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Teatro delle Cornacchie. Teodora e la violenza sulle donne
Domenica 18 novembre, mentre il Festival del Cinema di Roma si avviava verso le battute finali, abbiamo optato per una inedita deviazione pomeridiana, che ci ha portato in direzione Tor Bella Monaca a Roma. Per la precisione al Teatro delle Cornacchie in Via Duilio Cambellotti 155/C, una piccola realtà apparentabile all’idea di teatro off che sta diventando punto di riferimento importante, in particolare per quegli spettacoli e iniziative che abbiano a cuore una tematica sempre più pressante, dolorosa, tragicamente attuale, come quella delle violenze attuate in ambito famigliare.
Non a caso questo nuovo spazio teatrale era stato inaugurato il 27 maggio scorso con Voci di Desdemona, spettacolo interpretato da Elena Fazio e Angela Sajeva sul tema della violenza domestica, così come viene raccontata dalle donne che si rivolgono ai centri antiviolenza. E di violenza contro le donne si è tornato a parlare grazie all’intenso, coinvolgente, accorato Teodora e le donne. Lo spettacolo è andato in scena nella location di cui sopra tra il 16 e il 18 novembre, per essere poi ripreso il 25 novembre (giornata internazionale contro la violenza sulle donne) in un contesto diverso, la sala convegni della Città dell’altra economia a Testaccio.
Ma speriamo che tale lavoro venga ripreso ancora e ancora e ancora, perché oltre a farsi portavoce di un messaggio importante si avvale di interpreti estremamente comunicative, in quanto valide attrici e persone visibilmente legate al progetto. Non è tuttavia uno spettacolo declinato esclusivamente al femminile, quello cui abbiamo assistito, nel senso che oltre all’accompagnamento ritmico di Bob Fabiani (alcuni brani musicali sono invece cantati da Rosella Mucci) vi è da segnalare la presenza sul palco di Giulio Pierotti, attore chiamato a impersonare l’unica figura maschile: un personaggio essenziale poiché raffigurato a sua volta come autore, poi pentitosi, di atti violenti nei confronti della propria compagna, in una particolare cornice ambientale che incita peraltro a riflettere su quanto siano forieri di ingiustizie i meccanismi della società in cui viviamo. Questo frammento introduce sul piano dialettico una nota significativa. Ma per il resto è la crudezza delle storie che tutte le altre donne raccontano, come in un ipotetico gruppo di ascolto, a offrire nerbo e sostanza a una messa in scena che non lascia un attimo di respiro, che fa stare scomodi sulle proprie sedie, mentre si viene a conoscenza di episodi che è fin troppo facile definire ripugnanti, ottusi, avvilenti. Già, perché alla radice di Teodora e le donne vi sono le reali testimonianze presenti in un testo, Ecce Dominae!, pubblicato da quella Stefania Catallo che oltre a essere regista dello spettacolo è attiva come counsellor in un Centro di Psicologia Popolare.
“Violenza nei corpi, nella dignità, nelle identità, nelle tradizioni, nei sogni.”, così viene introdotto in una nota il contenuto delle diverse storie estratte dal libro, cui va ad aggiungersi un episodio più datato e ispirato alle violenze sessuali operate sulle donne italiane dai soldati alleati durante la Seconda Guerra Mondiale, come ricorderà senz’altro chi ha visto il film La ciociara con Sophia Loren. Particolarmente devastanti risultano i monologhi in cui si fa riferimento all’orrore subito da una donna africana, sottoposta giovanissima alla pratica barbara dell’infibulazione, oppure a un caso di stupro avvenuto sul posto di lavoro e destinato ad essere insabbiato. Ma più in generale è il clima di condivisione che si instaura tra le protagoniste e il pubblico, in uno spazio ristretto che si colora ben presto di emozioni violente, a colpire nel segno: Giusy Celestini, Sara Corelli, Flavia Moretti, Sarah Nicolucci, Maddalena Rizzi, Filomena Tolino sono straordinarie nel comunicare il dolore autentico dei propri personaggi; con la presenza iniziale di alcune di loro tra il pubblico e con semplici cambi di luce, all’interno di una messa in scena semplice, rigorosa e volendo spartana, sembra rompersi metaforicamente quel velo di omertà che spesso tiene nascoste simili storie. Un risultato, questo, senz’altro degno di lode.