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Teatro dell'Opera di Roma. Elisir per tutti
Al Teatro dell'Opera di Roma un eburneo, per le scene di Nicola Rubertelli, e molto raffinatamente fiorato Elisir d'amore di Gaetano Donizetti: il melodramma giocoso in due atti che ebbe la sua prima al Costanzi nel 1883, è stato presentato dal'8 al 14 maggio 2014 con Donato Renzetti alla direzione in ottima forma, e la regia straordinariamente vaporosa di Ruggero Cappuccio.
Il clima arcadico dell'opera viene ricreato da Rubertelli che, in accordo con Cappuccio, sposta il fondale su un paesino da Commedia dell'Arte, tutto candido e con i due paeselli – sembra una doppia Matera che ci guarda da lontano – che si illuminano di colori cangianti e riflessi di sopraffino colore, dal violaceo all'azzurrino, come a dire, qui siamo altrove. Ebbene la musica di Donizetti è la più adatta per questo tessuto onirico di scene che si accoppiano con una regia del tutto vivace, e alata nel ritmo, che vuole i cambi tra un personaggio all'altro, i duetti, i terzetti ed i quartetti, sofficemente veloci.
Tutto incomincia con un balletto di una festa campestre: una girandola di gonne con fiori, i costumi di Carlo Poggioli riflettono, plastici, i movimenti graziosi delle contadine felici, mentre la protagonista Adina, è interpretata da una formidabile quanto mutevole – come vuole lo spartito e la commedia buffa, e come dicono delle donne (sic!) - Rosa Feola, già bravissima nello stesso ruolo e nel medesimo, giocoso allestimento di tre anni fa. Accompagnata ed amata da Nemorino, un Pavel Kolgatin un po' meno in forma del solito, che nella “furtiva lagrima” (Atto II, scena 7) dell'omonima aria, riconosce dopo tanti rifiuti, l'amore di lei e l'effetto del filtro/elisir d'amore, che lui compra da un medico millantatore, tale Dulcamara – eccezionalmente bravo e simpatico come desidera il ruolo – Adrian Sampetrean, a ben caro prezzo. Certo che l'elisir, di cui Adina legge nel Tristano e Isotta – la grande rilettura di Wagner è sempre dietro l'angolo -, in realtà è un bordeaux d'annata, sembra veramente trasformarsi in quell'incantesimo che muta il diniego di Adina in amore, facendola allontanare dal proposito di sposare il sergente Belcore – il ben adeguato Alessandro Luongo - , e confessando così il suo amore a Nemorino.
Ovvia conclusione buona per – quasi – tutti (tranne Belcore), presenta un'opera buffa che in Francia era sugli spalti tutte le sere – come aveva a lamentarsi Berlioz, che diceva che ormai i teatri lirici di Parigi erano i teatri di Donizetti! E l'incontro con Rossini è evidente, benchè il nostro si riveli molto più lirico e sentimentale.
Renzetti conosce bene quest'Orchestra e lo dimostra guidandola con sicurezza, distillando note che sono un elisir per il pubblico che riempie il Teatro Costanzi, a dimostrazione che “Dell'elisir mirabile” (Atto II) ha bisogno l'opera che, in questo caso, si presenta come un gioioso connubio di arte scenica e direzione musicale, ben calibrata sulle note ritmiche e vivaci di un Donizetti che è un elisir per tutti.