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La stella nera di New York di Libba Bray. Un horror per gli anni Venti
Alcuni anni fa, nel marasma di narrativa fantastica rivolta essenzialmente al pubblico adolescenziale, era emersa per originalità e piacevolezza la trilogia di Gemma Doyle, scritta da Libba Bray, pubblicata in italiano da Elliott, un riuscito mix tra magie, folklore, romanzo storico di ambientazione vittoriana, protofemminismo. Interessante quindi che l’editoria italiana si interessi di nuovo a Libba Bray, proponendo per Fazi La stella nera di New York, un horror gotico di nuovo molto originale e non certo riservato solo al pubblico dei cosiddetti young adults, anzi per certi versi molto più maturo dei già ottimi libri di Gemma Doyle.
La stella nera di New York è un romanzo che si può leggere su più piani, attirando un pubblico diverso: gli amanti dell’horror, certo, ma anche chi apprezza le ricostruzioni storiche, qui particolarmente accurate e abbastanza insolite.
Nei ruggenti anni Venti, subito dopo la Prima Guerra Mondiale che ha coinvolto il mondo falcidiando un’intera generazione, i ragazzi e le ragazze vogliono soprattutto divertirsi, per esorcizzare quella morte che li ha toccati così da vicino, spesso nelle loro stesse famiglie, scandalizzando le generazioni più anziane, per la prima volta nella Storia, e creandosi un loro immaginario tra musica, film e miti, sospesi sopra l’abisso della crisi del Ventinove e alla consapevolezza che non si è ancora finito di ammazzarsi. Evie, diciassette anni, un fratello morto quando era bambina nelle trincee, è una di queste giovani creature affamate di vita e di libertà, e per le sue intemperanze viene “punita” dai genitori che la mandano dal nativo Ohio a New York, dallo zio Will, curatore dello strano Museo dell’Occulto.
Evie non si sente in punizione, tra feste, alcolici disponibili a tutti gli angoli malgrado il proibizionismo, teatro, cinema, nuovi amici, ma non sa che porta con sé una presenza demoniaca che si è risvegliata, un assassino tornato dopo mezzo secolo per portare a termine un rituale, e che lei ha contribuito a rievocare.
Gli appassionati dell’horror troveranno pane per i loro denti, tra omicidi seriali, presenze paranormali, antichi misteri, colpi di scena, ma La stella nera di New York è anche e soprattutto un ritratto irresistibile degli anni Venti del Novecento, quegli anni cantati come una stagione irripetibile da Francis Scott Fitzgerald, anni di emancipazione per le donne e i più giovani, di cancellazione definitiva dell’epoca vittoriana e dei suoi valori ormai opprimenti, anni di sperimentazione e trasgressione, di gente che voleva dimenticare le miserie della guerra cercando di dimenticare le voci di crack economici e di fascismi che arrivavano dall’Europa, dove giovani di ambo i sessi si trovavano insieme al cinema, a ballare, a bere, ma dove un ragazzo di colore poteva rischiare il linciaggio se si avvicinava ad una ragazza bianca, anche se consenziente.
Un ritratto d’epoca pulsante, un romanzo horror che racconta una storia universale, quella di una ricerca della felicità e della libertà, dove ci sono pericoli connessi alla vicenda, un fantasma che torna, ma anche i pericoli di un mondo che non era comunque a misura di giovani e che non avrebbe risparmiato nemmeno a quella generazione l’orrore di una guerra.
Verosimilmente primo di una nuova serie, visto che il finale è aperto, La stella nera di New York travalica le distinzioni tra i generi, presentando la lotta eterna tra Bene e Male, con eroi per caso, ma anche la ricerca eterna di se stessi e della propria felicità, tra inclinazioni, pulsioni e sentimenti.