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Teatro Argentina. Antigone, o del diritto alla sepoltura
In una nuova produzione del Teatro di Roma - Teatro Nazionale, al Teatro Argentina è stato presentato in prima nazionale la nuova versione del dramma greco Antigone, di Federico Tiezzi con Sandro Lombardi e Lucrezia Guidone, nelle due parti protagoniste di Creonte ed Antigone. Lo spettacolo sarà in scena fino al 29 marzo 2018.
Al centro della tragedia di Sofocle vi è lo scontro tra la legge naturale, umana, degli affetti, rappresentata da Antigone, che vuole seppellire il fratello Polinice secondo i crismi religiosi degli dei; e Creonte, nuovo re di Tebe, che lo vieta perché ritiene Polinice traditore della città e uccisore di suo fratello Eteocle (e dal quale è stato a sua volta ucciso) che combatteva per la patria, contro lui, in difesa di Tebe.
Intorno ad una tavola vediamo steso il corpo di Polinice morto ai piedi di ciò che resta della famiglia maledetta di Edipo: le due sorelle Ismene ed Antigone, figlie di Edipo e di Giocasta, madre di Edipo. La soffice melanconia di On the Nature of Daylight di Max Richter, soffonde l'atmosfera di una tiepida calura nutrita dagli affetti delle sorelle per il fratello morto, ma è Antigone che, come un'amazzone, si risveglia in impeto di giustizia e pretende di seppellire il fratello contro i voleri del re Creonte. Ingiusto il dettato di Creonte in contrasto con i dettami religiosi, secondo lei, che vuole invece seguire il volere degli Dei e dare giusta sepoltura al corpo del fratello altrimenti preda di avvoltoi e bestie feroci. Si ribellerà Antigone e nell'ospedale – obitorio dove Creonte conversa con il Coro ed i suoi scheletri, sopporterà la pena di una inumazione da viva, un seppellimento prematuro che scatenerà la maledizione profetizzata da Tiresia sul capo di Creonte, generando i cadaveri dei suoi familiari dopo quello di Antigone.
L'ostinazione di Creonte, re non pago di aver inasprito i legami familiari poiché Emone, suo figlio è promesso ad Antigone e la ama, e lui l'ha condannata, è sconfinata: e lo sarà anche il suo tormento, poiché quando Tiresia, una sorta di Platinette attaccata voluttuosamente ad uno scheletro e sorretta da un toy boy, la straordinaria Francesca Benedetti, macabra drag queen dagli occhi di vaticinio, gli ingiungerà di disfare l'ordito che sarà punito dagli dei: Creonte, cieco quanto Edipo, percorre fino alla fine la sua strada. Sandro Lombardi, col suo lungo drappo di velluto blu, è re e governatore di una città investita dalla colpa, impura dalla nascita (pensiamo alle Bassaridi), dove il sangue scorre copioso come sulla veste rossa-aranciata di Antigone, la fiera Lucrezia Guidone, eroina integerrima ed integralista che combatte per la famiglia, per quel “sangue” infangato dall'editto di Creonte.
Il Coro degli anziani di Tebe vive nell'ospedale-obitorio dove sopravvivono solo i cadaveri e gli scheletri, in una città già morta, contaminata dal seme della discordia, dove forte risuona la voce del Corifeo, a suggellare una profonda sconfitta, sacra ed umana al contempo:
Molte sono le cose che danno meraviglia: ma nulla più dell'uomo. Non gli è concesso sciogliersi dal laccio del destino.
Ed è solo da questa voce che proviene un grano di compassione, per la stoltezza umana, che si erge al di sopra delle leggi divine.
Un grande successo di spettacolo con scrosci di applausi per una regia impeccabile, che nella stessa statura fissa di Creonte riflette l'ottusa sua ostinazione; l'orgoglio inusitato di Antigone come la fragilità di Ismene, la sensibile Federica Rosellini; bravi l'Emone di Ivan Alovisio come l'Euridice di Francesca Mazza; su tutti si stende la voce dell'anziano oblungo Corifeo di Lorenzo Lavia, che rappresenta nella sua costanza grigia e al di sopra delle parti, un giusto indirizzo fino allo sciogliersi del dramma.