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Steve Jobs. L'elegante e freddo inventore
Un film forse anomalo per Danny Boyle, questa sorta di biografia spezzettata di alcuni periodi della vita di Steve Jobs, il creatore di Apple, e di un modo nuovo di approcciarsi al computer, fondamentalmente percependolo come parte imprescindibile della propria vita quotidiana, ed inventando insieme a Steve Wozniak (Seth Rogen), icona e mouse, che rendono tuttora riconoscibile il pc, sia che usiamo Mac sia che usiamo Windows come sistemi operativi.
Scegliendo Michael Fassbender come interprete di Steve Jobs si delinea da subito un tipo di orientamento: elegante, controcorrente, intelligente e freddo anche, perché in effetti la prima parola con cui mi viene in mente di misurare la temperatura del film, è l'eventuale calore o meno della pellicola e prima di tutto la recitazione di Fassbender. Vediamo sullo schermo uno Steve Jobs freddo e calcolatore, innovativo, creativo e pieno di idee ma assolutamente abulico e anaffettivo nei confronti della madre di sua figlia e di quest'ultima, nonché di tutti i suoi collaboratori. Certamente la figlia, essendo nata da una relazione piuttosto fuggevole, non deve essere stata il compimento dell'amore, però, una volta riconosciuta (dopo parecchie visite della madre con un Jobs che negava financo la sua paternità), visto anche il patrimonio notevolissimo del padre, avrebbe diritto a ben altra vita da quella, piuttosto povera, l'unica che la madre precaria possa garantirle. Superato questo ostacolo dopo svariati anni, c'è un riavvicinamento della figlia nei confronti del padre dovuta all'obbligata presa di coscienza dopo aver saputo che uno dei suoi collaboratori più stretti, ha versato i soldi per il college di lei.
Nel film i tre periodi analizzati, ci risponde Danny Boyle in conferenza stampa: “Sono il 1984, la presentazione del Mac; il 1988, il fallimento di Jobs; e la ripresa del 1998, la sua rivincita.” Però mancano sia l'Ipad sia l'Iphone che raoppresentano in fondo ciò che Jobs ha significato non solo negli ultimi tempi, ma i due strumenti che lo fanno riconoscere tuttora a livello mondiale e per cui quella “chiusura” non solo all'open source, ma a qualsiasi condivisione che non sia all'interno del sistema MAC o “I” potremmo dire, è assolutamente espulsa a priori. Insomma, l'ultimo capitolo della storia di Jobs manca totalmente mentre invece gli ultimi 20 minuti quasi “agiografici” scritti da Aaron Sorkin, di certo non bastano a farci piacere un personaggio che sicuramente ha re-inventato il digitale (tanto per riassumere) ma che l'apertura di Internet l'ha ostacolata fino in fondo.