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The Summit. La scioccante ricostruzione di un giallo
The Summit è molto più di un documentario sul G8 di Genova. È una ricostruzione attenta e meticolosa che consegna alla Storia un importante tassello di verità su quei fatti. È un passo ulteriore e mai così approfondito verso l'elaborazione di una delle pagine più drammatiche del nostro recente passato e con esso la messa in luce di zone d'ombra che ancora oggi impediscono la piena decodifica delle sue cause.
I due registi e giornalisti d'inchiesta, Franco Fracassi e Massimo Lauria, che vissero quei giorni in “presa diretta”, affrontano a viso aperto una materia ancora scottante, forti di un lungo lavoro di documentazione nel quale hanno raccolto oltre cento testimonianze e messo al vaglio centinaia di ore di registrazioni audio e video. Fra gli intervistati figurano esponenti delle varie parti in causa: da Don Andra Gallo, a Luigi Malabarba (ex parlamentare PRC), da Vincenzo Canterini (ex comandante della squadra mobile di Roma, la prima a fare irruzione nella Diaz) a Sergio Finardi (esperto di tattiche di guerra informali), oltre a decine di testimoni e di vittime delle violenze delle forze dell'ordine.
Dopo una prima parte in cui ricostruisce fedelmente gli eventi che sconvolsero il Mondo fra il 19 e il 21 luglio 2001 (a cominciare con l'uccisione di Carlo Giuliani e i fatti della Diaz), il documentario allarga il proprio terreno d'inchiesta ai summit che precedettero e seguirono quello di Genova, fra cui quelli di Seattle, Goteborg e soprattutto Napoli, scovando un filo conduttore fra le strategie repressive che lascia intuire una premeditazione politica i cui effetti violenti furono commisurati alla portata del movimento di protesta. E lo fa mantenendosi saldamente in equilibrio su due binari strutturali che solo raramente vengono disattesi: una solida coerenza argomentativa (anche se non sempre stilistica), costantemente ancorata alle prove più che alle ipotesi, e una resa formale d'impronta narrativa, quasi thriller, che rende la materia agile e fruibile al grande pubblico.
Il risultato, dopo un'ora e mezza in cui le variazioni di ritmo narrativo producono un effetto quasi incalzante (cosa rara fra i documentari), è uno schiaffo che difficilmente lascia indifferenti, spingendo il livello d'incisività ben oltre quello dei precedenti film sul G8 – come il compassato e inconcludente Black Block di Carlo A. Bachschmidt (2011) o l'insufficiente Diaz - Don't clean up this blood, di Daniele Vicari (2012) – senza tuttavia perdere mai la giusta distanza dai fatti.
In virtù di questo, The Summit, nella sua articolazione, riesce a proiettarsi in avanti oltre che in profondità, tracciando un collegamento ipotetico (ma non solo) fra le decisioni politiche di quel vertice e l'attuale crisi mondiale, fra la mutilazione del dissenso civile e l'istaurazione degli odierni regimi economici internazionali.