Supporta Gothic Network
Teatro dell'Opera di Roma. L'aerea leggerezza di Dorothée Gilbert
Al Teatro dell'Opera di Roma dal 26 settembre al 7 ottobre un caposaldo del balletto: Romeo e Giulietta con la musica di Sergej Prokof’ev, per ben undici rappresentazioni e con quattro cast diversi: da quello dell'Opéra de Paris di Dorothée Gilbert/Giulietta con Yann Saïz come Romeo – quello cui si riferisce la nostra recensione –; quello russo Maria Yakovleva/Anton Bogov; quello inglese del Royal Ballet di Londra con la stella cubana Venus Villa e Dinu Tamazlacaru; e quello nostrano con Gaia Straccamore, prima ballerina del Teatro dell'Opera di Roma che fa coppia con il russo Anton Bogov.
A dirigere splendidamente una musica trascinante e che formula due suites sinfoniche a parte, il veterano del balletto David Coleman, in ottima forma e a suo agio con il grande russo. Coreografia, drammaturgia e regia sono di Patrice Bart con le scene veronesi del '500 di Luisa Spinatelli, che ha curato anche i preziosi costumi, in particolare le flessuose ed aeree habillées di Dorothée Gilbert e le conturbanti e purpuree vesti della Contessa Capuleti. Solo la tela dell'inizio, che fa da sipario per la scena e si trasforma nel quadro dei ricordi della contessa e della sfortunata sorte della figlia Giulietta, ci è sembrata ridondante, sebbene si rifacesse ad un dipinto antico dell'epoca, mentre arredi e scenografie, dalle piazze al palazzo Capuleti, affascinavano con un gusto del retrò reso moderno e riportando nei luoghi dove si agita lo spettro del romanticismo in pena dal balcone, riprodotto e scalato con estrema agilità dalla Gilbert dopo il famoso pas de deux con Saïz, che l'ha fatta volteggiare con grazia seppur infortunato purtroppo alla spalla (come ha informato il Direttore del Corpo di Ballo Micha Van Hoecke).
A parte la celeberrima Dance of the Knights (La danza dei Cavalieri o Montecchi e Capuleti), brano conosciutissimo ed il più citato in assoluto, che racchiude poi in estroversione assoluta il tema tragico dell'opera, una delle scene migliori è stata quella del doppio duello: prima tra Mercuzio e Tebaldo – bravissimi rispettivamente Alessio Rezza e Alessandro Tiburzi, quest'ultimo vero e rabbioso “amante” in progress della Contessa, come s'adombra in questa versione -, poi tra Romeo e Tebaldo, che muore e fa decidere ai Capuleti di imporre a Giulietta il matrimonio con Paride. La scena che segue, nell'interno della camera, mostra tutte le caratteristiche di Dorothée Gilbert anche come attrice: seduta sul letto ed in angoscia dopo la ribellione sedata dai genitori, fa risaltare enormemente il tema lirico che abbiamo udito nel preludio concatenato al tema tragico di morte – mentre la Contessa in nero piange la morte della figlia -, e disarma con leggerezza la tenera aspirazione all'amore.
La versione coreografica di Romeo and Juliet di Patrice Bart è stata presentata nel 2002 per la prima volta allo Staatballett Berlin e Bart, coreografo de l'Opéra de Paris, ha all'attivo parecchie creazioni tra cui La petite Danseuse de Degas con la musica di Denis Devaillant e Das Flammende Herz, su Shelley, con la musica di Mendelssohn-Bartholdy. Nel 1992 fu assistente di Nureyev per La Bayadère e prima ancora, nel 1984, aveva danzato per lui come Rothbart, come per Serge Lifar, Roland Petit, MacMillian e Balanchine in altrettante sontuose produzioni. La leggerezza dei passi scelti, delle contraddanze, degli episodi di gruppo, perfettamente riprodotti dal Corpo di Ballo del Teatro dell'Opera di Roma e dai rappresentanti più preparati, hanno inscenato un balletto che si imprime sulla musica di Prokofiev - dal quale oltre alle suites già citate, sono stati tratti Dieci pezzi per piano op.75 – come gemme che rilucono su un percorso accidentato, quello dei percussivi tratti di un musica – apparentata con il coevo Strawinskij – che fu giudicata “imballabile” nel lontano 1935 dai master del ballo, il Bolshoi, e che ora brilla di una vita propria, al suono delle spade addestrate magnificamente dal. Maestro d'armi Renzo Musumeci Greco.