Teatro Palladium. Robe dell'altro mondo e le maschere subculturali

Articolo di: 
Alessandro Menchi
Carrozzeria Orfeo

Domenica 28 aprile, nell'ambito della settima edizione del festival Teatri di Vetro, è andato in scena al Teatro Palladium di Roma lo spettacolo Robe dell'altro mondo, della compagnia Carrozzeria Orfeo, vincitrice nel 2012 del Premio Nazionale della Critica dell'ANCT. Un premio meritato, a giudicare dalla ricchezza di uno spettacolo, scritto da Gabriele Di Luca, che fonde sapientemente il linguaggio teatrale con quello cinematografico e, soprattutto, fumettistico, e che da vita, in un gioco di maschere e intrecci temporali, a un affresco ironico quanto amaro delle paure e delle crepe morali della società contemporanea. Merito anche delle ottime interpretazioni degli attori: Gabriele Di Luca, Giulia Maulucci, Massimiliano Setti e Roberto Capaldo.

La trama attinge a stilemi di genere, a cominciare dalla cornice fantascientifica: la Terra è stata invasa da una razza aliena “buona” dalle capacità camaleontiche, venuta per salvare l'umanità dalla grave crisi economica, sociale e morale che la sta risucchiando. In questo contesto si incastona un mosaico di storie, tutte legate fra loro, che spaziano su registri diversi: da un incipit quasi horror in cui un prigioniero incappucciato subisce una misteriosa tortura/cura psicologica – a metà fra Abu Ghraib e 1984 di Orwell – da parte di due inquietanti aguzzini gemelli in abito simil-talare; al comico incontro di due vecchietti di ritorno dalla macelleria i quali, chiacchierando amabilmente dei loro acciacchi – in un tono quasi alla Aldo, Giovanni e Giacomo –, infilano qua e là amenità razziste come se niente fosse; dalla storia – in stile commedia sentimentale, ma dall'epilogo tragico – di una coppia di immigrati arabi omosessuali che trovano un bebè alieno e decidono di adottarlo; al grottesco siparietto fra un politico corrotto e arrapato e il suo diabolico portaborse, i quali, durante una seduta di massaggio cinese, architettano l'eliminazione degli “scomodi” alieni; fino al surreale epilogo in cui una coppia di preadolescenti alle prese con i primi approcci amorosi incontra nientemeno che il Papa, appena liberato da un sequestro da parte degli alieni (o forse quello che vediamo è solo uno di loro).

Quello che colpisce di Robe dell'altro mondo, è l'insolita coerenza fra i temi affrontati – l'identità, l'integrazione, il pregiudizio, la dignità – e il linguaggio teatrale scelto per strutturarli. Quest'ultimo infatti, pur ravvisando modelli culturali alti – fra cui Pinter, nonché le più recenti drammaturgie di David Harrower e Bryony Lavery – attinge principalmente all'universo subculturale, attraverso scelte stilistiche che evitano una certa concettosità imperante in favore di un rapporto più diretto, ma non per questo più scadente, con lo spettatore. Il riferimento, parlando di subculture, è soprattutto al mondo dei fumetti, da cui ad esempio sembrano attinte le maschere iperrealistiche, che trasformano e immobilizzano in una grottesca inespressività i volti dei personaggi. L'effetto di tipizzazione e di caricatura, figlio degenere della tv, è in questo modo rielaborato e sfruttato a pieno, provocatoriamente, nel meccanismo di messa a nudo di quei pregiudizi che ammorbano l'odierna società e per i quali, ai nostri occhi, l'altro è sempre più stereotipo e sempre meno persona. In questo senso la penombra che circonda i personaggi non è spazio vuoto, nullo, ma luogo del mistero che adombra le coscienze.

L'altro grande serbatoio è il cinema, “saccheggiato” sia nella sua dimensione alta, segnica, come per l'uso del montaggio analogico o la scomposizione del piano temporale, sia attraverso citazioni pop, come il combattimento alla Matrix dei due vecchietti, la scena pulp del politico violentato, l'epilogo noir della storia dei due immigrati, o gli echi di recenti pellicole di fantascienza come District 9 di Neill Blomkamp (2009) e L'ultimo terrestre di Gianni Pacinotti (2011).

Pur con un evitabile manicheismo di fondo – gli italiani sono, in un senso troppo assoluto, i cattivi della storia – Robe dell'altro mondo penetra con incisività e intelligenza nelle crepe morali della società italiana (ma anche occidentale) contemporanea, mettendo a nudo sia la cancrena di pregiudizi e paure che divora il presente propagandosi verso il futuro (simboleggiato dai due bambini), sia quel bisogno frustrato di amore (la malattia dei coniugi dei vecchietti, la maternità impossibile della coppia gay, l'anaffettività del politico verso il figlio morente) che ne è al contempo causa ed effetto, in un circolo vizioso che non è roba di un altro mondo ma del nostro di tutti i giorni. 

Scheda
Titolo completo: 

Teatro Palladium di Roma
Nell'ambito della 7° edizione del festival Teatri di Vetro
28 aprile 2013

Robe dell'altro mondo
drammaturgia Gabriele Di Luca
regia Alessandro Tedeschi, Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Roberto Capaldo
interpreti Gabriele Di Luca, Giulia Maulucci, Massimiliano Setti, Roberto Capaldo
musiche originali Massimiliano Setti
luci Diego Sacchi
costumi Nicole Marsano e Giovanna Ferrara
disegni e locandina Giacomo Trivellini
organizzazione Luisa Supino