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Teatro Planet. Ennesimo successo per la pièce dedicata a Nannarella
Lo abbiamo acciuffato per un pelo. In scena a Roma dal 13 al 22 dicembre, Cara Anna Magnani è uno spettacolo già rappresentato in molteplici circostanze, rispetto al quale avevamo sentito dire cose egregie. Ora che ne abbiamo fatto esperienza diretta, possiamo confermare che si tratta di una fama meritata. Come si accennava all’inizio, questa intensissima pièce dedicata alla vita e al mito di Nannarella l’abbiamo intercettata proprio la sera del 22, cioè l’ultima, in quello stesso Teatro Planet dove poche settimane prima avevamo seguito Romeo e Giulietta.
Anche quest'ultimo lavoro gode della regia di Caterina Costantini, da noi quindi scoperta prima quale appassionata di opere shakespeariane e poi come alter ego della popolare Anna Magnani. Sì, perché di tale performance teatrale la Costantini è veramente l’anima, avendo scelto sia di scriverla, con un particolare approccio “in soggettiva” grazie al quale può opportunamente entrare e uscire dal personaggio, sia di proporsi quale interprete principale, per l’appunto.
Quando infatti si decide di portare a teatro il ricordo di un simile personaggio, il cui carisma è fuori discussione, non si tratta certo di una responsabilità piccola. La volontà di rendere omaggio potrebbe facilmente trasformarsi in un boomerang. Fortunatamente non è questo il caso: il merito principale di Caterina Costantini, in Cara Anna Magnani, è senz’altro quello di impersonare l’attrice passando agilmente tra Scilla e Cariddi, evitando cioè le trappole rappresentate sia dalla sterile imitazione che da un eccessivo straniamento. Al contrario la Costantini, facilitata da una non comune predisposizione vocale, sa riprendere la verve popolana, i tempi comici, le pose e le accorate intemperanze verbali di Nannarella con un’aria passionale e divertita al tempo stesso, instaurando da subito un feeling genuino col pubblico. In ciò, occorre dirlo, risulta ottimamente spalleggiata da attori come Giancarlo Di Giacinto, Alberto Mancini, Gabriele Granito e Manuel Ricco, che in scena riescono a far dialogare bene con lei l’elemento maschile, imprescindibile sia sotto il profilo delle collaborazioni artistiche che sotto quello, ancor più delicato, dei rapporti amorosi. A ciò si aggiunge l’apporto di Beatrice Messa in alcune scene, tra cui quella assai divertente in cui lei e i più giovani del cast maschile impersonano i giornalisti americani, la cui frivola ingenuità qui ben risalta, messi subito al loro posto dalla Magnani in trasferta a Hollywood.
Lo spettacolo è suddiviso in due tempi, la cui evidente diversità di toni contribuisce nel modo più appropriato alla composizione finale del ritratto; un ritratto in cui le gioie della vita professionale e affettiva si accompagnano ad altrettante difficoltà, insicurezze, battaglie personali; un percorso costellato inoltre di incontri importanti come quelli con Goffredo Alessandrini, Massimo Serato, Totò, Rossellini, Visconti, Paolo Stoppa, tutte figure il cui ruolo di primo piano nella Storia del cinema e del teatro viene rievocato con un fare agile, ma anche molto sentito. Tanto che la rappresentazione potrebbe essere un valido supporto persino per chi studia materie dello spettacolo.
Nella primissima parte Cara Anna Magnani ha un tono più brillante, ritmato dai successi dell’avanspettacolo, dalle passerelle in teatro, dall’approdare sul grande schermo accanto ai grandi nomi dell’epoca e da certe risposte al vetriolo, date agli spesso instabili amori della sua vita. Nella seconda parte aumentano i picchi drammatici, le scene maggiormente sofferte, tant’è che anche nell’arredo vintage presente in scena comincia a notarsi di più quel telefono scuro: un po’ come la proverbiale pistola, che secondo conclamate regole drammaturgiche dovrà prima o poi sparare, anche quell’oggetto così emblematico dovrà infine squillare. Quantomeno per ricordarci un altro momento topico nella carriera della Magnani, ovvero l’alternarsi di attese e struggenti telefonate in Una voce umana, episodio de L’amore di Rossellini ispirato da Cocteau e da lei interpretato con autentico pathos.