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Teatro dell'Opera di Roma. La gotica Venezia della Gioconda
Al Teatro dell'Opera di Roma una delle grand opéra più amate in assoluto ed uno dei capolavori di Amilcare Ponchielli: dal 23 al 31 ottobre La Gioconda con la voce di Elisabete Matos (primo cast e Marianne Cornetti per il secondo cast) e Laura con quella di Ekaterina Semenchuk (primo cast, Anna Malavasi per il secondo cast), hanno calcato il palcoscenico trasformato da Pier Luigi Pizzi in una Venezia malinconica e gotica, con le musiche dirette da Roberto Abbado.
Uno dei pregi di quest'opera sono i balletti: molti, che inframmezzano amabilmente la durata (più di tre ore) e la rendono più che gradevole al pubblico: il più famoso è la Danza delle Ore (omonimo dipinto raffinatissimo di Previati dai toni pastello ed in mostra permanente alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, capolavoro della pittura di fine Ottocento, 1899 per precisione), che ha deliziato con la coreografia di un noto ballerino e coreografo al Teatro dell'Opera, Gheorghe Iancu. I primi ballerini sono stati gli ottimi Letizia Giuliani, particolarmente sensuale nella sua mise minima e cosparsa d'oro come il suo compagno sulle punte, lo spagnolo Angel Corella. Belle le danze variopinte, momento di “colore” nei costumi delle ballerine, avvolte in abiti leggeri ed ognuno di colore diverso.
Il direttore Roberto Abbado ha ben diretto l'Orchestra del Teatro dell'Opera per l'intera durata di Gioconda insieme a Roberto Gabbiani per il Coro, che si avvicendava fra i due ponti di Venezia per i balli ed i canti carnascialeschi a ridosso dei Vespri. L'atmosfera ricreata da Pier Luigi Pizzi alla regia, scene e costumi, è emblematica: nonostante si sia condotti nella Venezia del Seicento, si hanno vasti echi filmici dall'ultima prova di Kubrick, Eyes Wide Shut, non potendo fare a meno di pensare a luoghi massonici con le maschere sempre di tre colori: grigio, rosso e nero, e con un bianco di lutto più che di clarità, solo sulle maschere, tranne i panni sempre immacolati di Laura.
La Gioconda, interpretata dalla possente Elisabete Matos è risultata superbamente fulgida nei duetti con Laura dell'atto secondo, il Rosario, e nel finale, prima con Enzo e poi con Barnaba. Piene lodi a quest'ultimo interpretato da un eccellente fin dall'inizio, Claudio Sgura, perfetto nel canto e nell'attorialità. Enzo un po' meno, con una voce bella ma non fortissima, nella parte era Aquiles Machado. Ampio plauso per il basso che recitava la parte (altra odiosa come Barnaba) di Alvise, il marito non amato di Laura, ovvero Roberto Scandiuzzi.
Un discorso a parte merita Ekaterina Semenchuk: un astro che non solo recitava a perfezione ogni parte ma svettava con una carica da brivido su ogni singola nota, con grande fervore ed interpretazione. Solista del Teatro Marinskij di San Pietroburgo sotto la direzione di Valerij Gergiev, la avevamo vista nella Nevskij a Santa Cecilia e la rivederemo ad aprile all'Opera di Roma per Samson et Dalila con l'allestimento della Fura dels Baus. Lei nella Gioconda ha sopravanzato tutti ed ha fatto risaltare sia il suo personaggio – che ama Enzo ricambiata – sia quello principale che, foriero della salvezza che Laura aveva garantito alla madre, ha un empito di generosità, e riesce a donare un epilogo felice ad una tragedia che la sovrasta per conservare la sua moralità.