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Teatro Ghione. Elephant Man o del mostro guaritore
Rivive, sotto le luci cupe e smorzate del teatro Ghione, la storia vera di Joseph Merrick, “l'Uomo Elefante”, che nella Londra tardo Vittoriana, fu salvato dagli orrori della strada dal dr. Treves, salvandolo a sua volta dai suoi fantasmi interiori. Con lo spettacolo Elephant Man, in scena dal 7 al 17 febbraio 2013, Giancarlo Marinelli ha trasfuso il racconto autobiografico di Frederick Treves, con un occhio al capolavoro cinematografico di David Lynch del 1980, in un dramma denso, vibrante, intriso di intelligente ironia, che trae vigore da una messa in scena cupa e compatta e da un cast di rara intensità.
La storia è soprattutto quella di una grande amicizia, fra due esseri umani dispersi nel proprio senso di abbandono e ritrovatisi nella reciproca dignità. Quella di Merrick (il sorprendente Daniele Liotti) maltrattata dal crudele “padrone” Bytes (l'ottimo Francesco Cordella) e quella di Treves (l'energico Rosario Coppolino), che sopperisce l'incapacità di realizzarsi come padre dedicando la sue cure a casi sempre più disperati. Ma le contraddizioni di una società borghese e perbenista si frappongono fra di loro, inizialmente attraverso i veti del burbero presidente Carr Gomm (l'eccellente Andrea Cavatorta), e successivamente a causa delle macchinazioni del figlio del principale finanziatore dell'ospedale (il vulcanico Simone Vaio), Bytes e la diabolica sorella di Joseph (la versatile Serena Marinelli). Persino quando Treves, con l'aiuto della moglie Anne (la coriacea Debora Caprioglio) e della severa quanto altruista capo infermiera Shead (la straordinaria Ivana Monti), riesce a ridare a Merrick una vita accettabile, fatta di cure e attenzioni, egli diviene soltanto una proiezione socialmente accettata della normalità, specchio delle altrui necessità inconsce di riscatto e auto-accettazione.
Nel profondo del suo spirito incompreso, in cui cova amorevolmente il ricordo della splendida madre e l'amore per la poesia da lei ereditato, Joseph non ha mai dimenticato cosa vuol dire sentirsi un escluso, un “mostro”. E quando Bytes lo rapisce per usarlo nuovamente come fenomeno da baraccone fra le fiere del continente, le vite dei protagonisti sembrano infrangersi sotto il peso della separazione. Treves capisce solo allora quanto il suo destino sia legato a quello di Merrick, entrambi esuli di infanzie difficili, figli di padri odiati e amati troppo, soli in mezzo alle nebbie del proprio passato.
Il ritorno di Joseph cura le ferite degli altri morendo fra le proprie di tutta una vita, finalmente resa libera dall'amore sincero degli amici e eternata in spirito dalla morte, da uomo, da essere umano che spira tentando di dormire come tutti gli altri e che infine, etereo e bellissimo, si innalza verso il cielo.
La resa espressiva della materia del racconto, magistralmente strutturata da Marinelli, è plasmata dai volti di attori che, per due ore e mezzo, sono i personaggi che interpretano. Ogni scambio di battuta, ogni gesto, persino ogni silenzio è carico di una tensione drammatica che si fa anelito di dignità fra le ombre di un'epoca buia, quella di oltre un secolo fa, così diversa eppure mai così somigliante alla nostra.