la scena cambia la proiezione luminosa, chiara e inquietante se la protagonista da voce alle sue angosce o quando è costantemente intervallata dalla voce fuori campo di Stefano Molinari, che evoca i terribili editti di Teodosio.
L'imperatore, che dopo l'editto di Tessalonica del 380 d.c., rese il cristianesimo unica religione di stato, con quelli del 391 e 392 iniziò la persecuzione contro i pagani, trasformando lo stato da laico in integralista e intollerante verso gli altri culti religiosi. A questo si aggiungono anche brani tratti dai violenti discorsi fondamentalisti e pieni d'odio verso i non cristiani del vescovo Cirillo d' Alessandria. Diverse e attendibili fonti storiche lo indicano come il mandante del feroce assassinio di Ipazia, sottolineando come causa l'ascendente che la saggezza della donna esercitava sui suoi concittadini.
Un cielo stellato che si apre sull'infinito compare invece quando vengono evocati i ricordi felici, a cominciare dal rapporto con il padre, il matematico e astronomo Teone, a cui successe alla guida dell'illustre scuola di Alessandria. Viene anche ricordato il suo lavoro, la creazione dell'astrolabio, così come lo conosciamo, e l'insegnamento agli allievi. Una scelta molto evocativa della regia che rimanda all'astronomia, così amata dalla filosofa, e punto di partenza verso un altro infinito: il libero pensiero, l'analisi critica e razionale.
Per Ipazia, filosofa neoplatonica, la razionalità è alla base dell'agire e del suo studio della matematica, della geometria e dell'astronomia e propedeutico all'analisi filosofica. Il mondo cristiano dogmatico e integralista che la circonda isolandola, ed esclude violentemente la libertà di pensiero le è completamente estraneo e la angoscia.
Francesca Bianco, con una recitazione coinvolgente e appassionata, dà voce a Ipazia. Evoca i pensieri e i ricordi, le angosce e le paure della filosofa che vede l'annientamento del suo mondo, delle idee che ne erano alla base con ferocia e violenza, mentre lei rivendica con forza la sua dignità di donna tra gli uomini. La musica di Francesco Verdinelli accompagna felicemente lo svolgimento dello spettacolo mentre, a nostro parere, è incomprensibile, in uno spazio così ristretto, l'uso dei microfoni. Negli spostamenti, lontano dai microfoni, infatti la voce calda dell'attrice è perfettamente udibile e comprensibile e ha anche maggiore fascino e presa sullo spettatore.
«Quando ti vedo mi prostro davanti a te e alle tue parole,
vedendo la casa astrale della Vergine,
infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto
Ipazia sacra, bellezza delle parole,
astro incontaminato della sapiente cultura.»
(Pallada, Antologia Palatina, IX, 400 )
* Secondo alcuni storici si tratta di quella parte che era collocata nel Tempio di Serapide distrutto dai cristiani, in quanto non c'era più posto nella grande biblioteca: non c'è, infatti, concordanza sulla data di distruzione, in quanto altre fonti l'associano alla conquista araba.