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Spoleto 54° Festival dei 2Mondi. Amelia al ballo di Menotti
Amelia al ballo opera buffa in un atto, libretto e musica di Gian Carlo Menotti è stata l'unica opera presentata a Spoleto al 54° Festival dei 2Mondi ed è andata in scena dal 24 giugno al 2 luglio 2011; la recensione si riferisce alla recita del 25 giugno.
Questa prima opera del ventiseienne Menotti, fu rappresentata la prima volta all'Academy of Music, dove il giovane musicista aveva compiuto i suoi studi, il 1° aprile 1937 nella versione ritmica inglese, in quanto il libretto originale è in italiano.
L'Amelia del titolo è una giovane signora che troviamo eccitata e affaccendata nel prepararsi per andare al primo ballo della stagione, ma un offeso e indignato marito, che ha scoperto da una lettera dell'amante di lei, di essere tradito, le impedisce di uscire. Il consorte vuole sapere ad ogni costo chi sia l'amante e, dietro la promessa di essere accompagnata comunque al ballo, Amelia rivela che è l'inquilino del terzo piano e che l' ha tradito perché lui la trascura.
L'uomo, armato di pistola, si precipita verso l'appartamento dell'amante deciso ad ucciderlo. Amelia lo precede avvisando dalla finestra l'amante, che si cala con una fune fino da lei. L'uomo invita la donna a fuggire subito con lui ma Amelia rimanda: prima c'è il ballo. Sopraggiunge il marito e spara ma la la pistola si inceppa e i due uomini cominciano a discutere, nonostante Amelia ostinatamente continui a chiedere di essere accompagnata al ballo.
Infine la donna, esasperata colpisce il marito con un vaso, l'uomo crolla e la moglie invoca aiuto. Arriva il commissario di polizia e il marito, non grave ma stordito, viene portato in ospedale. Amelia accusa l'amante di aver colpito con un vaso suo marito e l'uomo, che inutilmente protesta viene condotto via dai poliziotti, mentre la donna, finalmente soddisfatta, viene galantemente accompagnata al ballo dal commissario.
Amelia al ballo è un'opera breve, dura circa un'ora, più che l'opera buffa legata alla tradizione è più vicina alle commedie musicali, derivate anche dall'operetta mitteleuropea, che all'epoca avevano grande successo anche nella versione cinematografica di cui fu maestro Ernst Lubitsch (Il principe consorte, 1929; Montecarlo 1930; Un'ora d'amore, 1932; La vedova allegra 1934). Sono commedie dalla trama improbabile, se non assurda, che fornisce il pretesto a Lubitsch per una girandola di battute effervescenti e ad un'ironia soavemente perfida che ridicolizza un certo tipo di società.
Torniamo all'opera di Menotti la cui trama trae origine dai racconti, ambientati nella Vienna dei primi del '900, che lui ascoltava dalla baronessa che gli affittava la stanza dove vveva il compositore. In quella città il giovane musicista si entusiasmò per il Rosenkavalier di Strauss, ma nella sua operina non c'è alcuna vena malinconica, né il rimpianto per un tempo ormai passato bensì molta ironia e un ben congegnato meccanismo teatrale che mostra come fin da questa prima opera sia spiccata questa abilità in Menotti.
I personaggi, a parte Amelia, caratterizzata anche dal fatto di essere l'unica ad avere un nome, sono più delle maschere che rientrano in un tipo: il marito o l'amante, richiamando quelli della pochade alla Georges Feydeau, in cui il punto di forza è il meccanismo teatrale ed il ritmo delle situazioni e delle battute. Per quanto riguarda la musica, è esplicita e significativa la battuta del marito, al ripetuto insistere di Amelia di andare al ballo: “Sei noiosa, cocciuta e dissonante come la musica moderna”. La musica è nella tradizione ed è costruita per esaltare l'effervescenza e la scioltezza delle battute nei dialoghi del libretto, usando a seconda delle circostanze il parlato, il recitativo secco e l'accompagnato, l'arioso e l'aria.
Si sentono echi pucciniani, soprattutto nelle arie, ma anche straussiani nell'orchestra e verdiani, come sottolineatura ironica nelle situazioni che potrebbero avere un esito tragico. La musica di Menotti pur ispirandosi alla tradizione è sempre originale ed è volta ad esaltare la teatralità dell'opera, una caratteristica che il musicista ha mantenuto nel tempo. Lo spettacolo scorre fluido nella regia di Giorgio Ferrara, bene la scenografia di Gianni Quaranta, adatta all'opera, e i costumi di Maurizio Galante, con l'eccezione di quello della protagonista, che ci ha lasciato assai perplessi, sia per la foggia sia per il colore, forse voleva essere caricaturale, ma l'esito non ci ha convinto.
L'Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi è stata diretta efficacemente e puntualmente da Johannes Debus, anche il Nuovo Coro Lirico Sinfonico Romano si è ben disimpegnato. Chiara Pieretti ha sostituito Adriana Kucerova, indisposta, offrendo una buona prova sia vocalmente che teatralmente, Alfonso Antoniozzi è stato un credibile marito e così Sébastien Guèze, l'amante, bene Alessandro Spina nella parte del commissario.